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Di Pietro: un altro stile

Il figlio di Di Pietro (non l’ex pm in persona) è indagato dalla procura di Napoli nell’ambito dell’inchiesta sul sistema Romeo e sui suoi rapporti con una persona poco raccomandabile come Mario Mautone, dirigente del ministero delle Infrastrutture, già trasferito di sede quando operava il leader dell’Italia dei Valori. La vicenda rischia di creare imbarazzo e perplessità per un partito che si presenta come strenuo difensore della legalità e della trasparenza.

Ancora una volta però bisogna evidenziare una differenza di stile e di approccio alla vicenda estraneo al consueto modus operandi della nostra classe politica e soprattutto del premier Silvio Berlusconi.

Di Pietro non ha gridato al complotto, non ha ricusato il suo giudice, non ha attaccato la magistratura, non ha richiesto il trasferimento dei pm di Napoli, non ha minacciato una stretta sulle intercettazioni, non ha reclamato lo scudo protettivo di un lodo Alfano o Consolo.

Si è comportato come ogni personalità politica, e cittadino in primis, dovrebbe fare: ha invitato i magistrati a proseguire le loro inchieste, ha ritenuto "non opportuno e non corretto" il comportamento del figlio, pur senza un rilievo penale, ha dichiarato di non aver nulla da temere dalle indagini della procura partenopea.



Le stesse parole che usò qualche mese fa Romano Prodi dopo il presunto scoop di Panorama sulle richieste del consuocero Pier Maria Fornasari, primario dell’Istituto ortopedico "Rizzoli" di Bologna, per finanziamenti e sponsorizzazioni dal Partito Democratico: "Non ho niente da nascondere, tutto ciò che ha rilevanza penale dev’ essere pubblicato", disse l’ex premier nei confronti di un’inchiesta che non ha ravvisato alcun grave indizio di colpevolezza.

Per fare questo però, come dice Marco Travaglio, "bisogna permetterselo" e penso che in pochi in Italia possano avere come Di Pietro la schiena dritta per affrontare di petto i processi senza cadere nelle tentazioni di "difesa da casta". Restiamo comunque in attesa del risultato delle indagini e del riscontro sulle intercettazioni per fare luce e chiarezza su uno scandalo dai risvolti ancora osuri e che riserverà nuove sorprese.

Ma senza dubbio sono patetici gli attacchi de "Il Giornale", che ha parlato di "banda Di Pietro".

Da quale pulpito non è dato sapere. Ma in Italia si sa, non c’è un limite al senso del ridicolo.

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