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Jihad in Siria e Iraq: la strategia di "recupero" danese


Mentre i governi lanciano l'allarme sugli jihadisti nati in Occidente che si uniscono ai movimenti islamisti in Siria ed Iraq e i servizi si attivano per individuarli e controllarne le mosse, la Danimarca adotta una prospettiva diversa e pensa ad un loro recupero.

La finalità ultima della pena, anche nella Costituzione italiana, dovrebbe essere il recupero del condannato ed il suo successivo reinserimento nel tessuto sociale. Un principio simile dovrebbe ora essere applicato nei confronti degli jihadisti di nazionalità danese che abbiano deciso di abbandonare la strada fin li intrapresa.

Un programma di riabilitazione è stato appositamente predisposto per offrire una seconda chance ai militanti pentiti. La prima fase, la più complessa, consiste nel trasferimento dei soggetti coinvolti dalla linea del fronte alla città danese di Aarhus, la seconda del paese per importanza. Qui gli islamisti vengono accolti in un centro polifunzionale dove ricevono cure mediche per le eventuali ferite, e dove vengono poi sottoposti, in una terza fase, ad un trattamento psicologico per lo stress post-traumatico. Un po' come succede per i militari reduci dal fronte. Una volta raggiunto un livello soddisfacente di benessere fisico ed equilibrio psicologico, gli ex, si spera, jihadisti, vengono accompagnati nella ricerca di un impiego o sostenuti nella ripresa degli studi.

Il programma, messo a punto dai servizi sociali e dalla polizia di Aarthus, prevede anche un percorso parallelo per le famiglie un cui membro hè partito per combattere in Siria o in Iraq. I familiari sono incoraggiati a mantenere un contatto, il più stretto possibile, con la persona al fronte, ad esempio attraverso l'utilizzo di Skype. La pressione esercitata dalla famiglia può essere un elemento decisivo per il ravvedimento; inoltre, le informazioni raccolte vengono utilizzate dai servizi per accrescere la loro base di conoscenze sulla rete jihadista attiva in Danimarca e per individuare il volontario nella zona di conflitto.

Nonostante la presenza nel paese di formazioni politiche di destra che individuano negli immigrati musulmani il principale bersaglio della loro propaganda, la Danimarca da dimostrazione di coraggio e, forse, di lungimiranza. Un approccio unicamente repressivo potrebbe infatti rivelarsi contro-producente, sul lungo periodo, nel contrasto all'islamismo militante nei paesi occidentali.

Si calcola che dall'inizio del conflitto in Sria, nel 2011, oltre 100 danesi siano partiti per combattere tra le fila dei gruppi islamisti contro l'esercito di Assad.

 

Foto: Quinn Dombrowski, Flickr


 

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