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Addio ad Inge Feltrinelli

Inge Feltrinelli si è spenta il 20 settembre 2018 all’età di 88 anni.

La Feltrinelli come si sa è una delle più importanti case editrici italiane, una delle grandi presenze della cultura italiana in Europa e tutti ricordando, per questo, Giangiacomo che le dette vita e nome, ma, senza nulla togliere ai meriti del fondatore, la persona più rilevante nella storia della casa editrice è stata Lei, Inge, terza moglie e madre di Carlo.

Giangiacomo seguì la sua creatura per 14 anni, dal 1955 al 1969, l’età eroica dei primi grandi successi internazionali (“Il Gattopardo”, “Il dottor Zivago”, e, poi, le edizioni italiane di Hemingway, Miller eccetera). Poi già dal 1967, dopo l’avventura boliviana che lo vide arrestato, iniziò a distaccarsi dalla casa editrice, distacco che poi divenne completo nel tardo 1969, quando decise di passare alla clandestinità, mentre i fascisti gli davano la caccia per ucciderlo. Da quel momento, la responsabilità della casa editrice ricadde sulle spalle di Inge ed ancor più dal marzo 1972 quando Giangiacomo morì ucciso da una esplosione (di un ordigno che stava collocando lui, secondo la versione ufficiale, vittima di un delitto politico secondo Inge –ed io sono dello stesso parere-).

Fu un momento molto difficile per la casa editrice che rischiò seriamente di chiudere, assediata dalle banche, in crisi di vendite, assediata come covo di terroristi, linciata dalla stampa di regime. Non pochi consigliarono ad Inge di vendere la casa editrice, forse anche di chiudere la fondazione, per evitare guai peggiori. Forse un’altra donna avrebbe ceduto, non Inge Schoental che, sostenuta dalla “vecchia guardia” della casa editrice, continuò orgogliosamente.

Un po’ per volta le edizioni cambiarono target, catalogo e indirizzo culturale: dalla fine degli anni settanta, man mano chiusero le collane di storia, di politica, di inchieste sociali, il baricentro si spostò ancora di più verso la narrativa (sempre forte nel catalogo Feltrinelli) e poi verso la filosofia della Scienza, l’antropologia, la psicologia, della politica sopravvisse solo qualche pubblicazione di filosofia politica. Una cesura, ma la cesura l’aveva decisa il mercato, pochissimo prima: la saggistica non tirava più come nel ventennio precedente e quella politica in particolare era crollata. Forse non era necessario chiudere la collana di storia che, pure aveva avuto autori come Della Peruta, Candeloro, Quazza ecc. , ma probabilmente fu un passo necessario per smarcare la casa editrice da un passato che poteva essere ingombrante.

Quello fu il passaggio della Feltrinelli dall’epoca di Giangiacomo a quella di Inge che fu più durevole (26 anni, dal 1970 al 1996) e che si protrasse ancora: Ella non fu mai un presidente onorario privo di iniziativa e peso. Per molti anni ancora, la sua parole ebbe sempre un peso nella conduzione di essa, così come, indirettamente, nella conduzione dell’Istituto, affidato prima a Salvatore Veca e Giulio Sapelli, poi ad altri, ma pur sempre sotto l’occhio della Signora che, peraltro, fu una formidabile public relations woman.

Fu amica personale di Isabel Allende e di Willy Brand oltre che di molti altri autori della casa editrice. Fui ospite in alcune occasioni nella foresteria della Feltrinelli, in una curatissima mansarda in via Andegari, con vista sulla Manonnina: a curare costantemente i rifornimenti di tutto (dagli asciugamani, alle bevande in frigo, alla profumeria ecc.) fu sempre Lei personalmente, curando che non mancasse mai nulla, neppure i fiammiferi o gli stuzzicadenti. Una perfetta padrona di casa, oltre che una fine intellettuale cui la cultura italiana deve molto.

La incontrai la prima volta nel 1997 e mi accolse con simpatia e cordialità; mi fece dono di una copia dell’edizione speciale numerata del “Gattopardo” curata in occasione del quarantesimo della casa editrice, e la mia copia era la 33. La conservo religiosamente.

Una volta mi chiese come mai, all’aperitivo avevo scelto una bevanda non alcoolica, le spiegai che cercavo di limitare l’uso dell’alcool per non compromettere troppo il fegato, mi risposte: “Il fecato? Il fecato non esiste” ridendo. E probabilmente ha avuto ragione Lei vista l’età cui è arrivata.

La ricordo con la simpatia di quei giorni.

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