Pubblicato in data Giovedì 12 Marzo 2009
Messaggero Veneto
Messaggero di Udine
Pagina XX
Rubrica: Per posta e per e-mail
NUCLEARE
Più potente la lobby di gas e petrolio
Ricordo al lettore, di cui alla lettera “Dal referendum un esito chiaro” pubblicata il 3 marzo scorso, che sciorina i risultati dei referendum, e qualora lo desideri, che egli potrà promuovere un referendum abrogativo per il nucleare prossimo venturo. La sera del 27 febbraio scorso, Bruno Vespa alla trasmissione Rai “Porta a porta” discuteva del ritorno al nucleare con l’onorevole Pierferdinando Casini, il ministro Claudio Scajola e l’autorità per l’energia e il gas ingegnere Alessandro Ortis. Nell’occasione ricordò quello che successe nel 1987 durante la campagna antinucleare; disse che fu l’unico referendum nella storia della Repubblica dove la Rai impedì un vero e proprio dibattito. Vespa, i giorni successivi al referendum, fece uno speciale che parlava appunto dei risultati; dette la parola a un ingegnere dell’Enel, di cui non citò il nome, che spiegò tutte le vergognose bugie dette i mesi precedenti e in studio qualcuno obiettò: «Perché queste cose non le avete dette prima?». E l’ingegnere: «Non ci è stato possibile». Gli ambientalisti più ottusi affermano che la lobby nucleare è potentissima. Non è, forse, che la lobby del gas e petrolio è molto più potente di quella del nucleare? Al tempo del referendum votai tre volte no e feci una dura considerazione durante un’assemblea del Psi a Majano dicendo: «Compagni, non capite che stiamo esportando le nostre contraddizioni all’estero?». Al che, a tanti che non comprendevano e chiesero di spiegarmi meglio, dissi: «Voler chiudere al nucleare in Italia e continuare ad acquistare l’energia prodotta col nucleare dai Paesi contermini, per la maggior parte dalla Francia - il 18% del fabbisogno elettrico del tempo-, è o non è una contraddizione insanabile?». Ricordo che gli esiti di un referendum possono essere rimessi in discussione dopo 5 anni e pertanto il Parlamento può, e lo ritiene, introdurre dalla porta ciò che era stato scaraventato dalla finestra. Non paia strano, ma in questo Paese si andò oltre il dettato referendario. L’Italia, unico Paese al mondo. Nemmeno l’Urss in Ucraina, dopo Chernobyl, chiuse le centrali nucleari da poco entrate in funzione e la riconversione per quella di Montalto di Castro, in fase di costruzione avanzata. Questa decisione pusillanime del mondo politico d’allora ci costò, e continua tutt’oggi a costarci, 200.000 miliardi di lire e l’effetto indotto sull’economia altri 300.000 miliardi di lire negli ultimi 20 anni. Però è ancora più strano che invece i referendum sulla responsabilità civile dei magistrati -disatteso-, sul finanziamento pubblico ai partiti e sull’abolizione del ministero dell’agricoltura siano stati vanificati da provvedimenti sostitutivi che praticamente li disattendevano. Per ultimo si sottolinea che l’importazione di energia prodotta con il nucleare, attualmente il 13% del fabbisogno elettrico nazionale, calmiera il prezzo del kWh nel mercato italiano che altrimenti sarebbe più caro.
Renzo Riva
Comitato italiano
rilancio nucleare - Fvg