A parte lo scivolone di dire "come se gli arabi non fossero semiti anche loro", quando si sa bene che "antisemitismo" significa antiebraismo ormai da un paio di cento anni, il resto dell’articolo, come il precedente, è largamente condivisibile.
Sfugge, o forse è solo implicito, che il termine "genocidio" rimanda sì a un conflitto irresolvibile, ma è conseguente all’altra definizione che viene data al conflitto. Cioè alla terminologia religiosa che fa (farebbe) capo alla tematica biblica o viceversa coranica. Come ogni conflitto religioso non ha possibilità di finire se non con la conversione (o lo sterminio) degli "altri". Quindi è altrettanto irrisolvibile. E non a caso è un tema continuamente riproposto come se fosse il nucleo vero di questo conflitto, così come i due speculari avversari sul terreno (destra israeliana e destra palestinese, Hamas) tentano di presentare.
Ebbene, non lo è, è questo articolo fa bene a dire che "assumere il conflitto come assoluto e non mediabile è
l’argomento principale dei falchi dei due schieramenti che, in questo
senso, hanno un interesse convergente a presentare le cose in questo
modo". Convergente significa che si confrontano due palesi torti. Quando è ovvio che presentando il conflitto per quello che è - cioè territoriale - la possibilità vera di una fine conflitto si presenta nei termini tutto sommato banali che chiunque può immaginare: un tot di kmq a te e un tot di kmq a me.