Il PM del sant’Uffizio: il fenomeno non è così esteso come si vorrebbe far credere
La pedofilia è solo una questione di definizione? Pedofilia o
efebofilia? I ragazzi vittime ne conoscono la differenza? E le sanzioni
della Chiesa ai preti aggressori: l’obbligo a non celebrare messa coi
fedeli, a non confessare, a condurre una vita ritirata e di preghiera;
possono guarire una vita innocente abusata?
Monsignor Charles J. Scicluna, religioso gesuita, è il
"promotore di giustizia" della Congregazione per la Dottrina della
Fede. In pratica si tratta del pubblico ministero del tribunale dell’ex
sant’Uffizio. Questo 13 marzo 2010, il giornale della Cei, Avvenire,
pubblica una sua intervista a cura di Gianni Cardinale. La citazione
qui sotto ne riproduce una parte (leggi il resto)
Questo ufficio è stato accusato di lavorare poco e con lentezza…
Si tratta di rilievi ingiusti. Nel 2003 e 2004 c’è stata una
valanga di casi che ha investito le nostre scrivanie. Molti dei quali
venivano dagli Stati Uniti e riguardavano il passato. Negli ultimi
anni, grazie a Dio, il fenomeno si è di gran lunga ridotto. E quindi
adesso cerchiamo di trattare i casi nuovi in tempo reale.
Quanti ne avete trattato finora?
Complessivamente in questi ultimi nove anni (2001-2010) abbiamo
valutato le accuse riguardanti circa 3000 casi di sacerdoti diocesani e
religiosi che si riferiscono a delitti commessi negli ultimi cinquanta
anni.
Quindi di tremila casi di preti pedofili?
Non è corretto dire così. Possiamo dire che grosso modo nel 60% di
questi casi si tratta più che altro di atti di efebofilia, cioè dovuti
ad attrazione sessuale per adolescenti dello stesso sesso, in un altro
30% di rapporti eterosessuali e nel 10% di atti di vera e propria
pedofilia, cioè determinati da una attrazione sessuale per bambini
impuberi. I casi di preti accusati di pedofilia vera e propria sono
quindi circa trecento in nove anni. Si tratta sempre di troppi casi -
per carità! - ma bisogna riconoscere che il fenomeno non è così esteso
come si vorrebbe far credere.
Tremila quindi gli accusati. Quanti i processati e condannati?
Intanto si può dire che un processo vero e proprio, penale o
amministrativo, si è svolto nel 20% dei casi e normalmente è stato
celebrato nelle diocesi di provenienza - sempre sotto la nostra
supervisione - e solo rarissimamente qui a Roma. Facciamo così anche
per una maggiore speditezza dell’iter. Nel 60% dei casi poi,
soprattutto a motivo dell’età avanzata degli accusati, non c’è stato
processo, ma, nei loro confronti, sono stati emanati dei provvedimenti
amministrativi e disciplinari, come l’obbligo a non celebrare messa coi
fedeli, a non confessare, a condurre una vita ritirata e di preghiera.
E’ bene ribadire che in questi casi, tra i quali ce ne sono alcuni
particolarmente eclatanti di cui si sono occupati i media, non si
tratta di assoluzioni. Certo non c’è stata una condanna formale, ma se
si è obbligati al silenzio e alla preghiera qualche motivo ci sarà…
All’appello manca ancora il 20% dei casi…
Diciamo che in un 10% di casi, quelli particolarmente gravi e con prove
schiaccianti, il Santo Padre si è assunto la dolorosa responsabilità di
autorizzare un decreto di dimissione dallo stato clericale. Un
provvedimento gravissimo, preso per via amministrativa, ma inevitabile.
Nell’altro 10% dei casi poi, sono stati gli stessi chierici accusati a
chiedere la dispensa dagli obblighi derivati dal sacerdozio. Che è
stata prontamente accettata. Coinvolti in questi ultimi casi ci sono
stati sacerdoti trovati in possesso di materiale pedopornografico e che
per questo sono stati condannati dall’autorità civile.