• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Politica > Il caso Schifani come metafora del caso Italia

Il caso Schifani come metafora del caso Italia

Il 29 aprile 2008 Renato Schifani (nomen omen, dicevano i latini) viene eletto Presidente del Senato della Repubblica.
 
Nel mese di maggio Marco Travaglio pubblica una sua breve biografia sull’Unità e nel libro "Se li conosci li eviti" (scritto con Peter Gomez), rievocando certi suoi "trascorsi", ossia la sua presenza dal 1979 nella società di brokeraggio assicurativo Sicula Brokers, di cui faceva parte Enrico La Loggia, futuro politico di spicco di Forza Italia, ed altri soci come Benny D’Agostino, Giuseppe Lombardo e Nino Mandalà, tutti e tre successivamente incriminati per associazione mafiosa o concorso esterno in associazione mafiosa; nonché l’attività di consulente urbanistico all’interno del Comune di Villabate sciolto due volte per mafia (il sindaco era il nipote del suddetto Nino Mandalà, capocosca della cittadina), incarico che, a detta del mafioso pentito Francesco Campanella, ex esponente di spicco dell’UDC per il quale era fino all’arresto segretario giovanile, gli era stato assegnato nell’ambito di un patto mafia-politica.
 
Il 10 maggio 2008 Travaglio presenta il libro su Rai3 a "Che tempo che fa" e per l’occasione ironizza amaramente sulla parabola discendente di una carica che con Schifani avrebbe toccato il suo punto più basso (parla di "muffa" e "lombrichi", come prospettiva per il dopo), poi ricorda che già Lirio Abbate, giornalista sotto scorta per minacce mafiose, aveva rievocato quei trascorsi nel libro "I complici: tutti gli uomini di Bernardo Provenzano da Corleone al Parlamento" datato 2007 senza essere né smentito né querelato (Schifani ha chiesto la bellezza di un milione e trecentomila euro di risarcimento a Travaglio ma non ad Abbate, per il semplice motivo che i libri in Italia non li legge nessuno), né tantomeno additato al pubblico ludibrio.
 
Il giorno seguente Fabio Fazio si presenta in trasmissione con aria da cane bastonato e legge il comunicato di scuse del direttore RAI, aggiungendovi le sue personali per non aver impedito che fossero formulate "offese" alla seconda carica dello Stato (“Sembrava l’abiura cui erano costretti i dissidenti cinesi durante la rivoluzione culturale”, commenterà Travaglio).
 
Ma la stranota denuncia di Travaglio non dà l’idea del personaggio Schifani, della sua inquietante caratura, quanto quella ignota ai più di un altro giornalista, assai meno noto nonostante abbia già subito due attentati e sia senza scorta (Gianni Lannes), dalla tribuna di un recente convegno palermitano (intitolato "L’alba di una nuova Resistenza" e promosso dall’ Idv): venuto a conoscenza dell’interessamento di costui per l’ennesimo, gravissimo scempio paesaggistico nell’isola (l’illegale costruzione, sponsorizzata dal Presidente del Senato, della superstrada che
attraversa il bosco della Ficuzza, area protetta di interesse non sono naturalistico ma anche archeologico a pochi chilometri da Palermo), Schifani lo ha invitato alla Festa del Ventaglio e gli ha "gentilmente" chiesto di andare in vacanza e non occuparsi più di un opera "utile alla Sicilia" (un vero consiglio da "amico degli amici"). Lannes ha detto no, ha detto a Schifani che è organico alla mafia ed ha spedito il suo articolo alla Stampa di Torino riferendo dell’incontro. Risultato: è stato congelato dal giornale e l’inchiesta non è mai uscita.
 
Che un personaggio simile possa assurgere alla seconda carica dello Stato la dice lunga sulla qualità invereconda dell’intera classe politica odierna ed in particolare di quelli a cui oggi sono affidati incarichi istituzionali: questo è il problema di fondo del sistema Italia, la ragione vera per cui siamo caduti così in basso.
 
Da una quindicina d’anni, da quando Tangentopoli ha azzerato la classe politica preesistente e sulla scena s’è fatto avanti Berlusconi, preoccupato unicamente di circondarsi di uomini e donne senza qualità, yesmen che non facessero ombra all’unto del signore, mentre la sinistra è tuttora impelagata fino al collo in una interminabile e defatigante fase di transizione, con la zavorra di personaggi alla D’Alema impegnati solo a seminare di ostacoli (tipo esternazioni non richieste) il cammino già di per sé faticoso e incerto del macchinista di turno, si chiami Veltroni o Bersani, siamo ridotti a rimpiangere la stazza politica di personaggi come Bettino Craxi o come Claudio Martelli, per non parlare dei Berlinguer. Il tocco finale è stata la legge-porcata di Calderoli che annulla ogni possibilità che emergano figure non designate dai "leaders".
 
Anche il più decerebrato degli elettori del PDL non può non restare come minimo perplesso dinanzi ad una compagine governativa nella quale figurano dei Carneade inutili (nel migliore dei casi) come la Meloni o Rotondi o Calderoli o Bossi o Elio Vito (dei quali non si ricorda nemmeno una iniziativa ministeriale degna di questo nome).
 
O combinaguai come la Gelmini che si augura che i crediti d’imposta alle imprese le stimolino a fare una ricerca comunque "pro domo sua" e intanto non trova neanche un centesimo per la ricerca universitaria che servirebbe a tutti noi, o la Carfagna (stendiamo un velo pietoso, così copre antiche esibite nudità) o la Prestigiacomo (che si precipita per ogni dove a negare il segreto di Pulcinella e cioè che ci siano navi cariche di rifiuti tossici e radioattivi affondate a centinaia, per conto di Enel, Eni, Montedison e quant’altro, dalle cosche calabre o sicule nel Mediterraneo e non solo davanti a Cetraro, a partire dalla jugoslava Cavtav colata a picco nel 1974 davanti ad Otranto, perla del basso Adriatico).
 
O personaggi folcloristici da varietà televisivo come Ignazio La Russa (l’ex colonnello di AN sempre più devoto a chi gli ha dato la cadrega). O "creativi" alla Tremonti, autore di uno scandaloso "scudo fiscale" (scandaloso non tanto in sé, quanto per i suoi criteri: lo scudo c’è anche all’estero, ma chi riporta i soldi in patria intanto non può nascondersi dietro l’anonimato e poi deve pagare non il cinque, ma il trenta per cento di multa!), per non parlare degli Scaiola (quello che dava del "rompicoglioni " ad un morto fresco fresco come Biagi) per la serie "a volte ritornano", o dei Fitto che fanno salti di gioia quando il giudice li rinvia a giudizio "solo" per corruzione, abuso d’ufficio, peculato e illecito finanziamento al partito, e non anche per associazione a delinquere, concussione e falso! O il neoministro alla salute Fazio promosso per avere fatto un disastro a proposito della prevenzione della febbre suina, col vaccino che arriva quando ormai il picco del contagio è superato ecc. ecc.
 
Non resta che sperare che il Presidente Napolitano si decida a richiamare con la dovuta severità la classe politica ed il Governo in particolare a non fare scempio ulteriore di questo povero, straziato Paese.

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares