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 Home page > Attualità > Economia > La necessaria liberalizzazione dei servizi idrici

La necessaria liberalizzazione dei servizi idrici

C’è grande differenza tra "privatizzare l’acqua", spettro agitato dalla disinformazione di massa, e aprire al mercato la gestione del servizio idrico. 

L’Italia, purtroppo, è ostaggio da tempo di due blocchi contrapposti: da una parte il berlusconismo imperante, con tutte le conseguenze negative che comporta (personalizzazione della politica, leggi pubbliche che obbediscono a poche esigenze private, pretesa di impunità, tentazione di dominio monopolistico negli affari), dall’altra una consistente fetta di "ayatollah della conservazione", annidati tra le associazioni, i partiti e la società civile, che contrastano ogni tentativo di riformare il nostro ingessato sistema produttivo.
 
Dall’università allo snellimento della spesa pubblica, dalla modernizzazione infrastrutturale alla liberalizzazione dei servizi idrici locali, è un continuo boicotaggio e tentativo di condizionare le decisioni del governo di turno per lasciare che tutto rimanga com’è, ovvero scadente e poco competitivo in confronto agli altri paesi occidentali avanzati. 
 
Sul decreto Ronchi approvato alla Camera, che liberalizza la gestione dei servizi idrici locali, tante sciocchezze condite da propaganda spicciola si sono udite negli ultimi giorni.
 
Dal leader dell’Idv Antonio Di Pietro che addirittura paventa scenari apocalittici, con i poveri che non potendo pagarsi un bicchiere d’acqua sono destinati a morire di sete, fino a coloro che si ostinano a parlare di "privatizzazione" dell’acqua come un fenomeno che possa accadere realmente.
 
C’è poco interesse, da parte di chi fa opposizione "a prescindere", a rappresentare la realtà in maniera concreta e senza pregiudizi ideologici di alcun tipo. 
 
Il primo punto da chiarire è che l’acqua resterà un bene "di esclusiva proprietà pubblica", come recita il testo della legge Ronchi, dove si specifica inoltre che spetta alle istituzioni garantire "universalità e accessibilità al servizio". Questo significa che nessuno potrà privatizzare le fonti o le sorgenti. Crolla dunque una delle principali critiche mosse al decreto. 
 
A partire dal 2011 ci saranno le gare per gli appalti, che riguardano esclusivamente la "gestione della distribuzione dell’acqua" nelle diverse realtà territoriali. Si parla dunque di "gestione e distribuzione del servizio idrico" non di "privatizzazione e mercificazione dell’acqua". La differenza tra "proprietà" e "delega in gestione" dovrebbe essere chiara ai più.
 
La liberalizzazione del settore consentirà alle aziende private di concorrere alla distribuzione dell’acqua (un emendamento della Lega prevede inoltre l’ingresso in deroga dei comuni più "virtuosi" che riescano a garantire tariffe basse e livelli alti di efficienza del servizio). 
 
Deroghe a parte le gare prevedono bandi pubblici aperti a tutti gli operatori e potranno concorrere anche gruppi internazionali. Nei prossimi mesi sarà ratificato il regolamento attuativo per bilanciare le esigenze di mercato (dunque delle società private) con la salvaguardia della natura pubblica del servizio. 
 
E’ prevista l’istituzione di un Authority ad hoc per il controllo dell’acqua o, in alternativa (se ci fossero resistenze nella stessa maggioranza) la creazione di una sezione specifica all’interno dell’Authority per l’energia ed il gas.
 
Chi si dimostra strenuo difensore della "gestione pubblica" dell’acqua dovrebbe ricordare la disastrosa situazione dell’acquedotto pugliese, con perdite quantificate nel 2006 fino al 50,3%, o di realtà come quella della Basilicata.
 
Si dà troppo per scontato che il pubblico sia efficiente e buono ed il privato ladro e opportunista. Una società privata che perdesse la metà dell’acqua sarebbe destinata ad un sicuro fallimento e non credo che questo rientri tra gli obiettivi strategici di un imprenditore. Lo Stato o l’Ente pubblico può sempre ammortizzare le perdite spalmandole sul debito pubblico o scaricandone i costi sui cittadini. 
 
In molte regioni, inoltre, esistono da tempo società miste pubblico-private per la gestione delle retri idriche senza che vi siano sollevazioni popolari. In molti casi (ad Arezzo o in Umbria) la qualità del servizio è rimasto simile o è addirittura migliorato.
 
Si parla anche con eccessiva sicumera di un inevitabile "aumento dei prezzi" (in Italia sono comunque tra i più bassi d’Europa), senza considerare che l’aumento del costo dell’acqua (sempre che avvenga nei fatti) può anche avere effetti positivi: indurre i consumatori ad un uso più moderato, evitando così gli sprechi.
 
Dispiace prendere atto della foga degli "ayatollah della conservazione" che tra manifestazioni di protesta, strilli di piazza e sui blog, ipotesi di referendum abrogrativi, difendono il poco efficiente monopolio pubblico nell’erogazione del servizio idrico e pretendono di bloccare una riforma utile per liberalizzare il sistema di gestione delle risorse (dopo la fondamentale apertura alla concorrenza sul mercato energetico). 

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.180) 21 novembre 2009 05:49

    Tutti gli esempi di servizi pubblici già privatizzati evidenziano che l’efficienza e la concorrenza è rimasta solo sulla carta, dalla liberalizzazione della telefonia abbiamo ottenuto un oligopolio con tariffe eccessivamente onerose e digital-divide considerevole, dalla liberalizzazione dell’energia i consumatori non hanno ottenuto che risparmi insignificanti a fronte di disservizi e problemi burocratici eccessivamente onerosi. Nella liberalizzazione della gestione idrica (proposta dal decreto Ronchi) si parla a torto di concorrenza in quanto dopo l’aggiudicazione della eventuale gara, il gestore diventerebbe monopolista con tutte le conseguenze del caso. Il libero mercato non garantisce la perfetta gestione dei servizi pubblici essenziali ed in numerose parti del mondo civile lo si è riscontrato dati alla mano, infatti le tesi a sostegno del provvedimento, compreso il presente articolo, si basano su semplici presunzioni.

    • Di Elia Banelli (---.---.---.123) 21 novembre 2009 15:56
      Elia Banelli

      Non sono d’accordo sulla non efficacia delle liberalizzazioni in generale.
      Faccio qualche esempio molto sintetico anche a livello internazionale.
      Nel settore aereo l’ingresso delle low cost è stato senza dubbio un fattore positivo.
      In campo energetico con il decreto Bersani del 1999 sono nate nuove società che hanno fatto concorrenza all’ENEL e all’ENI in molti casi riuscendo a garantire un buon servizio e riducendo le tariffe.
      Nel mercato della telefonia immaginiamo se adesso ci fossero solo TELECOM e TIM e non esistessero WIND, TRE, VODAFONE, TISCALI, FASTWEB, INFOSTRADA, ecc...
      Non credo che sarebbe uno scenario rassicurante.
      Ogni processo di liberalizzazione porta con sè numerosi vantaggi se ben gestito e controllato dallo Stato attraverso Authority indipendenti.
      Per cui resto del parere che le liberalizzazioni siano la strada migliore da seguire. Per la produttività, la competitività del paese, l’aumento dell’occupazione e la qualità dei servizi offerti al cittadino-consumatore.

  • Di Willy Wonka (---.---.---.55) 21 novembre 2009 07:20
    Willy Wonka

    Carissimo Elia,
    sono un liberista convinto però penso che la questione delle liberalizzazioni, in uno scenario come quello italiano (assolutamente anomalo sotto molti punti di vista), sia molto delicato...leggi questo mio post dal titolo Antitrust in Sicilia e Acque per aggiungere elementi al tuo punto di vista...

  • Di Willy Wonka (---.---.---.55) 21 novembre 2009 07:24
    Willy Wonka

    In altre parole liberalizzare, secondo me, significa cancellare il ruolo dello "Stato pianificatore"...bada bene ho detto cancellare, non "sostituire lo Stato" con altre entità che agiscono secondo regole al di fuori dell’economia dei contratti!

  • Di (---.---.---.201) 21 novembre 2009 09:03

    La gestione pubblica dell’acquedotto di Milano, dimostra che è possibile la gestione pubblica senza sprechi. Il resto è demagogia e interessi oculti

  • Di Paolo Praolini (---.---.---.247) 21 novembre 2009 09:43
    Paolo Praolini

    Concordo pienamente con l’articolo che ha evidenziato quali sono gli aspetti da valutare aldilà della demagogica informazione troppo diffusa!
    E’ chiaro che in un sistema liberalizzato poi ci sono comunque gli eccessi.
    Abbiamo acquedotti come in Puglia, Sicilia e Campania con reti idriche inadeguate ad una distribuzione equa e senza sprechi, con enti di gestione pubblici che non sono stati in grado in tanti anni di pianificare investimenti ed il recupero di quanto non fatto negli ultimi decenni.
    Ci sono nello tesso tempo società miste (pubblico, privato) o esclusivamente private dove non si sono sapute gestire le risorse da investire magari investendo denari nella finanza in banche tedesche (ved. Depfa bank o il caso Ato5 sud - Marche) che poi sono fallite e finite in mano allo stato tedesco, bruciando risorse destinate agli investimenti idrici.
    Insomma ci vuole equilibrio in tutto, i cittadini devono monitorare e l’acqua credo rimarrà sempre un bene dell’umanità e di noi tutti.

  • Di CogitoergoVomito (---.---.---.55) 21 novembre 2009 10:11

    Fondamentalmente hai ragione. Ma sai cos’è, caro Elia, se il paese nel quale viviamo non fosse l’Italia, tranquillamente ti darebbero tutti (o tanti) ragione, senza batter ciglio. Oramai gli italiani conoscono bene i loro padri-padroni, i politici-imprenditori senza scrupoli. Sono anche pienamente d’accordo con te quando dici che forse un aumento del costo dell’acqua potrebbe indurre a meno sprechi, visto che solo di sciacquoni del water ne consumiamo litri e litri e non ce ne accorgiamo.
    Ma per quanto può sembrare disinformata o cretina la gente, oramai (almeno per quanto riguarda il popolo informato del web) nessuno crede più alle truffe travestite da idee di questo governo.

    E così succede che se si parla di vaccino per l’H1N1, esce fuori che la moglie del ministro della Sanità Sacconi, la Giorgetti, è la presidente di Farmaindustria.
    Succede che se si parla di decoder digitale obbligatorio per vedere la tv, grazie a mediaset premium, PierSilvio Berlusconi figlio del Capo del Governo, ha già intascato 500 milioni di euro. E così è per la giustizia, per le leggi ad personam travestite da leggi pro cittadini vessati dalle ingiustizie della magistratura.
     
    Tutto sommato ciò che scrivi non è sbagliato, condivido molto del tuo pezzo, ma non puoi ignorare di vivere in Italia S.p.A., dove i legislatori che promulgano le leggi non perdono l’occasione per dimostrare di essere non politici ma padroni di uno Stato, diventato sempre di più "Cosa Loro".

  • Di Dunwich (---.---.---.54) 21 novembre 2009 11:01
    Dunwich

    Dove sta scritto che un monopolio privato sia migliore di un monopolio pubblico? "Liberalizzazione" un accidente... è l’ennesimo regalo a un capitalismo degenere che invece di rischiare e investire preferisce rifugiarsi nelle rendite

    • Di Elia Banelli (---.---.---.230) 21 novembre 2009 12:50
      Elia Banelli

      Caro Dunwich, non si passa affatto da un sistema di monopolio pubblico (che da anni ormai non esiste più) ad uno privato.
      Ci saranno situazioni simili a quelle attuali, con società a capitale misto pubblico-privato, situazione dove la gestione è affidata ai comuni ed altre solo alle aziende.
      Si tratta di una maggiore apertura al mercato, non di una privatizzazione totale del settore.
      Differenza questa fondamentale.
      Tutto il processo sarà comunque sempre monitorato dallo Stato, come prevede il decreto Ronchi.

  • Di Dunwich (---.---.---.54) 21 novembre 2009 13:46
    Dunwich

    No. Non è una "apertura al mercato" per il semplice fatto che NON è un mercato. Dove lo vedi il mercato? Cosa impedisce al gestore di applicare il prezzo di monopolio?

  • Di Elia Banelli (---.---.---.123) 21 novembre 2009 14:11
    Elia Banelli

    Credo che prima di ogni considerazione bisogna partire da una semplice domanda: il sistema attuale va bene? La situazione del servizio idrico in Italia è efficiente e di qualità?
    Sappiamo che nella maggioranza dei casi no, e potrebbe essere migliore.
    Il mercato entrerà in azione nel momento in cui un gestore (pubblico o privato che sia) impone tariffe troppo alte o attua una gestione ineficciente, con perdite e sprechi.
    Mentre per le società pubbliche è normale andare in perdita o incorrere in cattive gestioni (tanto pagano lo Stato ed i cittadini) per il privato, e l’imprenditore che investe, questo "privilegio" è meno concesso, perchè rischeirebbe di più da un fallimento delle sue operazioni.
    Ci sarà comunque un Authority che vigilerà sulla corretta attuazione del decreto.
    Se per esempio in un comune una società privata fa pagare 1 euro al metro cubo ed il servizio è inefficiente (mentre in un altro si pagano 80 centesimi ed il servizio è discreto) si possono prevedere nuovi bandi di gara e far entrare nel settore altre aziende (sulla base di requisiti di qualità). O per esempio se una società privata fallisce nel suo obiettivo, può essere sostituita da un ente pubblico o un comune giudicato "virtuoso".
    Sono ovviamente esempi banali e semplici ma credo rendano l’idea. Liberalizzare in un mercato rigido come quello idrico significa in sostanza dare la possibilità di cambiare, di evitare casi estremi come l’acquedotto pugliese e tanti altri.
    E’ una possibilità in più, considerato che l’attuale sistema non è dei migliori.

  • Di Dunwich (---.---.---.54) 21 novembre 2009 14:26
    Dunwich

    Continuo a non vedere dove sia il mercato. Gli stessi identici effetti si sarebbero potuti produrre imponendo il pareggio di bilancio delle municipalizzate.
    Mi viene poi da ridere a pensare a come questa autority possa riuscire a ficcare il naso negli affari idrici di 8 mila comuni

    Secondo me è proprio una cosa sensa senso. O meglio, l’unico senso che riesco a vedere è quello dell’ennesimo regalo (questa volta in forma di rendita perpetua) alla solita incapace classe imprenditoriale italiana.

  • Di pv21 (---.---.---.120) 21 novembre 2009 19:48

    Nessuno vedrà mai un privato tappare i "buchi" della rete di distribuzione dell’acqua oppure associarsi in un business senza dividendi. Non esistono più i beni collettivi di tutta la nazione (dalla sanità, all’istruzione alla ...) I problemi sono e restano sotto la linea del Po. Allora, come nel paese del BARBIERE ed il Lupo, il messaggio è solo uno: arrangiatevi! se potete. (c’è di più => http://forum.wineuropa.it

  • Di GCaput (---.---.---.25) 22 novembre 2009 23:47
    GCaput

    per vostra utilità vi roporto un mio precedente commento su questo argomento:

    La concorrenza vera, quella che riduce veramente le tariffe, in questi settori caratterizzati da monopoli naturali importanti, si fa a monte della filiera, ma qui nell’acqua la vedo dura (di potenza istallata se ne può costruire per l’elettrico, ad esempio, ma i bacini sono quelli e non si può fare molto..). 
    qui si sta parlando di competizione per il mercato e non nel mercato, pertanto, una volta essegnate le licenze, i driver di efficienza e perdite di rete andremmo monitorati attentamente (a tal proposito non è stato ancora decretato nulla di concreto a livello di istutuzione di Authority preposta..compiti, parametri di regolamentazione, etc) altrimenti il vantaggio di una minor tariffa rischia di derivare da una minor qualità ed una perdita di risorse per la collettività che si protrae per anni..

    personalmente sono un convinto sostenitore delle liberalizzazioni, ma sotto la ovvia condizione che siano basate su regolamentazioni sensate che impongano performance tali da giustificare il paradigma: non si può liberalizzare senza un vantaggio. l’acquedotto pugliese perde il 50% dell’acqua immessa? benissimo allora nella fase di distribuzione questo non deve più accadare, altrimenti tanto valeva lasciare le cose come stavano.

    un azienda "vituosa" in fase di distribuzione, data una tariffa, è quella che ottimizza i costi operativi e tra questi deve esserci anche un costo legato all’efficiente(o meno) gestione della rete idrica. Non puoi aggiudicarti localmente un servizio strategico di questa portata solo perchè ottimizzi i costi funzionionali/organizzativi perchè questi ultimi portano solo un vantaggio di costo aziendale e non necessariamente sociale.

    nessuno parla di "proprietà dell’acqua" ma di "gestione", ma l’acqua è acqua..e quando è persa c’è poco da fare per recuperarla rapidamente. quindi assicuriamoci che il merito economico dopo le aste pubbliche sia legato al gestire bene.

    ps: ricordiamoci che l’iniziativa di liberalizzare la gestione del servizio idrico è un iniziativa del governo italiano, e non una codizione imposta dall’UE: anche perchè l’UE sa benissimo che una concorrenza che porti benefici in questo settore è poco praticabile..è la regolamentazione che deve imporsi, quindi la politca, sia che il soggetto sia privato sia che sia pubblico.

  • Di (---.---.---.162) 23 novembre 2009 23:25

    Sarò presuntuoso, ma parto da un presupposto, credo in quello che vedo e nelle persone che mi citano esperienze dirette.
    A nord il servizio pubblico per lo più va bene e non ha bisogno di questa legge.
    Un mio collega Siciliano non aveva mai fatto caso che qui le case non hanno cisterne sotto i tetti, ma non per sua ignoranza, solo perchè dalle sue parti è normale averle.
    La privatizzazione non risolve il problema, semplicemente qualcuno si è accorto del "business" che si può fare su strutture che al nord sono già efficienti ma hanno costi "troppo" ridotti, vivaddio!
    Onestamente, quante volte vi è mancata improvvisamente l’acqua in casa?
    Quand’è l’ultima volta che avete avuto problemi con le fogne?
    Io, in Lombardia, non ne ho memoria.
    Una volta tanto che c’è qualcosa che funziona e costa meno che nel resto d’Europa dobbiamo sentirci in colpa?!
    I nostri governanti (quelli veri, non i politici-burattini) si erano semplicemente dimenticati di torchiarci anche su questo!
    Il vero spettro è che la mano lunga delle "mafie", che già impongono costi e disponibilità al sud, impongano anche le loro imprese e che al nord le usino per ripulire capitali, il tutto con la benedizione della legge.
    In linea di principio non sono contro le privatizzazioni, posso scegliere se avvalermi o meno delle ferrovie, delle autostrade e (anche se è sempre più essenziale) della telefonia, però non sopporto che si metta mano a un diritto che dovrebbe essere universale, minimizzando la questione grazie alla semantica dei termini "proprietà" e "delega in gestione".
    La sostanza è che grazie alla struttura di questa legge, ci saranno nuove "entità", poco identificabili o esaminabili, che si aggiungeranno alle attuali e che di fatto metteranno le mani in tasca ai cittadini (che non hanno tempo per informarsi sugli appalti pubblici) senza che si possa fare molto per opporsi.
    Non è sufficiente "rassicurare" l’Opinione Pubblica, dipingendo il provvedimento come risolutore di situazioni drammatiche come quelle del Meridione per farlo sembrare normale.
    Così come non è normale avere le cisterne sotto il tetto là dove ci sarebbe tutta l’acqua che serve!
    Ci pensate ad una onestissima piccola-media impresa, con in mano l’appalto di ristrutturazione di un acquedotto "colabrodo" del sud? Come pensate che possano opporsi a qualche mafioso che gli faccia saltare mezzi e impianti ancora prima di iniziare come "semplice avvertimento"?
    E magari al nord ci ritoveremo con servizi più cari là dove tutto funzionava egregiamente!
    Non mi stupirei infatti se la mia zelante Sindachessa di Milano avesse già in tasca il nome di qualche "amico" imprenditore cui affidare la gestione del nostro acquedotto che sfido chiunque a definire "mal gestito".

    • Di Elia Banelli (---.---.---.40) 9 dicembre 2009 16:45
      Elia Banelli

      E’ normale che in un processo del genere ci dovranno essere dovuti e regolari controlli. Anzitutto con il bando di gara si avvia una prima selezione (e quindi un primo check-up sulle società candidate), in seguito, ci sarà comunque la supervisione degli Enti locali e la distribuzione sotto il controllo della lente pubblica (anche perchè sono previste società a capitale misto).
      Infine, se avalliamo il ragionamento secondo cui ogni opera al Sud non si può fare perchè c’è la mafia, allora chiudiamo baracca e baracchini e chiediamo il fallimento del meridione.
      Invece credo che anche l’apertura ai privati, soprattutto nelle zone disagiate, possa costituire un occasione anche per singoli imprenditori e per nuova occupazione.
      Certo bisogna evitare che la distribuzione dell’acqua venga gestita da aziende senza scrupoli e con prestanomi "sospetti", ma in quel caso lo Stato deve poter intervenire. Inoltre non pensiamo che questo sia un problema solo dei "privati" e che al sud le aziende pubbliche municipalizzate non abbiano interessi con la politica e con la criminalità organizzata (anzi, a maggior ragione ce l’hanno....)

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