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Raccuglia, l’erede di Provenzano

Cosa Nostra si sta riorganizzando e si delinea chi guida la nuova cupola formatasi dopo l’ondata di arresti eccellenti. L’erede è un quarantenne cresciuto all’ombra di Brusca e Leonardo Vitale. Che ora domina il feudo dei corleonesi

La villeggiatura: ogni anno il latitante viene raggiunto dalla moglie per alcuni mesi

Spesso le storie di mafia vengono individuate attraverso segnali strani, indiretti. E questa storia di mafia, infatti, la possiamo far partire da un apparentemente innocuo trasferimento di vacche. Il problema è sapere perché si muovono da un comune all’altro queste placide mucche e soprattutto di chi sono. Quelle che si stanno spostando da Partinico a Corleone in queste settimane sono le vacche dei Fardazza (il nomignolo sotto il quale si cela il clan dei Vitale): sono state per anni il simbolo del potere di questa famiglia della più feroce mafia rurale, di questi soldati dei corleonesi. Da qualche mese, dopo l’intervento del Genio militare, non hanno più stalle dove rifugiarsi e pascolavano brade in vari terreni a ridosso del paese. Questo trasloco rappresenta una novità assoluta, riconducibile soltanto a un processo di riorganizzazione del racket e degli equilibri di quest’area che rappresenta il potere centrale di Cosa Nostra. E probabilmente rappresentano anche una promozione dei due figli del boss Leonardo in carcere a scontare alcuni ergastoli. Hanno garantito continuità nel momento di crisi, hanno fatto qualche “lavoretto” per i boss e ora possono iniziare a crescere nel feudo di Corleone insieme all’altro rampollo, Giuseppe Salvatore Riina, figlio del boss Totò.

È passata sotto silenzio, inosservata, sotterranea, quasi invisibile per i media nazionali se non per alcuni casi eclatanti: la guerra di mafia per la riorganizzazione degli equilibri delle famiglie nella Sicilia occidentale va avanti da un paio di anni. Sette morti e 3 probabili lupare bianche. Forse qualcuno ha pensato che si trattasse solo di piccole scaramucce, di qualche regolamento di conti fra i resti dei clan in rotta dopo gli eccellenti arresti di Bernardo Provenzano e dei Lo Piccolo, ma non è così. In termini militari (perché della mafia militare dei corleonesi stiamo parlando) si è solo riposizionata sul territorio ricostruendo tutte le catene di comando utilizzando il sangue per ristabilire l’ordine e le gerarchie. Ma non è una situazione “stabilizzata”, una pax mafiosa, anzi: fra pochissimo usciranno i “laureati”, i fine pena del maxi processo e delle altre inchieste come uno dei fratelli Vitale, il clan dei Fardazza i killer mafiosi diplomatosi con almeno dieci anni di galera. I primi rilasci eccellenti saranno a ottobre. Ed è tutta gente che, se non troverà il posto di “rango” che gli spetta, riaprirà una guerra devastante. Una guerra che la nuova cupola di Cosa Nostra (perfettamente riorganizzata e funzionante) vuole evitare in tutti i modi. E per impedire che il sangue scorra ancora come negli anni Ottanta è necessario avere una guida.

Molti pensavano che fossero i Lo Piccolo a essere i candidati naturali, altri Matteo Messina Denaro di Castelvetrano. Probabilmente tutte e due le possibilità, anche prima dell’arresto dei due Lo Piccolo, non sono state percorribili. I Lo Piccolo non sono stati discreti (la storia dello champagne fatto portare nel covo da latitanti dal bar più vicino fa ancora ridere mezza Sicilia) e non hanno mai veramente controllato il territorio se non alcune zone di Palermo (lo Zen) per lo spaccio di stupefacenti. E Messina Denaro è una star, troppo visibile, moderno, mediatico. E poi non ha un suo esercito, e infatti ha tradito la tradizione aprendo a esterni a Cosa Nostra, addirittura a non siciliani, per ottenere manovalanza: tunisini, albanesi, kosovari come segnalano da tempo il Prefetto di Trapani e la Commissione Antimafia. Ci vuole un uomo di tradizione, nella continuità della mafia di Riina, che abbia partecipato alla stagione delle stragi e che si sia formato attraverso una lunga latitanza coagulando attorno a se sia il business (dell’ultima fase di Provenzano) che l’ala militare (di Totò Riina) e che comunque sia anche abbastanza giovane per garantire continuità. E l’uomo c’è: Domenico Raccuglia. Messina Denaro, dicono in molti, poi ha i giorni contati prima che la catturandi interrompa la sua latitanza dorata.

Raccuglia, invece, è latitante da 14 anni per omicidio, estorsione, associazione mafiosa, traffico di armi e stupefacenti. La sua è una latitanza tradizionale, fatta di “lavoro” silenzioso e efficace. E di rapporti con la vecchia mafia in gran parte “residente” nelle carceri. È inserito nella lista ministero degli Interni dei venti latitanti più pericolosi d’Italia. Da sempre legato a Giovanni Brusca e al vecchio boss Leonardo Vitale, Raccuglia trasferisce la propria “residenza” di latitanza dall’originaria Altofonte alla zona di Partinico e in particolare nel territorio del piccolo Comune di Borgetto. Diventa evidente di quanto velocemente stia facendo carriera nella gerarchia di Cosa Nostra quando nel 2005 vengono interpretate alcune “parlate” in carcere fra Maria Vitale e il padre : «U veterinario apposto», una frase quasi casuale durante il colloquio, ma non pronunciata ad alta voce. Maria muove solo le labbra e una telecamera nascosta ne intercetta il movimento. E ’U veterinario è proprio Domenico Raccuglia. Dopo un periodo all’estero il nuovo boss emergente è rientrato sul suo territorio. E il boss Vito Vitale sembra affidargli la vigilanza anche sulle attività dei propri rampolli. È infatti il periodo del business degli appalti per la costruzione della Policentro di Partinico. È ancora Maria Vitale, lo stesso anno, a informare il padre in carcere che «dal Policentro sono entrati 24 mila euro», Metà dei quali già girati “per competenza”, al “veterinario”. E intanto ’U veterinario Mimmo Raccuglia, resta latitante. Lo è ormai dal 1994. E sembra non abbia alcun problema a muoversi fra la città e la provincia: dopo un periodo forse trascorso all’estero tornò di nascosto ad Altofonte; dopo un po’ si seppe che la moglie era incinta. Da lì nasce la leggenda delle villeggiature dei coniugi Raccuglia, che si ripetono puntualmente ogni anno. Fra fine maggio e giugno la moglie scompare, fa perdere le tracce, e puntualmente i primi di settembre ricompare. Come successo anche quest’anno.

Nel periodo passato all’aestero Domenico ha avuto anche la possibilità di ampliare la sua formazione grazie ad un altro elemento di spicco del clan del vecchio Leonardo Vitale, Giuseppe Baldinucci, ambasciatore di Cosa Nostra a New York e estradato in Italia dagli Usa solo la settimana scorsa. Un rapporto che si è trasformato quasi in una fusione fra famiglie grazie alla protezione offerta dal boss libero ai figli del boss in carcere. Ed è proprio nel territorio tradizionale dei Vitale dove Raccuglia oggi trova tutti i presupposti di una solida latitanza. E dove si sta prepara a far fronte al ritorno sul campo dei laureati dell’Ucciardone.

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