Lo «scandalo» dei rifiuti dalla Campania
Marino Ruzzenenti è uno storico ed ambientalista, nato a Brescia nel 1948 e sin dai primi anni 80 strenuamente attivo nella difesa della salute e dell’ambiente. Ha portato avanti molte battaglie, non trascurandone l’aspetto informativo e divulgativo, essendo infatti l’autore di “L’Italia sotto i rifiuti” e “Un secolo di cloro e PCB”.
Pubblichiamo qui integralmente un suo articolo scritto per altraBrescia.
Il dibattito in corso sui rifiuti campani destinati all’inceneritore Asm (di Brescia, n.d.r) appare, ad un osservatore esterno alla “casta”, del tutto surreale. Al solito stridente l’inversione delle parti in commedia fra vecchia e nuova maggioranza in Comune (di Brescia, n.d.r), a conferma del crollo di credibilità di buona parte della politica istituzionale.
È arduo, dunque, districarsi nel polverone del litigio politichese, ma può essere comunque utile tentare un ragionamento sulla base dei dati oggettivi.
Assai peloso è innanzitutto ostentare “scandalo” per le ipotizzate 3.000 tonnellate di rifiuti in arrivo dalla Campania, in un inceneritore che di norma brucia circa 350.000 (trecentocinquantamila!) tonnellate anno di rifiuti speciali ed urbani camuffati da Cdr, per lo più importati da fuori provincia. Per fare l’esempio del 2006, sulla base di dati forniti dalla Provincia, sono state importate circa 25.000 (venticinquemila) tonnellate di rifiuti urbani, sotto forma di Cdr (combustibile derivato dai rifiuti), ovvero qualcosa di molto simile alle “ecoballe” campane, e circa 100.000 tonnellate di pulper di cartiera, rifiuti speciali, formati prevalentemente da plastiche, contaminati da metalli e intrisi di cloro, insieme ad altre centinaia di migliaia di tonnellate di rifiuti speciali vari, tra cui fanghi da depurazione (di biomasse in senso proprio neppure un chilo!). Addirittura nel 2002 si bruciarono 1.189 tonnellate di rifiuti urbani “tal quale” di provenienza extra provinciale senza che nessuno facesse una piega. La favola, poi, che la terza linea brucerebbe rifiuti “buoni”, ingannevolmente definiti biomasse, è smentita dalle concentrazioni di inquinanti nelle emissioni (diossine, PCB, metalli tossici, ossidi di azoto, precursori delle micidiali polveri ultrafini) sostanzialmente analoghe per le tre linee (si veda il Rapporto Otu 2004-2005, sul sito del Comune).
Serietà, dunque, imporrebbe ai politici, della nuova e della vecchia maggioranza, di spiegare perché si dice no a 3.000 tonnellate di rifiuti campani, e invece sì all’importazione ogni anno di decine di migliaia di rifiuti urbani travestiti da Cdr e di centinaia di migliaia di rifiuti speciali (tra cui il pulper, inquinante forse più delle ecoballe campane).
Ma la coerenza in politica è ormai un optional, si sa.
Dunque, allora dobbiamo prenderci anche i rifiuti dalla Campania? Ma nemmeno per sogno. E per ben altre e sostanziali ragioni di quelle contorte fin qui messe in campo.
Il problema vero, che tutti fingono di ignorare, è che sciaguratamente Brescia, unica città al mondo, si è dotata di un inceneritore-mostro, di dimensioni tre-cinque volte superiori al “fabbisogno” (ammesso e non concesso che sia necessario incenerire i rifiuti, ma questa è un’altra storia). Quindi, anche aumentando all’inverosimile la produzione dei rifiuti urbani e vanificando la raccolta differenziata, non si riescono a mandare all’inceneritore più di 450.000 tonnellate circa di rifiuti urbani provinciali (più della quantità di dieci anni fa, a dimostrazione del fallimento della raccolta differenziata a Brescia). Ma l’inceneritore ne “deve” bruciare 800.000 tonnellate all’anno, per cui si “devono” importare quasi altrettanti rifiuti da fuori provincia.
Orbene, finché l’inceneritore Asm ha goduto della manna dei Cip6 (circa 60 milioni di euro all’anno di denaro pubblico concessi con la “finzione” che i rifiuti sarebbero energie rinnovabili), era conveniente importare anche rifiuti speciali, pur essendo questi a libero mercato: gli speciali, (ovvero le ingannevoli “biomasse”) hanno un costo per Asm, a differenza degli urbani che rappresentano un ricavo già al conferimento (grazie alla tassa indebitamente imposta ai cittadini). Ora, però, i Cip6 si stanno esaurendo e far funzionare metà inceneritore solo con gli speciali diventa diseconomico.
Le 3.000 tonnellate dei rifiuti da Napoli in questo contesto hanno senso, dunque, come un primo “assaggio” per verificare la reattività della società bresciana, cioè se ancora una volta è disposta a subire le condizioni imposte da Asm, così come è sempre avvenuto in passato.
Di per sé, quelle 3.000 tonnellate sarebbero irrilevanti, sia per Brescia (come si è detto sopra), sia per la Campania (dove le dimensioni dell’emergenza viaggiano sui milioni di tonnellate). Ma, appunto, rappresentano la breccia per tutto il resto (anche dopo l’entrata in funzione di Acerra, per smaltire le montagne di ecoballe accumulate!). Un business enorme per Asm-A2A, che, non a caso, ha reso disponibili i propri due inceneritori, gli unici candidati ai rifiuti campani rispetto ai 13 impianti operanti in Lombardia.
Per questa ragione bisogna dire di no ai rifiuti campani e, coerentemente, porre subito il problema del ridimensionamento dell’inceneritore di Brescia a due linee e quindi ad una sola linea, bloccando qualsiasi importazione di rifiuti da fuori provincia (sia urbani travestiti da Cdr ovvero “ecoballe”, sia speciali) e riducendo drasticamente i rifiuti urbani da smaltire, con una raccolta differenziata di qualità “porta a porta” e con tariffa premiante i cittadini virtuosi.
Marino Ruzzenenti
Fonte: altraBrescia
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