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Le Br, i servi(zi) segreti e la “strategia della tensione”

Solo pochi anni fa si venne a conoscenza di una verità già ipotizzata nel lontano 1978: le Brigate rosse furono infiltrate da agenti della CIA e dei temibili servizi del Mossad.

Solo pochi anni fa si venne a conoscenza di una verità già ipotizzata nel lontano 1978: le Brigate rosse furono infiltrate da agenti della CIA e dei temibili servizi del Mossad. Mentre nel 1978 ad avanzare l’ipotesi erano alcune voci della sinistra extraparlamentare come Avanguardia operaia e Lotta continua tacciate di "antiamericanismo ideologico", invece la “nuova” autorevole e insospettabile fonte era niente di meno che Giovanni Galloni, l’ex vice-segretario nazionale della Democrazia cristiana all’epoca di Aldo Moro.

Ebbene, non è casuale che le preoccupazioni esternate da Moro al suo vice Galloni, e da questo rivelate pochi anni fa ad una trasmissione giornalistica televisiva, risalgano al periodo successivo al 1974, quando avvenne l’arresto di Curcio, Franceschini e gli altri membri che componevano il nucleo storico che fondò le Br. Dopo quegli arresti l’organizzazione brigatista si trovò decapitata, per cui fu facile infiltrarla da parte dei servizi segreti statunitensi e israeliani. I quali si adoperarono per insinuare tra i brigatisti gli agenti più abili e capaci di diventare rapidamente dirigenti e prenderne in mano le redini per compiere i passaggi e le azioni che hanno fatto la storia del nostro Paese.

Mi riferisco soprattutto al sequestro e all’omicidio di Moro. Il quale, vale la pena ricordarlo, era un’eminente personalità politica italiana, segretario nazionale del partito di maggioranza relativa, ma soprattutto una figura scomoda e ingombrante, sia all’interno della stessa Dc, dove era osteggiato da varie correnti (dorotei e andreottiani in testa), sia all’estero, era inviso soprattutto agli Stati Uniti a causa della sua propensione al "compromesso storico" con il Partito Comunista, e allo Stato d’Israele, in virtù del suo aperto orientamento filo-arabo.

Probabilmente non sarebbe male se si facessero vivi, sia pure con notevole ritardo, altri personaggi per far luce sulle passate vicende politiche ancora nell’ombra o precipitate nell’oblio, in particolare sui tragici avvenimenti degli "anni di piombo". Anni infuocati, segnati da stragi di Stato e da un’incredibile sequenza di crimini e delitti di matrice politica soprattutto neofascista, che hanno insanguinato la vita del Paese, creando un clima di terrore e repressione contro i movimenti popolari di lotta sorti nelle università, nelle fabbriche, nelle piazze, in seguito alle esaltanti esperienze del biennio 1968/69.

Ebbene, quando comparirà qualche altro Galloni a rivelare che gran parte di quei tragici "episodi" sono riconducibili ad un’unica regia, a quella che fu denominata "strategia della tensione", non sarà mai troppo tardi. Ammesso pure che Galloni non sia credibile come fonte d’informazione rispetto alle vicende brigatiste, è inevitabile chiedersi ugualmente se le ipotesi di infiltrazione delle Br da parte dei servi(zi) segreti (il Mossad, la CIA o altre strutture d’intelligence) abbiano un loro fondamento di veridicità storica oppure si tratta di "balle" fantapolitiche e dietrologiche. Ricordo che lo stesso Franceschini, nel suo libro "Mara, Renato ed io" (forse il titolo non è esatto, ma il dato è irrilevante) riferisce di infiltrazioni delle Brigate rosse da parte del Mossad.

Non è mia intenzione negare che le Br siano state partorite dalla sinistra italiana, in particolare da settori del vecchio PCI (Franceschini, figlio di partigiano, era iscritto alla FGCI di Reggio Emilia). Tuttavia, insisto su un punto: le Br, pur essendo un prodotto filiale della sinistra italiana, sono state o no soggette ad infiltrazioni da parte di servi(zi) segreti occidentali? Perché l’operazione Moro avvenne 4 anni dopo che l’intero nucleo storico brigatista era stato imprigionato, dato che nel 1974 Curcio, Franceschini, Mara Cagol (moglie di Curcio, uccisa in uno scontro a fuoco con la polizia) e altri dirigenti brigatisti, stavano preparando il sequestro di Andreotti, e non a caso furono arrestati?

Inoltre, va svolto anche questo semplice ragionamento politico. E’ chiaro che tanto più un’organizzazione è chiusa, rigida, strutturata verticisticamente al suo interno, e addirittura costretta alla clandestinità, come nel caso specifico delle Brigate rosse, oltretutto prive delle loro menti pensanti dopo l’arresto dei capi storici (Curcio e Franceschini) avvenuto nel 1974, tanto più è facile infiltrarla, controllarla, influenzarla, isolarla dal movimento e dal corpo reale delle masse popolari e della società. Al contrario, quanto più un’organizzazione è aperta, spontanea, mobile, strutturata in senso democratico orizzontale, e soprattutto agisce alla luce del sole, in stretto e costante contatto con gli umori, le istanze e le rivendicazioni popolari, tanto più risulta difficile infiltrarla o condizionarne le scelte e gli orientamenti politici e strategici.

Detto questo, è chiaro che non mi sogno lontanamente di negare la paternità tutta "sinistroide" delle Brigate rosse o di altre organizzazioni della lotta armata italiana, da Prima Linea ai Nuclei Armati Proletari, ai Nuclei Comunisti Combattenti e altre sigle minori e meno note del panorama della lotta armata made in Italy.

Nondimeno, sono piuttosto incline a pensare che tali fenomeni pseudo rivoluzionari e brigatisti in senso lato (con riferimento non solo alle Br) fossero palesemente funzionali ed utili alla cosiddetta "strategia della tensione" che mirava, negli anni ’70, a creare un clima di terrore, di scontro e violenza tale da legittimare il ricorso a leggi d’emergenza, come d’altronde è accaduto, ma soprattutto tale da permettere operazioni e processi politici di stabilizzazione conservatrice. Non a caso la Democrazia cristiana ha continuato a mantenere e perpetuare il proprio potere politico elettorale, nonostante la prepotente ascesa del Partito Comunista Italiano guidato da Enrico Berlinguer, che in quegli anni stava sul punto di effettuare il fatidico "sorpasso". Non mi soffermo sul naufragio del tentativo berlingueriano del "compromesso storico" e sul ruolo svolto dalle Br e dall’operazione Moro proprio in direzione di questo fallimento. Il resto possono essere solo ipotesi dietrologiche prive di fondamento.

Personalmente non ho mai nutrito simpatie verso la lotta armata, una strategia destinata sin dall’inizio al fallimento, in quanto la scelta della clandestinità comporta inevitabilmente un auto-isolamento dalle vicende concrete della società e dalle lotte reali delle masse popolari. Su questo punto non mi pare necessario soffermarmi.

Argomentando sulla funzionalità della strategia brigatista e della lotta armata, mi riferivo non alle intenzioni o al livello di consapevolezza degli stessi brigatisti, che davvero credevano di reagire alle stragi di Stato e ai tentativi golpisti, illudendosi di "preparare" il terreno alla rivoluzione sociale del proletariato italiano. Al contrario, senza avvedersene, completamente inconsapevoli, i brigatisti (senza alcuna distinzione manichea tra Curcio e Franceschini, ritenuti "buoni" da un lato, e Moretti "il cattivo" dall’altro) hanno favorito con le loro azioni (ripeto: pseudo rivoluzionarie) quella che era la finalità principale della "strategia della tensione", ossia incentivare e acuire uno scontro tra opposti estremismi e opposti terrorismi, per puntare a rafforzare e perpetuare l’ordine esistente imperniato sulla Democrazia cristiana. In altre parole, non sono io a dirlo, lo scopo strategico era quello di "destabilizzare per stabilizzare".

Infine, anche la separazione, altrettanto manichea, tra un Moro "buono" e "di sinistra", da un lato, e un Andreotti "cattivo" e "diabolico", dall’altro, è una visione che non mi appartiene. Infatti, penso che se anche le Br avessero sequestrato Andreotti, il risultato sarebbe stato lo stesso: naufragio definitivo del "compromesso storico", rilegittimazione e rafforzamento elettorale della Dc, declino della sinistra, sia ortodossa e parlamentare borghese, sia extraparlamentare, post sessantottina e movimentista.

Sicuramente c’è un enorme lavoro da compiere ancora all’interno della sinistra italiana, sia quella tradizionale, sia quella "alternativa", "antagonista" o rivoluzionaria (che mi interessa maggiormente), per tentare di sradicare i facili luoghi comuni e gli stereotipi che sono ancora molto diffusi in vasti settori della sinistra, non solo italiana.

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