2010: i vecchi e i nuovi volti del potere e frammenti di sapere
Oggi vi ho preparato un’insalata russa di riflessioni, poiché in questo delicato 2010 i cittadini di tutto il mondo dovranno rendersi conto che "la trasformazione di tutte le verità in questioni di potere ha intaccato il nucleo stesso della distinzione tra vero e falso" (Theodor Adorno).
style="margin: 0cm 0cm 10pt;" class="MsoNormal">“Non tutti i politici, allora, erano ipocriti: ne ho conosciuti di una moralità limpida e rigorosissima (un nome per tutti, quello di Ferruccio Parri) e più tra i cosiddetti laici e i socialisti che non tra i cattolici e i comunisti, dove la moralità era grande nella base e molto meno tra i vertici… Verrà il momento in cui ci sarà bisogno di chi ha saputo resistere, mantenere la sua integrità, perché tutto il resto sarà un tale sfascio che toccherà a costoro cercar di rimediare… Il compito delle minoranze dovrebbe essere l’esercizio della critica, la proposta di una visione morale dell’agire sociale e politico, che stia dalla parte dei deboli e delle persone comuni. I loro primi nemici dovrebbero essere l’autoreferenzialità e la compiacenza nei confronti del potere politico, economico, ecclesiastico” (Goffredo Fofi, “La vocazione minoritaria. Intervista sulle minoranze”, Laterza, 2009).
Il deprezzamento del ‘68 fa parte integrante del clima degradato di questi giorni. Si dimentica che questo è stato un punto alto della storia d’Italia, un momento europeo e internazionale come in Italia ne capitano pochi. Cambiò il modo di considerare la politica. Si fece politica di massa anche fuori dai partiti. Le donne conquistarono un posto che prima non avevano. L’Italia diventò più libera e giovani intellettuali in formazione (gli studenti) vi recitarono una parte positiva… Invece oggi siamo circondati da politici sconfitti, che si presentano presuntuosamente come i futuri, possibili vincitori. E l’uomo politico tende a riprodurre dei cloni che sono peggiori di lui, facilmente addomesticabili… Quando alle giovani generazioni davvero “puzzerà questo barbaro dominio”, un nuovo corso della storia italiana, anche della nostra storia intellettuale, potrà cominciare (Alberto Asor Rosa, Il grande silenzio. Intervista sugli intellettuali, Laterza, 2009, p. 63, p. 83, p. 168).
Probabilmente l’impero americano sarà anche l’ultimo impero della storia: al suo declino non corrisponderà l’affermarsi di un diverso primato nazionale – questa è ormai acqua passata – ma un altro modo di assicurare la connettività del mondo. Perché la spinta verso la moltiplicazione sistemica dei legami planetari a rendere “il mondo piatto” (fortissima nelle nuove generazioni, dagli Usa, all’India, alla Cina) è ormai irrefrenabile, ed è anch’essa una conseguenza della rivoluzione della tecnica, che richiede un uso globale delle risorse umane, dei laboratori, delle conoscenze e fa “di tutti i popoli un solo popolo. Un ragazzo di Roma o di Parigi è oggi più vicino a un coetaneo di Shanghai che a suo nonno quando aveva la sua età” (Aldo Schiavone, 2007,p. 87).
Nel 1989 in tutta Europa sono collassate e scomparse le classi dirigenti comuniste. Nella patetica Italia invece si è ricorsi al solito trasformismo e al riciclaggio intellettuale e pseudo intellettuale: “un Ottantanove autentico non c’è stato per il comunismo italiano. Esso, rovesciando le carte in tavola e sbarazzandosi con l’aiuto dei magistrati del socialismo craxiano, ha addirittura invertito il significato e la marcia anticomunista di quell’anno fatale. I regimi sovietizzati morivano nell’Est europeo, ma in Italia si verificava il più insolito e innaturale dei paradossi. Sotto le macerie berlinesi non finiva il Pci, finanziato da Mosca, che mai aveva fatto un gesto concreto in favore di uomini e gruppi che stavano ascendendo al potere sopra le ceneri del totalitarismo comunista; le macerie schiacciavano il Psi che, invece, aveva aiutato politicamente e materialmente i dissidenti cecoslovacchi e i sindacalisti polacchi… i dirigenti del Pci riciclato in Pds si preparavano al governo. Da nessuna parte la storia di fine Novecento era stata così beffarda come in Italia” (Bettiza, 2009). In Italia i burattini parlamentari hanno addirittura eletto come Presidente della Repubblica un vecchio comunista che “applaudiva” i sovietici mentre sparavano ai cittadini inermi dell’Ungheria.
Nelle nostre scuole si dovrebbe parlare soprattutto di libertà: “Quel difficile percorso che può portarci a vivere in un modo simile a come vogliamo, sconfiggendo i draghi sputafuoco dei condizionamenti, i limiti imposti dal sistema economico, le trappole commerciali, fiscali, edonistiche… Pensate alle multinazionali e alla pubblicità. Finché ci sarà uno schiavo che vuole somigliare al papà bello e sorridente che la mattina inzuppa un frollino in un’enorme tazza di latte davanti a una moglie splendida e a un figlio ideale, in una casa irrorata dal sole, loro potranno vendere il loro prodotto a un prezzo gonfiato dai costi dovuti al marketing, al sovrannumero aziendale, agli sprechi, all’eccesso di retribuzioni aziendali”. Il comportamento mosso dalla responsabilità e dalla dignità del singolo ha effetti enormi sul sistema. “Dieci, cento, mille uomini così e il potere è spacciato” (Simone Perotti, 2009).
Nelle società umane e nell’economia “La tendenza a rivaleggiare – a confrontarsi con il prossimo per sminuirlo – risale alla notte dei tempi: è uno fra i tratti più indelebili della natura umana” (Thorstein Veblen, Teoria della classe agiata). “Ogni classe è verde d’invidia e rivaleggia con la classe che le è immediatamente superiore nella scala sociale, mentre non le passa certo per la testa di paragonarsi ai ceti inferiori, e nemmeno a quelli che la surclassano di gran lunga” (Veblen).
“Il tipo di oppressione da cui sono minacciati i popoli democratici non somiglia a nulla di ciò che è avvenuto in precedenza… Voglio immaginare sotto quali nuove sembianze questo dispotismo potrebbe prodursi nel mondo: vedo una folla sterminata di individui simili tra loro ed eguali che si dannano incessantemente per procurarsi piccoli piaceri volgari, con cui riempiono l’anima. Ciascuno di essi, preso a parte, è come estraneo al destino di tutti gli altri: i suoi figli e i suoi amici più intimi formano per lui tutta la specie umana; quanto alla vita dei suoi concittadini, egli è tra loro, ma non li vede; li tocca ma non li sente affatto; egli non esiste che in sé stesso e per sé stesso, e se gli resta ancora una famiglia, possiamo almeno dire che non ha più patria. Al di sopra di questa massa si erge un potere immenso e tutelare, che si fa carico solo di assicurare i divertimenti collettivi di vegliare sulla sorte dei singoli. È un potere assoluto, dettagliato, regolare, preveggente e dolce. Rassomiglierebbe all’autorità paterna se, come questa, avesse lo scopo di preparare gli uomini all’attività virile; ma, al contrario, non vuole altro che fissarli irrevocabilmente nell’infanzia; ama che i cittadini si divertano, a patto che non pensino che a divertirsi” (Alexis de Tocqueville). In fondo in fondo, “la dittatura consiste nel modo in cui la democrazia è usata e non nella sua abolizione” (Rosa Luxemburg).
“Mi rivolto, dunque siamo” era il motto di Albert Camus (Eleuthera, 2008), il quale affermò che il politico con le mani sporche dev’essere punito per i torti che ha commesso, anche se viene onorato per il bene che ha procurato. Ma oggigiorno come è possibile fare una cosa del genere?
Il poeta Philip Larkin ha esemplificato come “l’uomo passa all’uomo la pena” attraverso il potere delle gerarchie: “Mamma e papà ti fottono. Magari non lo fanno apposta, ma lo fanno. Ti riempiono di tutte le colpe che hanno e ne aggiungono qualcuna in più, giusto per te” (Sia questo il verso, 1974).
Il presidente del consiglio controlla il sessantacinque per cento delle risorse pubblicitarie e televisive, nonostante l’Antitrust ci dica che in Europa c’è il sospetto di una posizione dominante in un settore anche solo quando si detiene il trenta per cento delle risorse (Michele Santoro).
“Solo una cosa rimane da fare a coloro che non vogliono cambiare il loro modo di vita, ed è sperare che le cose durino quanto loro, dopo di che accada quel che deve accadere. È questo che sta facendo la cieca folla dei ricchi, ma il pericolo cresce continuamente e incombe una terribile catastrofe” (Tolstoj, Russia, 1914).
“Non date mai e poi mai delle armi in mano al popolo. Chiunque dia in mano al popolo delle armi lo vuole distruggere. Le armi date in mano al popolo saranno sempre usate contro di lui. Le armi sconfiggeranno sempre il povero che le riceve. Solo il bastone o il sasso che uno raccoglie nel momento della collera non contaminano la sua natura di uomo” (Francisco Juliao, Leader contadino del Nordest del Brasile, Tratto da “Rovesciare le istituzioni”, Illich, 1986).
Uno dei migliori esempi di sfida al potere che la storia della condizione umana abbia mai conosciuto è la dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti d’America. Riporterò solo una breve introduzione molto significativa e rappresentativa: “Quando nel corso degli eventi umani si rende necessario a un popolo sciogliere i legami politici che lo hanno unito a un altro e assumere fra le potenze della terra quella posizione separata e uguale a cui gli danno titolo le leggi della natura e del Dio della natura, un doveroso rispetto per le opinioni dell’umanità richiede che esso dichiari le cause che lo spingono a tale separazione” (In “Fatti di parole”, Pinker, 2009, p. 247).
Non c’è per i nostri giovani nessun’altra tradizione da seguire oltre a quella dei guerrieri che vanno in battaglia per difendere l’onore della loro tribù? Sì, è il pacifismo… (Freeman, 2009).
“Adirarsi è facile, ne sono capaci tutti, ma non è assolutamente facile e soprattutto non è da tutti adirarsi con la persona giusta, nella misura giusta, nel modo giusto, nel momento giusto e per la giusta causa” (Aristotele).
“Fondamentalmente la creazione di denaro dal nulla effettuata dal sistema bancario è identica, non esito mai a dirlo per fare ben comprendere con cosa si ha a che fare, alla creazione di denaro da parte dei falsari, per questo motivo giustamente condannati dalla legge. Nel concreto essa provoca gli stessi risultati. La differenza è chi ne trae il profitto.” (premio Nobel per l’economia Maurice Allais, La crisi mondiale dei giorni nostri).
Intermezzo Aforistico
“Sotto la pietra ferma non scorre neanche l’acqua!” (detto russo); “La realtà non è ciò che ci accade, ma ciò che facciamo con ciò che ci accade” (A. Huxley); "Chi sa, fa. Chi non sa, insegna. Chi non sa nemmeno insegnare, dirige. Chi non sa nemmeno dirigere, fa il politico. Chi non sa nemmeno fare il politico, lo elegge" (Antico detto rimaneggiato da Sisto VI).
“La povertà è la madre di tutti i reati” (Proverbio cinese); "Anche in ogni minoranza c’è una maggioranza di imbecilli" (Mao Tse-tung); Einstein affermò che la follia risiede nel fare sempre la stessa cosa e attendersi risultati diversi (noi italiani votiamo quasi sempre le stesse persone anche se desideriamo sempre dei risultati migliori); "I potenti regnano come devono e i più deboli soffrono come devono" (Tucidide); “Capo: un cretino che può convincere molti cretini. Leader: una persona intelligente che fa ragionare anche i cretini” (Amian Azzott).
“Beate le società che non hanno bisogno di eroi” (Bertolt Brecht); "La Rivoluzione Sociale sarà morale, oppure non ci sarà. Un uomo onesto dev’essere perennemente un ribelle” (Charles Péguy); "Partecipazione, giustizia, verità e libertà, sarà il motto dei nuovi cittadini europei" (Damiano Mazzotti); "Agli alieni gli italiani fanno compassione perché sembrano dei burattini e hanno la testa di legno" (Amian Azzott); "Il peggior analfabeta è l’analfabeta politico, colui che non s’informa né partecipa alle cose d’interesse generale" (Bertolt Brecht); "La prima legge della saggezza nel mondo contemporaneo: bisogna stare molto attenti alle apparenze" (J. M. F. de Godefroid Havelange, ex presidente FIFA).
Comunque l’eclettico John Maynard Keynes un anno prima di morire scrisse: “Se per qualche sprovveduto equivoco geografico le forze aeree americane – è ormai troppo tardi per sperare qualcosa dai tedeschi – potessero distruggere ogni fabbrica nella costa del Nord-Est e nel Lancashire (in un’ora in cui dentro ci sono solo i manager e nessun altro), non avremmo niente da temere. Non vedo come potremmo altrimenti riguadagnare quella esuberante inesperienza che è necessaria per avere successo” (citato da Fabrizio Galimberti, giornalista del “Il Sole 24 Ore”).
Infine concludo con la citazione di Samuel Gompers, fondatore e primo presidente dell’American Federation of Labor (il primo sindacato americano).
Che cosa vogliono i lavoratori?
Noi vogliamo più scuole e meno prigioni,
più libri e meno armi,
più insegnamento e meno vizi,
più tempo libero e meno avidità,
più giustizia e meno vendetta.
Vogliamo più opportunità per coltivare la nostra natura migliore.