• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Media > 4 contro 1: la par condicio di Monica Setta su Raidue

4 contro 1: la par condicio di Monica Setta su Raidue

 Mentre la Rai vara il nuovo contratto di servizio pubblico, ratificato dall’Autorità delle Comunicazioni di concerto con il Ministero per lo Sviluppo Economico e Paolo Romani (viceministro responsabile della Comunicazione, ex uomo di Mediaset, ndr), dove si menziona “l’obbligo del contraddittorio” nelle trasmissioni d’informazione e approfondimento (evidente frecciatina contro Anno Zero), la puntata di giovedì 12 novembre del Fatto del Giorno in onda su Raidue ci delizia con un valido esempio di elusione di quei principi “di pluralità dei punti di vista” sanciti dall’ultimo accordo tra lo Stato e viale Mazzini.

Andiamo ai fatti: una parte del dibattito in studio condotto da Monica Setta si concentra sulla richiesta di arresto del sottosegretario all’Economia Nicola Cosentino. Ospite in studio Claudio Fava, di Sinistra e Libertà, costretto a rivaleggiare con ben quattro esponenti dello schieramento avversario: Daniela Santanchè, deputato ed esponente del partito Movimento per l’Italia, il direttore del Tempo Roberto Arditti, il sottosegretario alla Giustizia Maria Alberti Casellati (Pdl) e ∫i in collegamento esterno.

La sproporzione è evidente: 4 contro 1, se consideriamo che alla destra di Claudio Fava siede una pericolosa polemista del calibro di Carmen Di Pietro.

Prevedibili le divergenze all’interno del dibattito: Claudio Fava è abile a mantenere la calma e risponde con pacatezza alle argomentazioni, sottolineando concetti tanto semplici quanto “inconsueti” nel panorama politico italiano: un esponente del governo che è accusato da vari pentiti e da una corposa ordinanza di quasi 400 pagine di essere colluso con la camorra dei Casalesi, tanto da essere identificato come un punto di riferimento a disposizione sul territorio, non è adatto a correre per le elezioni alla guida della regione Campania e soprattutto dovrebbe, per correttezza istituzionale, dimettersi dal proprio ruolo finchè non verranno chiarite in sede giudiziaria le gravi vicende che lo riguardano. Negli altri paesi europei civili i politici si dimettono per molto, ma molto meno.

Purtroppo in Italia ciò che sembra evidente persino ad un bambino deve scontrarsi con i mille distinguo e sotterfugi tipico di un modo di fare, trasversale a destra e sinistra, che non rispetta più la separazione dei poteri e pretende l’immunità totale.

Le tesi degli ospiti che difendono Cosentino seguono lo stesso preciso schema più volte ribattuto dagli esponenti dell’attuale maggioranza.

Daniela Santanchè paventa per l’ennesima volta la “deriva giustizialista” partendo dal caso Tortora (divenuto ormai l’esempio principe per attaccare la magistratura a prescindere dai singoli casi giudiziari) e ritira fuori la tempistica su un ordine di custodia cautelare avvenuto “otto mesi prima delle regionali”.

Qualsiasi periodo temporale per un provvedimento giudiziario non va mai bene alla nostra classe politica. C’è sempre un “prima” o “un dopo” qualche tornata elettorale. E se gli elettori non sono ancora chiamati alle urne: “si vuole stravolgere il legittimo voto democratico”.

Purtroppo non c’è limite alle banalità, alla noiosa e ripetitiva quanto sterile polemica sui tempi della giustizia così detta ad orologeria. Una buona riforma potrebbe costringere i pm ad adottare il calendario dei maya, per tenersi lontani dalle solite accuse. 

Anche Roberto Arditti ci mette del suo scomodando Benedetto Croce, secondo cui “il Parlamento rispecchia la nazione”. Ebbene, coloro che invece non si sentono rappresentati da questo parlamento avranno tutto il diritto di ottenere giustizia e verità dei fatti. O devono sottostare a coloro che invece “si rispecchiano”?

Un ottimo spunto lo offre il sottosegretario Maria Alberti Casellati che si produce in una sequenza imbarazzante di falsità: prima parla di Andreotti “assolto” (reato prescritto) e dopo afferma che Cosentino è stato accusato per sentito dire da un pentito e che non può essere credibile la sua colpevolezza. Dimentica, o fa finta di non saperlo (altrimenti sarebbe grave per il ruolo che occupa al Ministero della Giustizia) che l’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip di Napoli, composta da ben 351 pagine, è supportata dalle dichiarazione non di uno, ma di 6 pentiti legati alla Camorra dei casalesi. Per fortuna Claudio Fava puntualizza e ristabilisce la verità dei fatti, anche se è incredibile come gli esponenti della maggioranza percorrano sempre la strada della disinformazione senza alcun rispetto per i cittadini telespettatori.

Non contenta della pessima figura, la Casellati dirotta la discussione su Nichi Vendola, accusandolo di non essersi dimesso dopo lo scandalo della sanità pugliese.

Anche in questa occasione Claudio Fava fa notare la “doppia morale” del sottosegretario (Vendola deve dimettersi, Cosentino no) precisando che Cosentino ha un ordine di arresto alle spalle e accuse pesantissime che lo sostengono, mentre il Governatore della Puglia non è nemmeno iscritto nel registro degli indagati, e comunque ha azzerato l’intera giunta regionale.

Ah, questi giustizialisti del Pdl!!!

Il dibattito si avvia a conclusione, nel mezzo le accuse di Sgarbi a Caselli che arrestava preti innocenti ed i fallimenti della giustizia sui casi Gava e Mannino. Fava cerca di rispondere come può, riconoscendo gli errori che taluni magistrati hanno commesso in passato. Ma è risaputo che quando si apre un’indagine non si può mai sapere chi ha ragione e chi ha torto. I processi servono proprio a questo, a ristabilire la verità “giudiziaria” sulla base dei fatti emersi durante le indagini e nel merito del dibattimento. Se i magistrati ed i giudici sapessero “in anticipo” chi è innocente e chi no si forgerebbero della qualifica professionale di apprendisti stregoni.

Resta il dato, indiscutibile, che durante il programma “Il Fatto del Giorno” di Monica Setta, il dibattito sulla giustizia era fortemente a favore di uno schieramento, 4 dell’area maggioranza contro 1 dell’opposizione.

Neanche Santoro sotto effetti allucinogeni avrebbe architettato un confronto così nettamente squilibrato. Adesso si attende con ansia la pronuncia in merito dell’Agcom, un esposto presentato dal direttore generale Mauro Masi, un editoriale infuocato di Minzolini ed una minaccia di Silvio Berlusconi dalla Bulgaria.

Ah, dimenticavo, siamo in Italia. 

 

Commenti all'articolo

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox







Palmares