• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

Quando nel 1918 la quasi totalità degli abitanti del goriziano volevano la Jugoslavia

Di Maria Cipriano (---.---.---.35) 16 agosto 2015 13:43
Maria Cipriano

I Goriziani volevano stare con la Jugoslavia, certo, come no: che manco esisteva all’epoca e non esiste a tutt’oggi. E del resto lo si evince chiaramente da tutta la Storia del Risorgimento riguardante il Friuli Venezia Giulia, una regione che ha sempre brillato per la sua adesione anima e corpo all’Austria, e addirittura, secondo l’autore, alla “Jugoslavia”: al punto che il Friuli fece atto di dedizione alla Serenissima fin dal lontano 1420, e comprendeva allora un territorio molto vasto che arrivava a sconfinare nella Carinzia e nella Carniola: non a caso il Risorgimento di quelle terre brilla per la lunga lista di cognomi chiaramente di origine slava e austriaca (Oberdank compreso), i quali si sentivano chiaramente italiani, a dispetto delle proprie origini biologiche.

Se i Goriziani volevano stare con la Jugoslavia, immagino Trieste volesse stare gli austriaci, ed è per questo che Francesco Giuseppe nel 1915 la dichiarò “territorio nemico”, molto prima che gli italiani “invasori” ci arrivassero. Analogamente Zara -dove i soldati italiani furono accolti in ginocchio nel 1918-, bramava stare con gli slavi (o con gli austriaci?), e quel gesto fu male interpretato in quanto la popolazione zaratina, disgustata dal ben noto imperialismo italiano, si era inginocchiata in realtà per pregare gli italiani di andarsene, e mettersi in ginocchio fa sempre il suo bell’effetto. E che dire di Trento, dove fu mandato al confino dagli austriaci anche l’arcivescovo? E della Dalmazia, dove nel 1861 tutti i sindaci dei suoi 84 comuni erano italiani, e, di colpo, pochi anni dopo,si ridussero a uno solo?

L’autore dell’articolo, nella smania di sfatare il “mito” della Grande Guerra, dimentica di considerare che questa è strettamente connessa al Risorgimento, e quest’ultimo a tutta la Storia precedente, dunque non se ne può parlare separatamente. Mettendo in mostra una raccolta di firme di decine di migliaia di sloveni smaniosi di stare con la “Jugoslavia” dopo la Grande Guerra, dimentica per strada pezzi interi di Storia, e soprattutto dimentica di spiegare ove siano le firme delle decine di migliaia di italiani deportati nei campi di concentramento austriaci da tutte le terre irredente -dunque anche dal Goriziano-, ben prima della presunta raccolta di quelle firme, sulle quali mi permetto di avanzare qualche dubbio, non foss’altro perchè gli “jugoslavi” sono assai propensi all’inventiva, come il Marco Polo trasformato nell’avatar slavo Marko Polo ha recentemente dimostrato, nell’ilarità generale.

In questa totale smemoratezza, non di rado venata di comicità, l’autore dimentica altresì di raccontare al suo vasto uditorio che gli “jugoslavi” in generale -dei quali solo i serbi in realtà avevano una reale coscienza nazionale-, per decenni nella totale impunità pestarono, aggredirono, minacciarono e perseguitarono costantemente gli italiani delle terre irredente, sfasciando negozi, distruggendo insegne e vetrine, non di rado ferendo e uccidendo con veri e propri progrom, sotto lo sguardo complice degli austriaci che avevano ricevuto ordini precisi di snazionalizzare e sradicare l’elemento italiano fin dal lontano 1866, tant’è che fu proprio allora che si verificò il primo esodo.

Ma il politicamente corretto europeista-buonista dei nostri tempi -di sinistra e di destra-, impone che si faccia largo alla nuova Storia, onde confutare finalmente le sciocchezze di questi Italiani che vogliono sempre appropriarsi di terre che non sono loro: e Gorizia
 dove i patrioti italiani erano infiltrati anche dentro la Polizia e dove nottetempo durante il Risorgimento fu issato sul Sabotino un enorme Tricolore in una notte di tempesta che costò la vita a uno dei suoi esecutori- è in cima a tutte, come no, ci mancherebbe!

Maria Cipriano


Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox