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Strage di Brescia. Parla il generale Francesco Delfino

Di Persio Flacco (---.---.---.177) 19 febbraio 2014 19:20

Al puzzle mancano alcune tessere, è vero, ma la figura che rappresenta è ormai chiarissima. Dunque non serve collocarle tutte.

Quello che a molti non è ancora chiaro è un altro aspetto.

Poniamo che una eminente personalità politica, da sempre nel Parlamento Italiano e che più volte nel corso della sua lunga carriera ha assunto incarichi di governo, prima che i fatti si svolgano venga messo a conoscenza che sta per iniziare una stagione di disordini, attentati, atti eversivi facenti parti di un piano le cui fila sono tenute dall’intelligence di un paese straniero "amico".
Poniamo che gli venga comunicato lo scopo di quanto si va preparando: garantire la fedeltà atlantica dell’Italia, paese strategicamente rilevante per l’area mediterranea, per mezzo di una reazione al disordine che metta fuori gioco ogni tendenza contraria.

La reazione di questa eminente personalità politica alla notizia sarà diversa a seconda della qualità dei suoi principi morali e civili:

1. se, come uomo delle Istituzioni, ritenesse la fedeltà alla Repubblica e la lealtà al suo Popolo come il più alto dei suoi doveri salterebbe sulla sedia e attiverebbe tutti gli strumenti di cui dispone per resistere all’ingerenza;

2. se, come politico, per ideologia, interesse o altro, ritenesse che il piano eversivo corrisponde alle sue personali visioni strategiche allora fingerebbe scandalo e, o non farebbe assolutamente nulla, oppure farebbe il possibile per agevolarne il corso.

In Italia, da quasi 70 anni, la norma di comportamento della nostra classe politica ricade sotto il caso 2. Con questa premessa è inutile aggiungere nuove rivelazioni sugli episodi oscuri della nostra storia recente: nessuno nella classe politica di potere salta sulla sedia, nessuno adotta provvedimenti concreti per porre rimedia a quella che è oggettivamente una subordinazione della sovranità nazionale a delle potenze straniere. La norma è il muro di gomma opposto ai cittadini e la sostanziale adesione alle strategie estere, a prescindere dalla volontà democraticamente espressa dal Popolo italiano.

E’ chiaro che in tali condizioni non può esservi un vero controllo democratico sulle forze politiche di governo; è chiaro che alcune forze politiche si avvantaggiano del supporto che ricevono dall’esterno alterando gli equilibri della vita politica; è chiaro che se la priorità per i referenti esteri di una certa forza politica è l’adesione alle sue strategie ogni altra considerazione passa in secondo piano.

Ad esempio, una certa forza politica potrebbe reggersi su clientele corrotte, potrebbe anche essere collusa col malaffare o addirittura con la criminalità organizzata, ma se garantisce fedeltà ai suoi referenti stranieri essi la sosterranno e la proteggeranno così com’è, a prescindere dai guasti che può arrecare al Paese.

Qui non si tratta di essere antiamericano o antioccidentale, si tratta di rivendicare la dignità di essere liberi cittadini in un libero Stato.

Senza questo presupposto non illudiamoci di essere padroni del nostro destino, perché non è vero.


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