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Vincolo di mandato. Perché ha ragione Grillo

Di (---.---.---.47) 25 marzo 2013 17:34

Da giovane, quando cominciai a interessarmi di politica mi capitò di assistere a due operazioni di trasformismo a breve distanza l’una dall’altra. Un notabile della mia città, in prov. di Caserta, maggiorente locale del PSDI (partito socialdemocratico) non avendo ottenuto la candidatura alle elezioni parlamentari si trasferì; armi e bagagli, nel PRI (partito repubblicano). Poco dopo un altro notabile locale, per gli stessi motivi di mancata candidatura, traslocò dal PLI al PRI.

Pensai tra me: questi sono finiti, alle prossime elezioni i loro consensi saranno falcidiati e se ne andranno finalmente a casa.

Sorpresa delle sorprese - ma solo per me, giovane ingenuo - i due uscirono rafforzati, in particolare quello che era passato dal PLI (partito di opposizione) al PRI (partito di governo),

Capii allora che il rapporto tra elettore e candidato non era quello delineato dai principi costituzionali, ma dalla regola clientelare dell’appartenenza. Al cliente nulla interessava delle beghe partitiche del patrono, ma solo era interessato ai possibili benefici clientelari personali, quindi poteva tranquillamente votare il suo referente in qualunque situazione si trovasse e qualunque cosa avesse fatto, il rapporto con il quale poteva sciogliersi solo in caso di mancata risposta ad un bisogno personale dell’elettore.

Alla base del trasformismo (oggi rinominato scilipotismo) c’è quindi un difetto nel rapporto politico che lega l’eletto con l’elettore. Difetto che non può essere corretto dall’instaurazione del vincolo di mandato.

Ma tutto questo riguarda la democrazia rappresentativa, non quella diretta.

Nella democrazia diretta l’eletto è solo un rappresentante, più o meno occasianale, di cittadini che gli delegano funzioni in quanto loro occupati e impossibilitati ad assolvere di persona. In questo caso è evidente che l’assenza del vincolo di mandato è lesivo dei diritti dei cittadini deleganti. L’eletto è li ad assolvere compiti concordati nell’assemblea dei cittadini, se non lo fa può e deve essere immediatamente sostituito.

In un caso del genere quidi non c’è alcuna mediazione di partiti e il vincolo non è verso il partito ma verso l’assemblea degli elettori. Se ci fosse il partito a mediare tra elettore ed eletto allora non saremmo più in democrazia diretta , ma in quella Rappresentativa.

Ma riuscite voi a immaginare un Parlamento dove i deputati sono diretta espressione, con vincolo di mandato, di un’assemblea generale - o di voti - di un collegio elettorale come quello dove voto io fatto di 4 province Salerno, Avellini, Benevento e Caserta, con circa tre milioni di abitanti??!!??

E riuscite a immaginare una forma di controllo che gli elettori di questo collegio possono esercitare quotidianamente sui loro eletti??

Ma anche se si facessero tanti collegi uninominali, il rapporto continuerebbe a essere di uno a 80 / 90 mila abitanti, E ammesso che con i moderni strumenti si riuscisse a trovare il modo di effettuare verifiche periodiche del mandato affidato all’eletto, il deputato cosa diventerebbe un semplice portavoce degli interessi di quella piccola comunità di 90.000 persone e non del popolo italiano. Il Parlamento sarebbe ridotto a sede di rappresentanza - non degli interessi generali del popolo italiano - ma della miriade di piccole comunità di 90 / 100.000 abitanti.

VI SEMBRA SERIA UNA COSA DEL GENERE ??!!??!!


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