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L’informazione al tempo di Twitter

Di (---.---.---.35) 20 marzo 2012 17:04

Ho come l’impressione che l’autore di questo articolo e chi si lamentava della "troppa sintesi" di Twitter (per la cronaca Michele Serra su Repubblica.it, era troppo difficile scriverlo, sig. Schuler?) dicano in un certo senso la stessa cosa: l’autore si lamenta della "troppa sintesi" dei giornali (elettronici e non) e Serra di quella di Twitter.

Mi sento di condividere entrambe le posizioni: quante volte, leggendo un filone di notizie non proprio dall’inizio, mi son chiesto "ma di che stanno parlando?" ed in effetti due parole due per chiarire l’ambito non guastavano (sui giornali online, oggi, per fortuna ci sono quasi sempre i link agli articoli precedenti).

Peraltro anche la posizione di Serra, pur se per altri motivi, è molto condivisibile: non si riferisce solo a chi della stampa fa un mestiere (e che avrebbe il sacrosanto dovere di "espandere" i concetti, e non di sintetizzarli, dato che non scrivono SMS) ma proprio alla "cultura del nulla" che si sta creando fra la gente con strumenti come Twitter. Lo strumento in sè, in quanto tale, è ovviamente "neutrale". Possiamo tranquillamente dire (e Serra lo riconosce) che in certe situazioni ha una grande utilità.

Purtroppo possiamo anche dire, e Serra, onestamente, fa anche questo, che il "tweet" sta diventando una comoda forma per "esserci senza dir nulla". E questa, mi sia permesso, non è "cultura" ma presenzialismo. Una cosa molto simile l’ho sempre stigmatizzata io stesso (che però non ho la stessa visibilità ed autorevolezza di Serra) riguardo ai cellulari: un’infrastruttura enorme, con capitali giganteschi in termini d’investimento per dire... cosa? "Maria butta la pasta"?... davvero ci serviva una rete così enorme, estesa per tutto il globo fin nello spazio, per dire delle così enormi caxxate? Da qui al paragone con Twitter (e/o con la e-mail di oggi, il cui contenuto è diventato al 90% spam) arriva da sè.

Per buona pace dell’autore, senza per questo volermi mettere in mostra ma solo a titolo di "documentazione", frequento la rete dal ’92 (si: nel ’92 internet in Italia nemmeno c’era, ma le BBS sì) e, anche "per mestiere" (sistemista TLC per 10 anni), studio questo genere di fenomeni praticamente da allora: l’evoluzione della comunicazione digitale. Di sicuro non sono la persona che si mette a demonizzare uno strumento, ma mi si permetta di riconoscerne un uso "perverso".

Sky


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