L’Islanda si rifiutò nel 2008 di salvare
le sue banche avviate al fallimento. Il debito era in gran parte verso investitori
esteri. Per Olanda e Regno Unito ammontava a 4 miliardi di euro. Un referendum
separò la responsabilità privata delle banche da quella pubblica dello Stato.
Le tasse dei cittadini non vennero in soccorso delle banche. La moneta
islandese perse subito il 25% sull’euro e il Pil arretrò del 10%. Dopo solo due
anni di recessione la sua economia è ripartita. Nel 2011 crescerà del 2,6%. La
disoccupazione è del 7% e l’interesse che riconosce per i suoi titoli pubblici
è nettamente inferiore a quello dei Pigs. Un caso di studio! Marianna Vitiello