Sembra quasi che Repubblica, il FattoQuotidiano,
il Corriere della Sera, la
Stampa l’Ansa ecc abbiano degli interessi economici in Libia
da salvaguardare, a causa dei quali si fanno "arma" del governo
riportando i fatti in una certa versione, oppure siano sotto ricatto. Viene
scartata a priori invece l’ipotesi che essi siano semplici giornalisti che, in
assoluta buona fede, fanno il loro mestiere descrivendo ciò che vedono o ciò
che sanno attraverso fonti ritenute affidabili. Non sto dicendo che l’informazione
in Italia non abbia delle pecche. Ne ha eccome. Ma a liquidare sempre le
vicende parlando di complotti, di interessi, di lobby che hanno le mani in
pasta ovunque, di truffe mediatiche si travisa completamente la realtà. A volte è ovvio si può sbagliare (es: si
riteneva fosse stato catturato il figlio di Gheddafi Saif al Islam, invece
risultato libero. I giornali hanno rettificato, affermando che persino la corte
dell’Aja aveva diffuso la falsa notizia, che in un contesto di guerra ci può
stare). Allora, partendo dalla "visione differente di quanto sta accadendo
in Libia" bisogna prendere una posizione: I giornali dicono il falso
perchè incompetenti o perchè in malafede? Delle due, l’una. Se perchè
incompetenti, cari maestri del giornalismo on-line, insegnate voi come si
esercita la professione. Voi che di esperienza e soprattutto di preparazione ne
avete di meno dei giornalisti professionisti di testate affermate. Se perchè in
malafede, beh, su questo ammetto di non saper rispondere. Perchè di fronte a
una totale rimozione della realtà anche l’intento di esprimere un’opinione non
può trovare una sorte diversa dal silenzio.
Sulla
morte di Bin Laden non c’è da giocarci su: Morte fantasma, manovra mediatica,
chi diceva:" Ma come proprio ora che Obama cala nei sondaggi" chi
urlava al complotto, chi diceva che era scappato e via dicendo. L’informazione
on-line si è data una bella coltellata da sola in quei giorni. Ma a parte
questo, chi difende a spada tratta la cd. controinformazione non deve
dimenticare un punto importante: ovvero che chi scrive non lo fa per se stesso,
ma per una comunità, verso cui ha una RESPONSABILITA’ MORALE( almeno secondo la Carta dei Doveri, la legge
69/63, numerose sentenze della Consulta, la Costituzione e il
Codice Penale). Se si scrive una cazzata il lettore crederà a quella cazzata. I
giornalisti, quelli veri, ne rispondono sia sul piano disciplinare che su
quello penale. I giornalisti "partecipi" invece no. Loro non hanno il
dovere giuridico di rettifica, nè tantomeno quello morale di chiedere scusa.
Loro sono al di sopra della legge. E solo loro sono mossi dai più illibati
intenti. Sebbene si rivelino spesso degli incompetenti.