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Onorevole a chi?

 

L'usanza tutta italiana dell'appellativo "Onorevole"

Che il parlamentare italiano venga visto come il simbolo del malcostume oltre che del privilegiato è un dato di fatto che si può riscontrare all’estero.

Venerdì 9 novembre il presidente dell’europarlamento Martin Schulz ha tenuto un discorso al Bundestag, il Parlamento tedesco, per celebrare l’anniversario della caduta del Muro di Berlino. Nel cominciare il suo intervento, Schulz ha esordito rivolgendosi ai presenti con un “Onorevoli colleghi”. Il Presidente dell’Assemblea, Norbert Lammert, è immediatamente intervenuto richiamandolo a non usare più certi termini: “Signor Schultz, le ricordo che non siamo a Roma nel Parlamento italiano e perciò la invito a non usare più questo strano titolo.”

Che la critica alla Casta non riguardi più soltanto la questione economica, ma anche l’abuso di potere e l'utilizzo di una certa terminologia lo si nota anche in coloro che si ergono a paladini dell'anticasta come Beppe Grillo che, nell’annunciare il programma del Movimento 5 Stelle, ha ammonito i suoi che “chi entrerà in Parlamento si toglierà questo nomignolo ormai deleterio di onorevole: macchè onorevole! Niente onorevole”.

Non è la prima volta che l'appellativo Onorevole suscita queste reazioni. Ad istituirlo fu Camillo Benso Conte di Cavour che agli albori dell’Unità d’Italia volle concedere un titolo ai non nobili che facevano il loro ingresso nel Parlamento. Tuttavia, come sempre accade in questo strano Paese, l’uso diventa un abuso.

Uno dei tanti peones che il nostro Parlamento ha ospitato nel corso della sua storia, l’onorevole democristiano Paolo Caccia, raccontava negli anni Ottanta, a chi gli chiedeva se con quel titolo si sentisse importante, una situazione che gli era capitata una volta in aeroporto:

“Un giorno ero all’air terminal di Roma. Rischiavo di perdere il volo, se il pullman non fosse partito. Dissi che ero un onorevole. Mi sentii rispondere in coro: chi se ne frega!”

Il problema esisteva anche quando le libertà erano soppresse. Achille Starace, segretario del Partito Nazionale Fascista, decise di abolirlo col Foglio di disposizioni n° 1277 del 4 marzo 1939 e di sostituirlo col titolo di “consigliere nazionale”. Caduto il fascismo i Costituenti ripresero a fregiarsi di questo titolo senza preoccuparsi, però, di ripristinarlo con apposita legge.

E pensare che nell’aprile del 2002 sei deputati di tutti gli schieramenti politici, Antonio Serena e Luigi Ramponi di AN, Luigi D'Agrò dell'UdC, Lorenzo Diana dei DS, Giuliano Pisapia di RC, e Francesco Zama di FI, presentarono alla Commissione Affari Costituzionali di Montecitorio una proposta di legge che prevedeva "l'abolizione del titolo di ‘onorevole', con la comminazione di multe da 500 a 5mila euro per chi si ostinerà a usare questa anacronistica qualifica... raddoppiate per gli ex parlamentari".

Di quella proposta, come di tante altre che giacciono nei cassetti polverosi dei palazzi romani, non si è più saputo nulla.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.55) 2 dicembre 2014 01:04

    Condivido la ricostruzione storica fatta da Sabino Labia con due piccole precisazioni:
    1) A me risulta che Cavour non assegnò "onorevole" come titolo. Nel 1861, in occasione del primo Parlamento dell’Italia unita, lo indicò come appellativo (al pari di egregio signor, per intenderci) nei rapporti tra i parlamentari tra i quali, si sa, c’erano svariati titoli, anche nobiliari. Un modo saggio per rendere più pratico il rapporto tra loro.
    2) Non fu certo un titolo (peraltro mai sancito) per cui la proposta dell’aprile 2002 non ha alcuna ragione di esistere.

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