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ll primo rapporto sullo stato del Capitale Naturale d’Italia: fonte “invisibile” di ricchezza

Da un buono stato del Capitale Naturale deriva una migliore qualità della vita per i cittadini ed effetti positivi per l'attività economica.
L’uomo non vive di solo PIL e anche nella nostra iper-tecnologica modernità la prima fonte di ricchezza rimane la natura: solo lei rimane in grado di fornire il cibo di cui ci nutriamo, l’acqua che beviamo e l’aria che respiriamo.
Da questa consapevolezza, nasce la necessità di definire le opportunità derivanti dal Capitale naturale, ossia, “dall'intero stock di beni naturali – organismi viventi, aria, acqua, suolo e risorse geologiche – che forniscono beni e servizi di valore, diretto o indiretto, per l’uomo e che sono necessari per la sopravvivenza dell’ambiente stesso da cui sono generati”.
 
Il primo rapporto sullo Stato del Capitale Naturale in Italia, previsto dal “Collegato Ambientale (L.221/2005) e consegnato dal Ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti al Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e al Ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, affronta il legame tra lo stato dell’ecosistema, il benessere sociale e le prospettive economiche. Il Rapporto presenta la cartografia degli ecosistemi e la valutazione del loro stato di conservazione, propedeutica all’identificazione delle priorità di ripristino in un’ottica di mantenimento e potenziamento dei servizi ecosistemici.
 
Tale valutazione ha permesso di stimare 19 ecosistemi ad alto stato di conservazione, 18 a medio e 36 a basso. Il documento è frutto di un lungo lavoro del Comitato per il Capitale Naturale, composto di istituzioni ed esperti del mondo della ricerca e mostra con chiarezza che l'Italia possiede un Capitale Naturale di notevole qualità e quantità.
I fattori antropici che incidono negativamente sul valore del nostro patrimonio ambientale sono : l'inquinamento atmosferico, gli effetti dei mutamenti climatici, l'accumulo di rifiuti non biodegradabili, il consumo di suolo, l'abusivismo edilizio, gli incendi boschivi, la perdita di biodiversità marina, l'introduzione di specie aliene invasive, lo sfruttamento non sostenibili di minerali e acqua, i cambiamenti di destinazione d'uso del territorio, la copertura artificiale del suolo con distruzione del paesaggio.
 
Secondo la Commissione UE che ha presentato all'inizio di febbraio 2017 il "Riesame delle politiche ambientali dell'UE" il nostro Paese, in merito al processo di contabilità del Capitale Naturale "si trova attualmente nella fase di valutazione dei servizi ecosistemici" e per passare alla successiva ed ultima fase di "esecuzione di una valutazione integrata degli ecosistemi sulla base di questi dati", si suggerisce di fornire adeguato sostegno finanziario.
E’ necessario, dunque, impostare una nuova economia che tenga veramente conto della natura: sviluppare nuovi modelli economici eco-innovativi che tengano realmente conto dei servizi offerti dai sistemi naturali.
Il capitale naturale non può, quindi, essere “invisibile” ai modelli economici come avviene attualmente, ma deve influenzare maniera significativa i processi di “decision making” politico-economici. Non si parla di mercificare la natura, ma di riconoscerle un valore che consenta di affiancare al capitale investito, al capitale umano e al capitale sociale, anche il quarto capitale, quello troppo spesso trascurato: il capitale naturale, appunto.
 

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