• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile


Commento di B

su Quando l'Interesse Nazionale presenta il conto


Vedi tutti i commenti di questo articolo

B 31 ottobre 2018 01:30

@Rocco Di Rella Non la prenda sul personale, ma anche se noto come la sua risposta sia stata pacata, essa rimane comunque sempre ascrivibile alla sua esclusiva opinione (pur giustificatissima) in materia. E così lei potrà accusarmi per lo stesso motivo. Proverò ora comunque a risponderle sempre per punti, e mi perdoni se dovessi risultare prolisso, non certo per provocarla o chissà cosa, ma unicamente per intavolare una discussione con lei:

1) è pur vero che il veneto viene definito da vari linguisti ’dialetto’, ma ciò per un uso consolidato del termine in ambito scientifico-linguistico italiano, dato che "dialetto" può indicare sia una variante di una lingua (quali sono ad esempio i nostri italiani regionali, ossia l’italiano non standard e non secondo dizione che parliamo consuetamente) od una lingua regionale il cui status non normato sia socialmente o giuridicamente inferiore, non per qualità o per meriti ma unicamente per un fattore politico, rispetto alla lingua nazionale e questo è il caso della maggior parte degli idiomi regionali d’Italia. Poi, che al momento essi non siano riconosciuti è un’altra questione, che non implica il loro essere "dialetti della lingua italiana", se mai "dialetti (lingue minori) italiani (nel senso di ’presenti in Italia’).

2-3) che le Regioni debbano essere meri enti di programmazione ed indirizzo è una sua personale opinione, che se pur per certi versi rispettabile io non condivido. Personalmente invece, guardando anche alle altre esperienze europee, io mi ispiro alla distribuzione di competenze dei Länder o dei Cantoni svizzeri ad esempio, i quali hanno ben altri poteri che meramente di programmazione ed indirizzo. Detto ciò concordo con lei che sarebbe comunque positiva una maggiore sussidiarietà partendo proprio dai Comuni, unicamente coordinati dalle Regioni (e Province), che però dovrebbero permanere, come enti in grado di opporsi allo "strapotere" centrale, ma non in funzione ’centralistica’ regionale.

4-6) È vero che i Comuni sono la reale base storica d’Italia, assieme alle Province, mentre le Regioni, salvo alcune con una propria specifica storia, come Piemonte, Veneto, Toscana o Sicilia, sono un’introduzione successiva e vista pertanto da alcuni -pochi- come inutile (di più sono quelli che invece attaccano le Province). Ma ci sono vari motivi per cui le Regioni dovrebbero permanere ed anzi sono necessarie: anzitutto perché sono l’unico ente in grado di tener testa allo Stato qualora esso, come spesso ha fatto e fa, invada le loro competenze (cosa molto più ardua da sostenere per un Comune, ma anche per una Provincia in certi casi). E seconda cosa, perché lo Stato non può provvedere, bene, a tutti: è ovvio che una legge adatta ad un certo contesto locale d’Italia possa essere totalmente inadatta alle esigenze di un altro territorio. Procedere così sarebbe come curare un raffreddore, una gamba rotta ed una polmonite (che brutti esempi!) con un’aspirina: qualcosa si risolverà, ma altre cose rimarranno sul piatto irrisolte. Si potrebbe pur via procedere con politiche differenziate anche se sempre impartite dal centro ma a rischio di avere un unico ente legiferante che si autocontraddica: a questo punto non vedo per quale motivo voler rinunciare al decentramento, se non per continuare una consuetudine che vede l’Italia da un secolo a questa parte copiare più o meno spudoratamente l’ordinamento statale da un Paese come la Francia, che oltre ad avere una storia completamente diversa (cosa che non giustifica però lo, a mio avviso, orrido accentramento del potere vigente Oltralpe), non parrebbe essere il più fulgido esempio di democraticità da seguire: retorica a parte fondamentalmente Parigi decide e la periferia si adegua. Tutta. Punto. Molto democratico come sistema. Ma comunque sempre Vive la Republique!

5) il riferimento a queste particolari realtà ha senso invece, perché, a parte il fatto che secondo la Carta Europea delle lingue regionali e minoritarie già citata tutti gli idiomi non dialetti della lingua ufficiale (ossia a parte le parlate del Centro Italia, tutti gli idiomi locali d’Italia o quasi) dovrebbero essere parimenti tutelati, la tutela linguistica non prescinde la facoltà di estendere un regime efficiente anche ad altri territori. Anche, ripeto, escludendo la questione linguistica, con cui comunque si dovrà prima o poi fare i conti.

7) non ne ho idea nemmeno io. Ma la stessa questione si porrebbe se fosse lo Stato a gestire tutto. Il vero problema è che in Italia manca il principio, pur elencato in Costituzione, della "leale collaborazione" tra livelli di governo: invece di collaborare per il bene comune difatti, i vari enti pubblici confliggono spesso, se non sempre. Vuoi che sia lo Stato e la sua burocrazia che non vuole cedere competenze e risorse e che quindi si intromette anche dove non dovrebbe, vuoi che siano le Regioni che per vari motivi più o meno nobili eccedano dalle materie da esse gestite, vuoi che siano enti locali che attaccano altri enti pubblici, de facto non c’è purtroppo una vera idea di collaborazione tra i vari livelli. Manca purtroppo l’idea vera della sussidiarietà, che pone Comuni, Province, Regioni e Stato sullo stesso piano e ove l’ente di grado superiore interviene solo per favorire una maggiore omogeneità all’amministrazione. Non quindi una struttura gerarchica piramidale con Stato al vertice e Comuni alla base ma una tavola rotonda, ove gli enti maggiori sono "primi inter pares" e non "re". Ma questo probabilmente lo sa meglio di me, quindi non mi dilungo oltre a spiegarlo.

8) beh, il suo commento non è molto comdivisibile. Mi spiego: ritenere corretto l’uso in tal caso esagerato della forza da parte della Polizia Spagnola verso i partecipanti ad un referendum che la Corte Suprema di Spagna avrebbe comunque potuto annullare non è una posizione granché democratica, tanto quanto augurarsi che lo stesso che è accaduto a Junqueras accada a Zaia, il quale nonostante alcune uscite un po’ indigeste non è certo considerabile il peggiore dei criminali ed anzi un uomo di discrete capacità politiche, pur non tralasciando i difetti suoi e della sua maggioranza in Regione (hmm...hmmm... Guadagnini.... hem-hemmm) e comunque tra i leghisti forse qualificabile come il """"meno peggio"""". Ma aggiungiamo anche qualche altra virgoletta.

Ed ecco, concludo ripetendo quanto ho già detto in precedenza: se ben fatta, una riforma autonomista-federalista non può che far bene ad un Paese dalle molteplici culture ed esigenze quale è l’Italia, questa piccola Europa in miniatura che contiene così tante popolazioni diverse eppure unite da un filo comune che ne orienta la via, popolazioni differenti e lontane ma sorelle. E le nostre lingue locali, riconosciute o meno, sono parte della nostra cultura. Riconoscerle tali non toglie valore o svilisce l’italiano (o le lingue straniere, come affermano certuni per assurdo) bensì lo rafforza, rendendo ogni lingua minore, ogni Dialetto una forza di coesione: perché se la sorella maggiore si proclama superiore schiacciando le più piccole o deboli, anche se magari più vecchie, non provocherà altro che astio, fastidi e ribellioni. Ma se le accoglie e le rispetta, potranno vivere in pace in comunione tra loro e tutte ne usciranno arricchite. Perché se il motto e pluribus unum vuol dire qualcosa, non vedo perché non applicarlo nel Paese culturalmente più ricco e vario del Mondo. Perché se vogliamo e dobbiamo rispettare il cittadino e dargli la possibilità di esprimere se stesso al massimo, nella propria comunità locale, regionale, nazionale, continentale e globale, il federalismo è l’unica via per fare ciò in modo democratico.

Buon proseguimento a lei.


Vedi la discussione






Palmares