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Commento di

su Restare o fuggire dall'Europa questo il dilemma


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10 giugno 2014 08:01

Cara Concetta, evidentemente i nostri metalinguaggi (conosce?) differiscono notevolmente e c’inducono vicendevolmente in errore.

Allora cercherò di essere chiaro e lasciare il meno possibile all’interpretazione.

Il mio primo commento era vagamente scherzoso, poiché davo per scontato che un dilemma sia una contrapposizione irrisolvibile di due possibili decisioni opposte, la cui analisi elenca una serie di vantaggi e svantaggi per ognuna. Allora, il testo del suo articolo mi pareva che pendesse molto da una parte sola: per l’uscita dall’euro cita lo svantaggio dell’inflazione, e nessun vantaggio. Il pensiero di Stiglitz riportato non è un supporto (o vantaggio) alla tesi dell’uscita: egli propende per correggere le politiche europee, non per abbandonare l’euro. E poi l’articolo non elenca alcuno dei problemi (fosse pure uno solo) della permanenza nell’euro, ma solo un paventato vantaggio ("è come la salute: te ne accorgi quando viene a mancare").

A questo punto, con garbo, ho posto una domanda retorica: "è sicura che il suo sia un dilemma?". L’intento era sollecitare maggiori spiegazioni, perché lo sbilanciamento nel supporto delle due tesi poteva essere voluto, e quindi ironico, oppure involontario e quindi fallace.

Nella sua prima risposta lei poi mi rimanda alla "letteratura inglese" con un tono ("conosce?") che mi spiazza. Il dilemma amletico lo conoscono praticamente tutti, mi sembrava ovvio e troppo scontato... quel "conosce?" lasciava intendere qualche cosa di più raro. Ieri sera, vedendo sul comodino l’Amleto in versione bilingue sono giunto alla conclusione che probabilmente lei si riferisse proprio a quello. Va beh, cose che capitano.

E torniamo all’analisi del dilemma. Avrà capito che ho una mente poco flessibile, o forse estremamente puntigliosa. Se mi vuole aiutare, mi ripeta con parole chiare: dove, nel suo articolo, parla di un possibile vantaggio dell’uscita dall’euro?

Per quanto riguarda i possibili scenari della permanenza nell’euro, dico questo. Quando si parla di uscita, si parla di scenari futuri (per forza!). Per fare un confronto con la permanenza nell’euro, occorrerebbe ugualmente analizzare gli scenari futuri, giusto? Quello che ci ha portato l’euro, ma non dimentichiamo: l’euro insieme alle politiche europee insieme alla crisi mondiale, lo conosciamo. Per decidere una strategia dobbiamo prevedere quello che succederà, non quello che è successo. La crisi mondiale si sta avviando a conclusione, e le politiche europee sono suscettibili di correzioni. Il pensiero di Stiglitz auspica proprio questo, che in un contesto mondiale sano un’Europa più avveduta potrebbe aiutare a risolvere i problemi dell’Italia. E’ quindi un pensiero a supporto della permanenza, non dell’uscita.

Visto che non ero riuscito a farle cogliere questo mio desiderio di analizzare il futuro e non il presente, ho citato il fiscal compact, che non è ancora in vigore ma presumibilmente lo potrebbe essere in un prossimo futuro. La parola "baggianate" voleva essere ironica, ma pare che lei non abbia colto.

Lei sul fiscal compact parla di tegola che ci è caduta in testa. Strana affermazione. In genere le tegole cadono sulla testa di chi guarda altrove, non di chi appone firme e fa votazioni nel Parlamento Italiano! Capisco che lei intende che la tegola è caduta sulla testa del povero popolo italiano, fregato ancora una volta da una classe politica che prima diceva di non volerlo firmare e poi, con buona maggioranza (non solo PD), l’ha accolto.

Nel suo commento qui sopra poi arriva a darmi del piddino. Mi chiedo veramente che cosa possa averla spinta in quella direzione: in tutti i miei commenti non ho fatto il benché minimo accenno a qualche teoria politica, e neppure economica! Mi sono limitato a dire che trovavo l’articolo poco approfondito e sbilanciato, per cui il "dilemma" (contrapposizione) non mi sembrava eviscerato a sufficienza; ma va benissimo il il titolo e il senso generale.

Comunque, tanto per toglierle qualsiasi dubbio, io sono un grillino. Ma non pensi di catalogarmi facilmente per quanto riguarda permanenza o uscita dall’euro. In genere si pensa che i grillini siano a favore dell’uscita, e questo non è vero, ma nel mio caso è ancora meno vero. Sono certamente critico, nel vero senso non completamente dispregiativo del termine.

Le espongo brevemente le mie poche idee, anticipando che non sono un economista e anzi avrei piacere di conoscere di più (ecco la fonte della mia delusione nei riguardi del suo articolo).

L’ingresso nell’euro è durato diversi anni, e si è intrecciato con altre vicende. Dire "guardate come ci ha ridotto l’euro" è profondamente sbagliato. Sicuramente l’Italia ha fatto almeno due errori in questa fase di transizione: è mancato un controllo sull’evoluzione dei prezzi (però un conto è dirlo e un altro è farlo), ed è mancata la capacità di approfittare dei ridotti tassi bancari per aggredire il debito pubblico (ma, di nuovo, un conto è dirlo e un altro è farlo). Il debito pubblico è aumentato ma, cosa ancora peggiore, ci troviamo in una situazione economica povera e in stallo, con prospettive non buone. Il rischio di deflazione è reale, anzi mi pare già in corso, e la diminuzione dei tassi d’interesse da parte della BCE è la giusta reazione ma anche la prova che il problema esiste. La deflazione (il contrario dell’inflazione) è la cosa peggiore che possa capitare in economia. Non ci sono soldi! Soprattutto non ha soldi lo Stato, e quei pochi che ha sono spesi male (irap-irpef). In condizioni normali (no Euro+Europa), una serie d’investimenti aumentando il debito pubblico, e una sana svalutazione potrebbero far ripartire consumi, esportazioni e produzione. Ma allo stato attuale non possiamo fare ne’ una cosa ne’ l’altra: non possiamo aumentare il debito a causa delle regole europee, e non possiamo svalutare perché non abbiamo una moneta nostra. Quando il fiscal compact entrerà in effetto, sarà peggio ancora: si tratterà di racimolare 30-50 miliardi l’anno per 20 anni. Sono stati previsti sommovimenti sociali in Europa, se questa situazione permane.

Non si vede perché l’Europa dovrebbe allentare i vincoli che attualmente ci sono imposti. Una svalutazione dell’Euro farebbe comodo agli italiani ma, per il momento, non ai nostri alleati. Può essere che possano essere allentati i vincoli sul debito pubblico, ma non di molto, poiché il nostro debito pubblico sarebbe formato dai soldi altrui... che non sono contenti di fare regali a una nazione che li impiega male, una nazione dove c’è troppa gente che guadagna senza produrre. E’ molto meglio per i nostri alleati rischiare poco, lasciare che ci arrangiamo tagliando lo stato sociale (se non siamo capaci a fare altro), e magari usarci pure come mercato di vendita.

La morale della favola: per rimanere nell’Euro senza soffrire gli italiani dovrebbero essere capaci di risolvere i loro problemi annosi: la corruzione (60-70 miliardi l’anno con i quali pagare il fiscal compact); la burocrazia e l’inefficienza dell’apparato statale e della giustizia, per recuperare competitività. Ma non basta: dobbiamo scordarci di continuare a produrre cose che in Cina costano un quinto che da noi. La battaglia è senza scampo, e lo sarà per i prossimi 50 100 anni. In questo momento abbiamo ben poco di promettente: moda, cibo, turismo, ma stiamo riuscendo a vanificare pure quelle cose.

Sinceramente non credo che avremo la forza di darci la regolata che servirebbe. Lo scenario probabile sono anni e anni di sacrifici, con disoccupazione in aumento, pil in decrescita, divario tra ricchi e poveri in aumento e stato sociale da terzo mondo. Una specie di Grecia, fino a uno stravolgimento, violento o meno, con l’uscita dall’euro e risalita faticosa della china.

Un’alternativa e attenuante allo scenario catastrofico sarebbe la possibilità di cambiare le regole. L’Europa al momento non sembra disposta, ma la Francia comincia ad avere i nostri stessi problemi e la Germania si renderà conto, se non subito fra qualche anno, che la situazione è insostenibile. Vedremo.

Il lato positivo della permanenza nell’Euro è uno solo: una moneta stabile. Stabile ma troppo apprezzata. Bassi tassi d’interesse che non invogliano a investire e ridistribuire. Questa moneta, combinata con le regole europee, è micidiale.

Per quanto riguarda l’uscita dall’Euro, ci sono molte incognite. Nel suo articolo lei parla d’inflazione come se fosse una catastrofe, ma l’inflazione ha i suoi lati positivi e non va confusa con l’inflazione esterna o deprezzamento della moneta. Noi avremmo proprio bisogno di deprezzamento della moneta, per facilitare le esportazioni, e un po’ d’inflazione per far circolare il denaro in Italia. Il debito pubblico è detenuto per il 70% in Italia: la svalutazione su quel 70% non avrebbe effetti. La svalutazione di un’ipotetica Lira avrebbe lo svantaggio di pagare più cara l’energia che importiamo (rendendo più competitiva quella che produciamo noi), e in generale ciò che acquistiamo dall’estero. Ma avrebbe diversi effetti positivi: l’incremento delle esportazioni; l’incremento della produzione interna (mangeremmo di più le arance nostre invece di quelle spagnole, compreremmo più automobili prodotte in Italia invece che in Germania). Attireremmo più turismo e più capitali stranieri; una parte delle industrie che hanno delocalizzato potrebbero tornare in Italia. Sovente si fanno paragoni con vicende simili (pesanti svalutazioni) accadute altrove, per esempio in Argentina. Quelle vicende non sono state totalmente negative, ma soprattutto l’Italia non è l’Argentina. Solo una decina di anni fa eravamo il paese più industriale d’Europa, mi scusi se è poco. Forse (forse, perché è impossibile prevedere il passato) se non avessimo aderito all’Europa staremmo molto meglio.

Sull’uscita dall’Euro si dimentica poi quasi sempre di pensare che, come per entrarci ci sono voluti 10 anni, per uscirne bisognerebbe impiegarne altrettanti. Le catastrofiche visioni di svalutazioni improvvise al 60%, di gente che corre in banca a ritirare tutti i soldi (con quale speranza, poi?) sono fandonie. Anzi, è vero il contrario. Nel momento di massima crisi dell’euro ci sono state simulazioni di catastrofi simili, e ci siamo andati vicini. Questo lo sanno in pochi, però.

Insomma, abbiamo due strade; la prima, più o meno predicibile, è la permanenza nell’euro, percorribile solo con sforzo (del popolo) e a patto di un allentamento delle regole pena una catastrofe invitabile. La seconda, piena d’incognite, può essere più allettante se gestita attentamente. In entrambi i casi ci vogliono capacità politiche e determinazione politica, due cose che storicamente mancano agli italiani. Per me, il dilemma è questo. Se i politici italiani fossero migliori di quello che sono, vedrei di buon occhio un progetto europeo, se possibile. Buoni ideali, fantasia, un po’ di spirito di sacrificio da parte di tutti ci porterebbero nel terzo millennio. Ma, se i politici italiani fossero bravi, e quelli europei molto meno, sarebbe meglio uscire dall’euro. In entrambi i casi, io non conterei molto sulla bontà dei politici italiani. Il dilemma per me rimane irrisolto.

Cordiali saluti,

Gottardo


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