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Commento di radi33

su Il posto fisso è noiso quando è una scelta e non quando è una necessità


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radi33 4 febbraio 2012 00:29

Disamina ineccepibile. E’ la fotografia della realtà dei fatti da almeno due decenni in Italia, con il sindacato in posizione sempre più marginale, esclusi i grandi ed inutili proclami e la contemporanea tendenza alla crescita di raccomandati a tutti i livelli, con le relative conseguenze negative sul piano della convivenza sociale e della fiducia per il mercato del lavoro.
Oltre a questo vi è da aggiungere un punto sempre ignorato: l’obiettivo di vita del singolo cittadino.Per delinearlo occorre un comune o almeno condiviso fine. Il lavoro è uno degli aspetti della vita dell’uomo e non può essere il suo unico fine. Ma nel nostro contesto sociale, imposto dall’economia ed ora dalla grande finanza internazionale, esso assume un rilievo primario, ineludibile, per chi non possa vivere di rendita dalla nascita. 
Ecco che il posto di lavoro diviene non l’ambito nel quale applicare le proprie capacità, accrescerle e fornire in tal modo un contributo attivo anche al benessere generale, visto che l’uomo è un essere sociale, ma una situazione indotta, dalla quale trarre, forzatamente, per tutta la vita il proprio sostentamento. Solo pochi fortunati possono ottenere una situazione lavorativa che consenta una conduzione di vita commisurata alle spese derivanti dal modello imposto. E questo modello prevede continue stimolazioni all’incremento dei propri costi di vita, innescando una spirale di guadagno/spesa, pressochè inesauribile, ma divenuta fondamento della nostra economia.
Elementi fondamentali della vita dell’uomo, quali: la procreazione, la proprietà della capanna, divengono in tal modo elementi produttori di costi e di speculazioni (gli immobili), ai quali si debbono necessariamente aggiungere i costi per la sopravvivenza biologica e quelli indotti dal sistema dei servizi nel quale viviamo. Per ultimo, ma non per questo, trascurabile, va contemplato anche il costo relativo al lavoro, che oggi implica trasferte quotidiane dalla propria residenza al luogo di lavoro ed altri innumerevoli connessi.
E’ evidente e banale che in una situazione oggettiva ove non sia possibile scegliere di programmare altrimenti la propria vita, pena l’annichilimento e l’elarginazione sociale, l’individuo ed il giovane in particolare, tenti di orientarsi verso la situazione lavorativa che gli possa consentire una minima tutela a garanzia delle varie temperie sopra in minima parte citate. Ciò tuttavia, non corrisponde che minimamente ai reali desideri di realizzazione personale, creando sovente stati di frustrazione, di insofferenza al lavoro svolto, che sfociano in comportamenti disfunzionali all’armonia sociale ed allo sviluppo economico del Paese.
Qui prodet da tanto sfascio? L’egoismo e la bramosia di guadagno di pochi, verso i quali molti, troppi, pagano tributo, venendo ora anche additati come lavativi e fannulloni, mentre sono i modesti, silenziosi ed operosi fautori dell’illecito benessere di cotanti cialtroni d’infima specie, ammantati da un’egida di onestà e benedetti dal signore, ai quali è affidato il governo della nazione, mediante leggi elettorali burlesche per una democrazia ed un uso "disinvoltamente fraudolento" delle troppe leggi in essa vigenti. 

 


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