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su In Sicilia nessuna rivoluzione. Ecco chi c'è dietro


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18 gennaio 2012 22:13
La Sicilia e le accise petrolifere. Vediamoci chiaro.
 
E’ una battaglia che va avanti da 50 anni.

Una battaglia sotterranea, condotta inizialmente da una èlite politica (i padri dello Statuto Siciliano) che nel tempo ha destato l’interesse di un numero crescente di siciliani.

Parliamo della battaglia per le accise petrolifere. In soldoni si tratta di circa sette miliardi di euro l’anno che lo Stato trattiene sui prodotti petroliferi raffinati in Sicilia.

Finora, il ritornello è stato questo:

a Roma i soldi, alla Sicilia l’inquinamento.!!!

Siamo noi che raffiniamo 40 milioni di tonnellate di greggio per un valore di 38 miliardi di euro, siamo noi che versiamo 8 miliardi di accise allo Stato, esportiamo gas ed elettricità, ma di tutto questo non ne vediamo alcun utile a parte il territorio violentato, l’ inquinamento, le leucemie, i tumori aumentati a livello esponenziale......

Maledette accise. Le imposte sui consumi applicate sui carburanti, contestate da associazioni dei consumatori e dei gestori, sono tante e sempre più esose. Il loro effetto, che agisce non proporzionalmente in relazione al valore (come l’IVA, per intenderci) ma alla quantità, combinato alle quotazioni in salita del petrolio hanno fatto letteralmente esplodere i prezzi di benzina e gasolio.

Le associazioni che rappresentano i benzinai ne chiedono l’abolizione, ma nell’ultima manovra economica hanno dovuto incassare l’inserimento in pianta stabile di due nuove accise: quella per finanziare l’emergenza immigrazione e quella per ripristinare almeno in parte i tagli alla cultura decisi nella legge finanziaria del 2010. Si tratta quindi di teoriche “imposte di scopo”, vale a dire legate ad un evento contingente, ma nel corso della storia italiana raramente sono state eliminate nonostante sia passato (tanto) tempo dalla fine della necessità che ne aveva ispirato l’introduzione.

Tanto per avere un’idea ancora oggi paghiamo 0,001 euro per finanziare la guerra in Abissinia del 1935.

In realtà l’accisa sarebbe una tassa di scopo, finalizzata cioè a un’emergenza da sanare.

Ecco la lista di quali accise e in che proporzione sono tuttora riscosse dallo Stato:

    - 0,001 euro per la guerra di Abissinia del 1935; - 0,007 euro per la crisi di Suez del 1956;
    - 0,005 euro per il disastro del Vajont del 1963; - 0,005 euro per l’alluvione di Firenze del 1966;
    - 0,005 euro per il terremoto del Belice del 1968; - 0,051 euro per il terremoto del Friuli del 1976;
    - 0,039 euro per il terremoto dell’Irpinia del 1980; - 0,106 euro per la missione in Libano del 1983;
    - 0,011 euro per la missione in Bosnia del 1996; - 0,020 euro per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004;
    - da 0,0071 a 0,0055 euro per il finanziamento alla cultura nel 2011; - 0,040 euro per far fronte all’emergenza immigrati dovuta alla crisi libica del 2011.

In totale sono si tratta di 0,26 centesimi per ogni litro a cui vanno sommate altre tasse, IVA inclusa. Dal primo gennaio gli aumenti stabiliti dalla manovra porteranno il peso del fisco per ogni litro di carburante a 0.5716 Euro/Litro per la benzina e 0.4306 per il gasolio. Nel 2014 queste cifre dovrebbe calare fino a 0.5695 €/l e 0.4285 €/l, salvo che nel frattempo non ci sia da finanziare un’altra, eterna, emergenza.......

Le accise devo rimanere alla Sicilia, oppure bisogna pensare ad una redistribuzione piu’ equa!

Allo stato dell’ arte la Sicilia è del tutto dimenticata dal governo centrale.

I siciliani forse non sono poi cosi’ tonti, la consapevolezza avanza in tutte le categorie!


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