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Commento di

su Liberalizzazione dei taxi: un'alternativa alla protesta


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16 gennaio 2012 11:02

Mi permetto di fare un appunto a quanto scrive: liberalizzare non è sinonimo di privatizzare, non ha nulla a che vedere con l’intervento o meno dello Stato. E non è sinonimo nemmeno di assenza totale di regole, cioè anarchia.
Liberalizzare significa eliminare o almeno limitare le barriere all’ingresso di una professione, in modo tale che chi ha titolo o le capacità per svolgerla non abbia altro inibitore che la concorrenza degli altri operatori e la capienza del mercato ad assorbire più operatori di quelli esistenti. Oppure, significa abolire le tariffe minime, cioè quella forma di cartello che mira a limitare la legge della domanda e dell’offerta e a garantire dei guadagni supeiori a quelli che si avrebbero in un regime di sana concorrenza.
Chiede se per caso anche i lavoratori dipendenti siano in qualche modo una casta? Se prendiamo i lavoratori a tempo indeterminato e li paragoniamo ai precari, sì, lo sono anche loro (attenzione, io sono una dipendente, quindi mi ci metto dentro anch’io!).
E’ ovvio che non si possa generalizzare, ma il contratto a tempo indeterminato senza alcuna flessibilità all’uscita purtroppo si presta a storture e a creazione di rendite di posizione (casi di persone la cui produttività al lavoro è minima o inesistente grazie al posto di lavoro ipergarantito, sono tristemente noti)
Sono d’accordo con lei sul fatto che i taxi non siano la priorità numero uno, e anche che vada prevista la tutela dell’investimento fatto per la licenza.
Ma è un fatto, e ognuno di noi deve comincare a farsene una ragione, che per molti anni abbiamo vissuto al di sopra delle nostre possibilità, ricevendo più di quanto abbiamo dato e prodotto. Ora siamo costretti a dare e produrre più di quanto riceviamo.


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