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Commento di Claudio Paudice

su Libia e le menzogne dei media. Testimoni raggiunti telefonicamente ci raccontano un'altra verità


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Claudio Paudice 23 agosto 2011 19:30

Sembra quasi che Repubblica, il FattoQuotidiano, il Corriere della Sera, la Stampa l’Ansa ecc abbiano degli interessi economici in Libia da salvaguardare, a causa dei quali si fanno "arma" del governo riportando i fatti in una certa versione, oppure siano sotto ricatto. Viene scartata a priori invece l’ipotesi che essi siano semplici giornalisti che, in assoluta buona fede, fanno il loro mestiere descrivendo ciò che vedono o ciò che sanno attraverso fonti ritenute affidabili. Non sto dicendo che l’informazione in Italia non abbia delle pecche. Ne ha eccome. Ma a liquidare sempre le vicende parlando di complotti, di interessi, di lobby che hanno le mani in pasta ovunque, di truffe mediatiche si travisa completamente la realtà.  A volte è ovvio si può sbagliare (es: si riteneva fosse stato catturato il figlio di Gheddafi Saif al Islam, invece risultato libero. I giornali hanno rettificato, affermando che persino la corte dell’Aja aveva diffuso la falsa notizia, che in un contesto di guerra ci può stare). Allora, partendo dalla "visione differente di quanto sta accadendo in Libia" bisogna prendere una posizione: I giornali dicono il falso perchè incompetenti o perchè in malafede? Delle due, l’una. Se perchè incompetenti, cari maestri del giornalismo on-line, insegnate voi come si esercita la professione. Voi che di esperienza e soprattutto di preparazione ne avete di meno dei giornalisti professionisti di testate affermate. Se perchè in malafede, beh, su questo ammetto di non saper rispondere. Perchè di fronte a una totale rimozione della realtà anche l’intento di esprimere un’opinione non può trovare una sorte diversa dal silenzio. 

 

Sulla morte di Bin Laden non c’è da giocarci su: Morte fantasma, manovra mediatica, chi diceva:" Ma come proprio ora che Obama cala nei sondaggi" chi urlava al complotto, chi diceva che era scappato e via dicendo. L’informazione on-line si è data una bella coltellata da sola in quei giorni. Ma a parte questo, chi difende a spada tratta la cd. controinformazione non deve dimenticare un punto importante: ovvero che chi scrive non lo fa per se stesso, ma per una comunità, verso cui ha una RESPONSABILITA’ MORALE( almeno secondo la Carta dei Doveri, la legge 69/63, numerose sentenze della Consulta, la Costituzione e il Codice Penale). Se si scrive una cazzata il lettore crederà a quella cazzata. I giornalisti, quelli veri, ne rispondono sia sul piano disciplinare che su quello penale. I giornalisti "partecipi" invece no. Loro non hanno il dovere giuridico di rettifica, nè tantomeno quello morale di chiedere scusa. Loro sono al di sopra della legge. E solo loro sono mossi dai più illibati intenti. Sebbene si rivelino spesso degli incompetenti.  


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