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su Un sì al nucleare da un iscritto al PD


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5 aprile 2011 04:00

Più di 10.000 persone sono morte nello tzunami giapponese e i sopravvissuti patiscono il freddo e la fame. Ma i media si concentrano sulle radiazioni nucleari per le quali non è morto nessuno ed è improbabile che ne muoiano in futuro.
Le radiazioni nucleari a livelli molto alti sono pericolose, ma le preoccupazioni che evocano sono esagerate. La tecnologia nucleare è usata per curare molti malati di cancro ogni giorno e la dose di radiazioni utilizzata nella radioterapia in ospedale non è diversa in linea di principio da una una dose della stessa entità che si riceve nell’ambiente.
E Three Mile Island? Non ci sono stati morti accertati a causa delle radiazioni. E Chernobyl? L’ultimo rapporto delle Nazioni Unite pubblicato il 28 febbraio conferma il numero dei morti: 28 tra gli operatori della prima emergenza, altri 15 casi mortali di cancro infantile alla tiroide, questi ultimi si sarebbero potuti evitare se fossero state somministrate le compresse di iodio (come è stato fatto in Giappone). In ogni caso i numeri sono piccoli se paragonati ad incidenti come quello di Bhopal in India del 1984 dove morirono 3.800 persone a causa di una fuoriuscita di sostanze chimiche provenienti da un impianto per la produzione di pesticidi della Union Carbide.
Non c’è niente di misterioso nelle radiazioni nucleari. A Piazza San Pietro ci sono tre volte le radiazioni di Tokio. Questo perchè il porfido della pavimentazione è ricco di Torio. Niente paura, non dobbiamo evacuare il Papa anche se vive con le radiazioni uguali a quelle di Chernobyl di oggi, molto maggiori tra l’altro di quelle che assume un fumatore accanito (un pacchetto e mezzo di sigarette al giorno). Le radiazioni nucleari negli ospedali di tutto il mondo hanno salvato milioni di malati di cancro e si tratta di dosi ben maggiori di quelle di Fukushima. Dobbiamo evitare che l’ambientalismo diventi un culto. Un culto pagano dove si crede per fede e non si accettano ragionamenti scientifici contrari ai dogmi. Abbiamo bisogno di un’approccio verso l’ambiente meno fideistico e più razionale e soprattuttto lontano dalla strumentalizzazione politica


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