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Commento di errico centofanti

su Terremoto dell'Aquila: evitare il funerale di un'opera d'arte


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errico centofanti 26 giugno 2009 11:21
Del tutto concorde con Emanuela Medoro. Evitare il funerale non vuol dire fabbricare falsità: lontano da me qualsiasi apprezzamenti per quegli orrori del costruire in falso gotico o falso barocco. Bisogna parlare la lingua del proprio tempo, in ogni senso. Non per caso, quando penso al centro storico dell’Aquila, evito il termine “ricostruzione” e scrivo “ricostituzione”. Quel che io ritengo si debba fare è ripetere, pari pari, quanto fecero gli aquilani del Settecento: del pregresso salvarono e risanarono tutto il salvabile e per il resto chiamarono da Napoli e da Roma eccellenti architetti e capimastri per fabbricarono nello stile del proprio tempo. Fu cosí che nacque L’Aquila barocca. La futura bellezza del centro storico “ricostituito” scaturirebbe di nuovo dall’armoniosa coesistenza di un novissimo genialmente concepito e di tutto l’antico sapientemente risanato. Disgraziatamente, però, questi son ragionamenti che per ora appartengono al mondo dei sogni: fatti salvi pochi casi (grandi emergenze monumentali e edifici “raccomandati”), il centro storico dell’Aquila lo si sta lasciando sbriciolare. Come si sta lasciando sbriciolare la comunità che lo teneva in vita. Il calcolo è limpidamente percepibile: equità imporrebbe di applicare anche all’Aquila le regole giustamente utilizzate per il Friuli, l’Umbria e le Marche, il che adesso sarebbe fattibile solo generando i fondi necessari attraverso l’introduzione di un’apposita imposta. Lo sbriciolamento dei fabbricati per via naturale e quello della comunità attraverso tutti i meccanismi finora attuati è per ora l’unica, rapida, economica e efficace soluzione messa a disposizione della comunità nazionale per chiudere il caso apertosi nella notte tra il 5 e il 6 d’Aprile.
Errico Centofanti

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