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Attualità siriana, qualche domanda a Khaled Nasser

di Giacomo Galeno, per SiriaLibano

L’evoluzione della crisi siriana non smette di stupire: dal movimento pacifico, laico e anti-autoritario per la democrazia, erede della “primavera araba”, all’arrivo dei jihadisti che sostengono di combattere la “guerra santa” e la proclamazione del Califfato. Di questo e di altro si è parlato durante il convegno organizzato dall’associazione “Siria libera e democratica” tenutosi a Roma. Il convegno è stato un’occasione per fare un quadro della situazione e discutere delle prospettive future della rivoluzione siriana.

Tra i giornalisti, le personalità della società civile e gli esperti di crisi umanitarie che sono intervenuti e che hanno toccato i diversi aspetti della situazione siriana, Khaled Nasser, presidente della Corrente popolare libera e membro della Coalizione nazionale siriana (Cns) ha cortesemente concesso una breve intervista a SiriaLibano. La Cns è costituita da gruppi moderati (laici e confessionali) di opposizione al regime siriano. Creata nel novembre del 2012 per dare alle diverse correnti dell’opposizione all’estero una piattaforma comune, si propone come promotore delle rivendicazioni all’origine della rivoluzione siriana: libertà, dignità e democrazia.

Di seguito il testo dell’intervista:

Il tentativo di dialogo promosso dall’Onu con la conferenza di pace Ginevra 2 – com’era prevedibile – è fallito. Qual è ora la strategia della Coalizione nazionale siriana?

Noi continuiamo la rivoluzione, abbiamo avuto un atteggiamento molto positivo a Ginevra quindi ora la palla è nel campo della comunità internazionale. Noi siamo, come siamo sempre stati, favorevoli a una soluzione pacifica e politica. Il problema è il regime che, come è ben noto, ha cercato fin dall’inizio la soluzione militare, di conseguenza il mondo deve fare qualcosa per far cambiare gli equilibri sul terreno. Solo così si potrà costringere il regime a negoziare.

Ciò che vogliamo sia ben chiaro, è che questa non è una lotta tra regime ed opposizione, ma è una rivoluzione. Questa rivoluzione è scoppiata perché il popolo ha chiesto il rispetto di standard minimi di libertà, dignità e democrazia. Il regime ha annientato lo spazio politico, ha emarginato la popolazione dallo spazio politico. La rivoluzione è scoppiata dopo anni di repressione da parte di un regime che non è altro che una banda criminale a carattere confessionale, una famiglia regnante che ha derubato il Paese e la popolazione delle sue risorse. Le cancellerie internazionali hanno creduto nella possibilità di cambiamento di questo regime, ma questo è falso, non è possibile.

I gruppi rivoluzionari laici, legati alla Cns e all’Esercito siriano libero (Esl), come stanno riorientando la loro lotta anche alla luce dell’evoluzione degli equilibri sul campo che già da qualche tempo vede l’emergere di forze islamiste, Jabhat al Nusra e lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante, e soprattutto dopo il recente annuncio della nascita del Califfato?

Il regime sta utilizzando il terrorismo: ciò che noi vediamo in Siria (la recrudescenza di gruppi fondamentalisti islamici) è un prodotto del regime, che pubblicamente dice di combattere il terrorismo islamico, ma in realtà lo sostiene perché ne viene legittimato. La maggior parte dei leader di questi gruppi fondamentalisti fanno parte o hanno contatti con i servizi segreti siriani. Inoltre, molti di loro sono stati liberati dalle prigioni siriane e irachene proprio da questi due regimi. La rivoluzione vuole uno stato laico e libero. La rivoluzione oggi combatte su due fronti: contro un regime dittatoriale, violento e confessionale, e contro i gruppi islamisti che cercano di imporre il Califfato.

Un’ultima domanda sul contesto regionale all’interno del quale i siriani stanno combattendo la loro rivoluzione. Quale pensa che sia l’opinione delle potenze regionali, Iran, Arabia Saudita, Israele, che sicuramente stanno esercitando una forte influenza, riguardo alla prospettiva di una Siria democratica?

Nessuno di questi Stati ha interesse ad una Siria libera, laica e democratica. Questi regimi sono dittatoriali, ognuno a suo modo e con un’etichetta diversa – laica o religiosa. Non hanno alcun interesse a vedere una transizione democratica in Siria – ne siamo consapevoli. Sappiamo anche che ognuno di questi Stati si è messo in gioco in Siria per difendere degli interessi specifici. Ad esempio noi siamo sostenuti dall’Arabia Saudita, ma sappiamo che l’interesse che lega i sauditi all’Iran, non è lo stesso che lega noi ai sauditi. Siamo consapevoli del nostro progetto ed accettiamo gli aiuti dell’Arabia Saudita perché in questo contesto “il nemico del nostro nemico è nostro amico”.

 

Giacomo Galeno

Questo articolo è stato pubblicato qui

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