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I rischi reali del bicameralismo etico

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Sarà anche un’estate atipica questa del 2014, caratterizzata da perturbazioni atmosferiche in successione e da temperature che di estivo hanno poco, ma c’è un posto in Italia dove invece le temperature sono a dir poco roventi; è il Senato della Repubblica, chiamato a deliberare sulla riforma della Costituzione e in particolare sulla sua totale trasformazione da camera paritaria a camera differenziata, sia nei criteri di formazione che nelle competenze. In questa fase di forte contrapposizione politica ha trovato posto anche un dibattito sui cosiddetti temi etici. E qui le fiamme si sono fatte pure altine.

Tutto è partito da uno dei tanti emendamenti che le opposizioni hanno presentato nel tentativo di rendere la vita difficile alla maggioranza, emendamento di fatto trasversale poiché recava le firme di Candiani (Lega), Scilipoti (Fi) e Casson (Pd). L’obiettivo era quello di introdurre, in un contesto dove il Senato non concorrerebbe ad esercitare il potere legislativo se non per questioni limitate, una sorta di bicameralismo perfetto in materia di temi etici. O meglio, non esattamente per i temi etici in generale, definizione talmente vaga che potrebbe includere tutto e il contrario di tutto, ma solo per quelli di cui agli articoli 29 e 32 della Costituzione, ovvero in materia di matrimonio e sul diritto a ricevere e rifiutare cure sanitarie. In teoria non dovrebbe essere compreso null’altro, altri temi come le unioni civili, le varie forme di discriminazione, l’eutanasia, dovrebbero rimanere di competenza esclusiva della Camera dei deputati, ma sappiamo tutti come la pratica possa essere molto diversa, specialmente quando si parla di questioni che interessano la visione moralista di quanti fanno riferimento a una religione.

Fatto sta che l’emendamento è stato approvato con appena sette voti di scarto, oltre che con disordini e incidenti più consoni alla curva di uno stadio che a una camera parlamentare. Il regolamento del Senato ammette il voto segreto quando l’argomento in discussione riguarda appunto i temi etici, in modo da favorire il voto secondo coscienza e limitare l’influenza dei partiti. Sulla base di questa regola il presidente Grasso ha concesso di votare segretamente. In realtà il dibattito sembrava essere squisitamente politico, parlare di riforme costituzionali non dovrebbe avere valenza etica così come discutere della tubazione del gas non è alta cucina, ma tant’è: e nel segreto dell’urna la maggioranza è stata sconfitta. Anche qui in modo abbastanza trasversale, visto che verosimilmente avranno votato a favore tutte le opposizioni, che spaziano dalla Lega a Sel passando per l’M5s, ad eccezione di Fi che sostiene la riforma del governo, e chiaramente anche vari pezzi della maggioranza che è già eterogenea di suo.

Bipartisan sono anche i commenti di disapprovazione su quanto è successo e sulle possibili conseguenze. Ivan Scalfarotto (Pd), sottosegretario del governo alle riforme, non vede problemi per la riforma nel suo complesso ma parla di “danno alle battaglie per i diritti civili, costrette al pantano bicameralista”. A ben vedere però le cose sembrano stare esattamente all’opposto. La riforma così come modificata dall’emendamento approvato risulta incoerente perché si è intervenuto sull’articolo 55 della Costituzione, che descrive sommariamente la struttura del Parlamento e rimanda a “modalità stabilite dalla Costituzione” per quanto riguarda le competenze legislative del Senato, mentre avrebbe avuto più senso apportare una simile modifica all’articolo 70 che descrive appunto le rispettive competenze delle due camere.

Purtroppo quando si sommerge una discussione di emendamenti capita che proposte sensate vengano scartate e che altre sottoposte solo per “fare numero” passino, quindi adesso occorrerà intervenire con altre modifiche per rendere la nuova Costituzione quantomeno passabile dal punto di vista estetico. Anche per quanto riguarda i diritti civili non sembra esserci il danno paventato, intanto perché appunto la modifica interviene su due soli argomenti, e poi perché l’assunto secondo cui l’abbreviamento del percorso parlamentare incida positivamente è tutto da dimostrare. Tanto per fare un esempio, il famigerato ddl Calabrò sul testamento biologico fu approvato da entrambe le aule e dalle rispettive commissioni parlamentari, sarebbe bastata l’approvazione definitiva del Senato per renderlo legge dello Stato. Fortunatamente la fine della legislatura scongiurò il pericolo, cosa che non sarebbe mai potuta avvenire in un Parlamento “riformato” come da proposta attualmente in discussione.

Per Lucio Malan (Fi) il pericolo è invece un altro. Intervistato dalla trasmissione di Radio1 Zapping il senatore forzista considera illogico che un Senato formato dai consigli regionali si occupi di temi etici, semplicemente perché le regioni sono per la maggior parte di sinistra e, naturalmente, lui non gradisce le posizioni di buona parte della sinistra. Per la verità, se qualcosa di illogico c’è è il pensare che la situazione attuale possa diventare in qualche modo standardizzata e che quindi il Senato sarà sempre di sinistra, ma sappiamo bene che solo raramente i politici italiani sono stati dotati di lungimiranza. Ciò che conta per loro è quasi sempre la convenienza del momento, non gli effetti a lungo termine, e da questo punto di vista non sembra che l’emendamento Candiani abbia introdotto pericoli di sorta per le battaglie sui temi eticamente sensibili. Almeno non più di quelli che ci sono sempre stati anche con il bicameralismo perfetto.

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