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Howard Mumma e il maldestro tentativo di cristianizzare Albert Camus

Gio­van­ni Gae­ta­ni *

camus

Non è la pri­ma vol­ta che ac­ca­de — e non sarà di cer­to l’ul­ti­ma. Così come fu, ad esem­pio, per Leo­par­diGram­sciCar­duc­ci e Vol­tai­re, an­che la me­mo­ria di Al­bert Ca­mus è sta­ta in­fat­ti di­stor­ta dal­la so­li­ta ocu­la­ta, si­ste­ma­ti­ca “con­ver­sio­ne po­stu­ma”.

Il mec­ca­ni­smo mes­so in atto è sem­pli­ce e in­fal­li­bi­le: in­di­vi­dua­to un au­to­re di­chia­ra­ta­men­te non cre­den­te, si aspet­ta con pa­zien­za la sua mor­te e, con una tem­pi­sti­ca sviz­ze­ra, ecco sal­tar fuo­ri una te­sti­mo­nian­za ora­le di qual­che per­fet­to sco­no­sciu­to, il qua­le so­stie­ne, con di­sin­vol­tu­ra e sin­ce­ro can­do­re, che quel­lo stes­so au­to­re avreb­be con­fes­sa­to a lui (e solo a lui) la vo­lon­tà di con­ver­tir­si pri­ma di mo­ri­re.

L’o­biet­ti­vo in­con­fes­sa­to dei fau­to­ri di que­sti “stra­ta­gem­mi apo­lo­ge­ti­ci” è tri­pli­ce:

1) ven­de­re mol­te co­pie del pro­prio li­bro, sia tra i de­trat­to­ri che tra i so­ste­ni­to­ri del­la tesi del­la con­ver­sio­ne; 2) far­si un nome e ot­te­ne­re una po­po­la­ri­tà al­tri­men­ti ir­rag­giun­gi­bi­le;

3) mi­na­re, una vol­ta e per sem­pre, la cre­di­bi­li­tà del­l’au­to­re in que­stio­ne.

In­ten­dia­mo­ci: i let­to­ri più fe­de­li e at­ten­ti sa­pran­no ri­co­no­sce­re con fa­ci­li­tà l’in­fon­da­tez­za e la ma­la­fe­de di si­mi­li te­sti­mo­nian­ze, ma a nul­la ser­vi­ran­no le loro pro­te­ste, per­ché or­mai la no­ti­zia sarà rim­bal­za­ta ovun­que in rete; in men che non si dica, il fal­so sto­ri­co crea­to ad hoc ver­rà già ri­por­ta­to come fon­te at­ten­di­bi­le.

Il li­bro di Ho­ward Mum­ma Al­bert Ca­mus and the Mi­ni­ster è sta­to pub­bli­ca­to in in­gle­se nel 2000 da una nota casa edi­tri­ce cat­to­li­ca ame­ri­ca­na, la Pa­ra­cle­te Press, la qua­le si pone espli­ci­ta­men­te come mis­sio­ne “di pub­bli­ca­re li­bri, mu­si­ca e vi­deo che ci ri­cor­di­no di non per­de­re mai la spe­ran­za nel­la mi­se­ri­cor­dia di Dio”. L’au­to­re, pa­sto­re pro­te­stan­te ame­ri­ca­no, so­stie­ne di aver in­con­tra­to Ca­mus più vol­te du­ran­te il suo sog­gior­no pres­so la Chie­sa Ame­ri­ca­na di Pa­ri­gi, a tal pun­to da di­ven­ta­re suo ami­co in­ti­mo e con­si­glie­re spi­ri­tua­le, fino a quel gior­no non me­glio pre­ci­sa­to in cui Ca­mus avreb­be espres­so la vo­lon­tà di bat­tez­zar­si nuo­va­men­te, tro­van­do l’op­po­si­zio­ne del­lo stes­so Mum­ma, il qua­le si sa­reb­be op­po­sto so­ste­nen­do che a) non ci pos­sa bat­tez­za­re due vol­te quan­do il pri­mo bat­te­si­mo è cer­to; e che b) Ca­mus non era pron­to per en­tra­re a far par­te pub­bli­ca­men­te del­la Chie­sa di Cri­sto (pp. 90-93).

Il re­so­con­to di Mum­ma è tan­to sur­rea­le quan­to mal­fat­to: non solo per i tan­ti ma­ni­fe­sti er­ro­ri cro­no­lo­gi­ci e le in­con­gruen­ze bio­gra­fi­che (vedi li­sta sot­to), ma an­che e so­prat­tut­to per l’in­ge­nui­tà e l’in­fan­ti­li­smo con i qua­li si sa­reb­be espres­so Ca­mus, alla stre­gua di un bam­bi­no di sei anni che sen­te no­mi­na­re per la pri­ma vol­ta la pa­ro­la “Dio” e vor­reb­be ca­pi­re di cosa si trat­ta. In ef­fet­ti, sa­reb­be qua­si inu­ti­le en­tra­re nei par­ti­co­la­ri, es­sen­do il li­bro di Mum­ma un’e­nor­me e pa­le­se im­po­stu­ra. Ep­pu­re in mol­ti han­no cre­du­to al­l’o­ne­stà del­l’au­to­re, dan­do per as­so­da­to che il suo re­so­con­to fos­se ve­ri­tie­ro e non in­ven­ta­to. Per pru­den­za e per cor­ret­tez­za, dun­que, ho sti­la­to una li­sta de­gli er­ro­ri più im­por­tan­ti:

  1. Camus non ha mai incontrato Simone Weil e ha espresso più volte il suo rammarico per la morte prematura dell’autrice (1943); secondo Mumma, invece, Camus avrebbe incontrato Simone Weil con regolarità per anni, a distanza di poche settimane (“every few weeks”, “over a period of several years”, pp. 41-47);
  2. Camus entrò a far parte del Partito Comunista Algerino nel 1935 e ne uscì alquanto velocemente nel 1937, PRIMA della seconda guerra mondiale e della scoperta dei campi di concentramento nazisti; secondo Mumma, invece, Camus “joined the Communist Party” dopo la seconda guerra mondiale e proprio in risposta alle “atrocità di Hitler” (pp. 11-12);
  3. Camus non si è affatto suicidato come sostenuto dall’autore (p. 98), bensì è morto in un incidente stradale come semplice passeggero — il conducente era infatti Michel Gallimard;
  4. Camus pubblicò Lo Straniero prima de Il mito di Sisifo e non viceversa, come sostiene Mumma (pp. 12-13);
  5. la tesi di laurea di Camus era su “Metafisica cristiana e neoplatonismo”, non sul “neoplatonismo con enfasi su Plotino” (p. 11);
  6. Mumma ammette più volte nel libro (p. 8, 18 e altrove) di non saper parlare né comprendere il francese; allo stesso tempo, l’inglese di Camus e di Sartre era alquanto povero se non nullo; sorge dunque il dubbio di come egli potesse intendersi con i suoi interlocutori francesi con tanta facilità.
  7. Il nome di Mumma non compare in nessuna delle due mastodontiche e minuziose biografie ufficiali di Camus (Todd e Lottman), né nei suoi Carnets(Taccuini), né in qualsiasi altro documento ufficiale riguardante Camus.

Il li­bro di Mum­ma per ora è sta­to tra­dot­to sol­tan­to in spa­gno­lo — per for­tu­na. Nei pae­si an­glo­fo­ni la ri­ce­zio­ne del li­bro è sta­ta in­cre­di­bil­men­te pa­ca­ta e par­ti­gia­na, vi­sto che la mag­gior par­te del­le re­cen­sio­ni sono sta­te ela­bo­ra­te o da au­to­ri cat­to­li­ci fon­da­men­ta­li­sti (pri­mo fra tut­ti Greg Clar­ke, il qua­le, ol­tre a re­cen­si­re li­bri sul­l’an­ge­lo­lo­gia e sul­la re­sur­re­zio­ne, ha scrit­to un post di fan­ta­sia sul­la con­ver­sio­ne di Ri­chard Da­w­kins al cri­stia­ne­si­mo) o da blog­ger di­so­rien­ta­ti che, in­ca­pa­ci di smen­ti­re Mum­ma sul fat­to stes­so, han­no cer­ca­to di in­ter­pre­ta­re a modo loro la “con­ver­sio­ne” di Ca­mus.

La spe­ran­za è che que­ste po­che ri­ghe ser­va­no a met­te­re in guar­dia gli edi­to­ri ita­lia­ni dal­l’in­tra­pren­de­re una tra­du­zio­ne ita­lia­na del te­sto, non at­tuan­do un’as­sur­da cen­su­ra pre­ven­ti­va, ben­sì re­cla­man­do dei prin­cì­pi ba­si­la­ri di og­get­ti­vi­tà e di one­stà in­tel­let­tua­le, prin­cì­pi che oggi — ai tem­pi di in­ter­net, in cui ognu­no ha il di­rit­to di so­ste­ne­re ciò che vuo­le e come vuo­le — sem­bra­no es­se­re di­ven­ta­ti un op­tio­nal in qual­sia­si di­bat­ti­to fi­lo­so­fi­co-po­li­ti­co-re­li­gio­so.

Vin­ci­to­re del pre­mio di lau­rea Uaar 2013

 

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