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Abbiamo bisogno di una Europa Giovane, nuova e sociale

Questa non è più Democrazia, questa è “Disprezzocrazia”.

Grafici e tabelle per decidere l’incerto futuro dell’Europa: ma tra tutti questi conti e diagrammi, io non riesco trovare quelli sociali, come se l’uomo fosse solo un utensile che ha una vita media, che ha un consumo medio, che ha una produzione media, che ha un risparmio medio, che... fa sesso in media.

É a questo che il mondo vuole arrivare? Essere tutti e solo numeri all’interno di uno scacchiere dove i politici, a turno, muovono un pedone, o un alfiere, o un cavallo, o... “Peccato, io ho sbagliato la mossa e voi avete perso”. E noi comunque paghiamo, sia gli “errori” che le “opportunità” altrui.

Non sono un Global, non agisco come un Global e non penso come un Global, ma mi piace pensare di essere una persona e non una cosa, ossia “usato e gettato”.

Questo è quello che sta accadendo in Europa, dove i fattori sociali sono stati dimenticati; dove la CECA (Comunità Europea Carbone e Acciaio, fondata nel 1951 tra Belgio, Francia, Germania Occidentale, Italia, Lussemburgo e Paesi bassi) nel 1967 aveva generato la CEE (Comunità Economica Europea), i cui principi ispiratori si basavano sulla integrazione sociale di popoli (Nazioni) da poco usciti da uno dei più cruenti conflitti bellici della storia, dove erano state vissute atrocità disumane e usati poteri sub-umani; e adesso viene tutto cancellato perché “peccato, io ho sbagliato e voi avete perso”.

Il pianeta non può rinunciare alla possibilitá che il germoglio di una nuova e giovane Europa, nuova e sociale possa risseccare, così da rigenerare contrasti etnici, ossia lasciare fantasmi del recente passato correre liberi per le terre europee.

Perché questi scienziati, mai realistici (pessimisti o ottimisti in conformità a come tira il vento), non calcolano la spesa sociale in caso di fracasso dell’euro? Non lo sanno fare? E la Diplomazia, come la Politica, deve considerare che questi costi coinvolgerebbero il mondo intero, dal Brasile alla Cina, dagli USA al Giappone, dalla Bolivia alla Nuova Zelanda.

Non sarebbe arrivata l’ora di globalizzare l’avviamento di uno sviluppo sociale sostenibile? O dobbiamo andare avanti nella colonizzazione finanziaria globale? Ricordiamoci che i costi di un fallimento, finanziario o politico che sia, vengono distribuiti tra tutti e a livello planetario: perché dobbiamo lasciare decidere agli altri chi sarà il Presidente degli USA (o della Cina o del Giappone o della Germania o...) quando tutti noi pagheremo i loro errori?

Ma tutti quanti abbiamo una coscienza alla quale rispondere: speriamo solo che il saccheggio selvaggio in atto non sia devastante... e lasci spazio a una futura ripresa economica.

 

Foto: Flickr

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