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Roskilde Festival: Rolling Stones, Deftones e Manu Chao al più grande evento di musica scandinavo

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Photo: Michael Flarup

100.000 biglietti venduti, 31.000 volontari impiegati, 166 concerti spalmati su 8 giorni, 18.6 milioni di corone danesi in introiti (circa 2.5 milioni di euro). Numeri che fan girare la testa, come direbbe l’Ing. Cane impersonato da Fabio De Luigi in tempi non sospetti.

Il Roskilde Festival, nato nel lontano 1971 da un’idea di due studenti danesi spiantati, Mogens Sandfær e Jesper Switzer Møller, è rapidamente diventato una consistente realtà all’interno del panoramo dei festival europei ed internazionali, anche grazie al suo status di evento no-profit gestito principalmente da volontari. Dalla dimensione unicamente scandinava degli esordi, la kermesse è andata crescendo di popolarità e prestigio, andando a diventare il primo festival assoluto della Scandinavia, il secondo festival europeo per dimensioni ed uno dei più importanti e seguiti del mondo.

Dopo queste premesse di rito, ci accingiamo a raccontarvi cosa è accaduto in questa 43° edizione, tentando la non facile impresa di trasmettervi la cosiddetta “Orange Feeling” che contraddistingue il Festival. 

29 giugno

Il festival è ancora lontano dall’aprire i battenti, ma è proprio da questa domenica che il camping verrà aperto al pubblico. Questa è uno dei giorni in assoluto più importanti della kermesse, dato che dipenderà proprio dalla velocità e dalla strategia dei partecipanti una buona riuscita del festival, come ad esempio evitare di posizionarsi troppo vicino all’area dei concerti oppure alle recinzioni presenti tutte attorno al camping site (dato che già al secondo giorno l’afrore di urina mista al caldo non lascia scampo! Si sa come funziona in questo tipo di festival).

Assistiamo ad un assembramento di individui impressionante già dalle prime ore del mattino (roba da lancio di un nuovo prodotto Apple). I cancelli non apriranno prima delle 18:00, ma la gente sembra essere incredibilmente determinata ad assicurarsi un posto nella prime file, ed attende stoicamente, carica di ogni tipo di attrezzatura da camping, scorte alimentari e casse di birra, il fatidico momento del “Via!”.

Man mano che l’ora X si avvicina, l’atmosfera inizia sensibilmente a riscaldarsi, ed assistiamo a spintoni, corse e litigi di varia natura. Finalmente l’orologio segna le 18:00, ed i cancelli si aprono: la folle corsa ha inizio.

Per darvi un’idea di quanto veloce e frenetico sia l’intero processo, vi invitiamo a guardare il video girato in occasione dell’apertura dei cancelli di questa edizione:

Dopo la corsa, inizia il processo cosiddetto “d’insediamento”, in cui i partecipanti, spossati dalla corsa e dalla lunga attesa, iniziano a montare le tende, settare i sound system e a prendere posto in quella che sarà la loro casa per la settimana successiva, sorseggiando finalmente le tanto sudate provviste alcoliche.

 

1, 2, 3 luglio

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Photo: Vegard S. Kristiansen

Le successive giornate di lunedì, martedì e mercoledì vengono considerate come un generale “Warm up” per il festival vero e proprio, dato che il grosso degli eventi ha inizio da giovedì in poi. In questi giorni abbiamo avuto modo di vivere a pieno la vita all’interno dell’enorme camp allestito per l’occasione (circa 80 ettari di terreno), dove ognuno dei circa 50.000 campeggiatori poteva partecipare a feste a tema organizzate dai campeggiatori stessi pressoché a qualsiasi ora del giorno e della notte. E’ davvero incredibile la varietà di campi che abbiamo potuto notare passeggiando per le varie aree del festival: vi era il camp degli skater, il camp di “Trova Waldo” (“Find Holger” in danese), il camp dei Death Metallers, il camp dei ravers, quello dei Cosplayers, il camp dei darkettoni, quello dei vegani/animalisti, il camp degli hippie… Insomma, ce n’è davvero per tutti i gusti. Ci siamo persino imbattuti in un coloratissimo camp a tema Sailor Moon, davvero grazioso.

Le band di questi giorni sono principalmente piccole realtà esordienti, prese dalle scene più disparate, andando dall’indie rock al post-metal, passando per il reggae, fino ad arrivare al giovane dj electro pronto a riscaldare queste fresche (e molto di sovente piovese) prime notti di Festival con il proprio dj set.

Dando uno sguardo più ravvicinato alle strutture predisposte per accogliere i partecipanti, abbiamo una quantità imbarazzante di stand adibiti alla ristorazione dalle offerte più disparate; dal cibo italiano al Thai, passando per la cucina etnica e gli immancabili hamburger giganti e hot dog per sedare anche la più selvaggia delle fami chimiche. Da notare anche la curiosa presenza di uno stand della Nordic Grill, un ristorante stellato Michelin di Copenaghen, che offriva un menù completo al prezzo popolare di sole 120 corone (circa 15 euro). Oltre a ciò, vi erano delle aree predisposte alle più svariate offerte ricreative, come campi di beach soccer/volley, pareti da bouldering e campi da pallacanestro, senza dimenticare che, per trovare refrigerio nelle giornate più afose, vi era la possibilità di fare una capatina al vicino lago per un tuffo rinfrescante. Tra una festa e l’altra ci avviciniamo inesorabilmente al clou del festival, ovvero le performance degli headliner.

3 luglio

La kermesse entra oggi finalmente nel vivo: per questa giornata il bill ha da offrire gente del calibro di Outkast, Bastille e, in ultimo, i mitici Rolling Stones. Gli Outkast, come da tradizione, ci regalano un concerto allegro e divertente, facendoci ballare per quasi un’ora e mezza in questo uggioso pomeriggio di inizio estate. Qualche ora più tardi tocca finalmente ai Rolling Stones. Non appena è stata data la notizia che sarebbero stati proprio loro gli headliner di questa 43° edizione, i biglietti singoli di questa giornata sono andati sold out in meno di 48 ore. La band britannica ci regala unna setlist ricca di classici ("Gimme Shelter", "Start Me Up", "Sympathy For The Devil", "Brown Sugar", insieme ad un bis che includeva "You Can't Always Get What You Want" e "(I Can't Get No) Satisfaction"), per più di due ore di spettacolo, con un Mick Jagger scatenato e incontenibile, abbigliato con una pacchianissima giacca viola ricoperta di paillettes, ed un Keith Richards piuttosto statico ma non per questo meno “rock”. Per questi “ragazzi” il tempo sembra davvero essersi fermato: non sappiamo con quale demoniaca divinità i Nostri abbiano stretto un patto, ma di certo, a vederli saltare e correre così sul palco, noncuranti delle appena settanta primavere alle spalle, c’è da restare di stucco.

4 luglio

Questa giornata, oltre ad essere la festa dell’indipendenza americana, è il secondo giorno dei grandi nomi. Oggi, venerdì, è per la maggior parte dedicato ai grandi nomi della scena rock/metal e della scena electro locale. Prima di iniziare con la nostra dose quotidiana di concerti, però, dato il caldo ed il sole battente, decidiamo di andare a fare un salto al lago. Dopo un paio d’ore ci torna in mente che a breve avrà luogo la famosa “Naked Run” di questo Roskilde Festival 2014, ovvero una corsa folle dove i partecipanti, rigorosamente nudi, competono tra di loro per vincere un biglietto gratis per il festival dell’anno successivo.

Nel primo pomeriggio abbiamo assistito alla performance di Phil Anselmo (ex-frontman dei Pantera) e del suo nuovo progetto “The Illegals”. Il nostro caro Phil si presenta non proprio al massimo della forma (ad essere davvero onesti, sembra decisamente alticcio; fatto notevole questo, essendo appena l’una di pomeriggio.), ma riesce comunque a fare leva sulla sua navigata esperienza di frontman per tirare fuori uno show tutto sommato discreto, lasciando più spazio all’interazione col pubblico.

Dopo Anselmo, è la volta di uno degli altri headliner di questa edizione: I Deftones. Tra i padri fondatori di quel crossover/nu-metal che ha tanto spopolato dalla fine del secolo scorso fino ai primi anni ’00, I ragazzi capitanati dall’istrionico Chino Moreno, fanno il loro ingresso nel main stage osannati dalle decine di migliaia di spettatori presenti. L’ensemble californiano tira fuori uno show solido e articolato, prendendo un po’ da tutta la loro ormai pluridecennale discografia, regalandoci uno degli spettacoli più riusciti finora. Menzione a parte va fatta alla maglietta glitterata di Beyoncè del frontman Chino: un tocco di classe.

In nottata assistiamo alla performance del Dj danese TRENTEMØLLER, un’istituzione da queste party. Il giovane Dj è sempre una sicurezza dietro la console, e ci lasciamo alle spalle questa quinta giornata di festival ballando come forsennati.

 

5 luglio

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Photo: Michael Flarup

Penultima giornata, ed anche oggi una scaletta ricca di nomi altisonanti. Cominciamo subito col botto con Manu Chao ed i suoi Aventura, un concerto ricco di emozioni e divertimento che è riuscito, a suo modo, a tirare fuori il punkabbestia sopito dentro di noi.

I successivi spettacoli degli Artic Monkeys prima, e degli Interpol poi, danno quel piacevole tocco indie alla kermesse che va tanto di moda ultimamente. Gli show, d’altro canto, risultano accattivanti e gradevoli, facendoci trovare due band come al solito molto professionali ed in gran forma, ed un pubblico rimasto piacevolmente soddisfatto e divertito.

Giungiamo adesso a quello che è probabilmente stato, a nostro avviso, il momento più alto di questo Roskilde Festival 2014: lo show in nottata dei Major Lazer. Il Dj american Diplo, master mind del progetto Major Lazer, ha tirato fuori dal cilindro uno spettacolo di proporzioni epiche, dove tutto è stato concepito per creare una festa coi fiocchi. Il fatto che abbiamo a che fare con un Dj, chiaramente, amplifica il party mood che si è creato sotto il palco, ma ciò non toglie che lo spettacolo e la presenza scenica del gruppo, tra provocanti ballerine/twerker e interazione col pubblico ai massimi livelli ( tra gente seminuda che ballava, ragazze in topless ed un lancio di magliette generale da un capo all’altro dell’arena al calare del “drop”, c’era di che divertirsi), ha reso questa chiusura di sabato uno dei momenti più memorabili del festival. Doverosa menzione va fatta per il simpaticissimo “banana man”, ragazzo preso a caso dal pubblico, con appunto un costume intero da banana, che ha partecipato allo show sul palco, in prima persona, ballando e facendosi letteralmente prendere a schiaffi dai prominenti sederi delle “twerkers” on stage. Una serata che il giovanotto non dimenticherà tanto facilmente, ne siamo sicuri.

 

6 luglio

La chiusura si avvicina. Oggi, sabato, è l’ultimo giorno di eventi qui al festival, e si comincia a sentire la stanchezza dopo questi sette giorni di festa e delirio. Essendo comunque vicini al traguardo, stringiamo i denti e ci accingiamo a raggiungere lo stage “Arena” dove questo pomeriggio suoneranno i Carcass. La band capitanata dal carismatico bassista/cantante Jeff Walker, da sempre punto di riferimento all’interno della scena death metal mondiale, fanno il loro ingresso in questa afosissima domenica. Il pubblico è visibilmente provato dal caldo e dagli eccessi dei giorni scorsi, ma risponde comunque discretamente agli incitamenti del frontman, il quale riesce nel non facile compito di tenere sempre alta l’attenzione degli astanti, nel corso di tutti questi 75 minuti.

Fortunatamente il sole cala un prima del prossimo, attesissimo show: Stevie Wonder. Il musicista ci riempie il cuore di gioia, con il suo inguaribile ottimismo ed amore per la vita, che lo rende una fonte d’ispirazione per tutti i presenti. I classici sono ovviamente punti fermi della setlist di Stevie ("Signed, Sealed, Delivered", "Living for the City", “I Just Called (To Say I Love You)” e “Superstition”), anche se alcuni pezzi come “Isn’t She Lovely” o “Don't You Worry 'Bout A Thing” sono stati completamente ignorati. Show rasserenante e godibile, una piacevole boccata d’aria fresca in questi pesanti giorni di Festival.

Ultimo concerto al quale assistiamo è quello di Jack White, membro fondatore dei “The White Stripes”, il quale ha preso il posto del defezionario Drake, che ha dato forfait all’ultimo minuto. Il buon Jack ci presenta il suo progetto solista, ma includendo anche qualche singolo dalle precedenti militanze del cantante. La piccola minoranza italiana presente letteralmente esplode sulle note di “Seven Nation Army” (per chi non lo sapesse è il motivetto “Popopopo” simbolo dei mondiali vinti dalla Nazionale nel 2006), ovviamente inclusi noi. Spettacolo energico ma al contempo morbido ed intimista, degna conclusione per questa 7-giorni di Roskilde.

Stremati ma felici, ci dirigiamo verso l’uscita, e imbottigliati su di un treno affollatissimo, facciamo ritorno a Copenaghen. L’area camping che ci lasciamo alle spalle ci ricorda molto da vicino un campo di battaglia, tra tende abbandonate ed lattine di birra vuote.

Grandissima esperienza e grandissimo evento, questo Roskilde Festival 2014 si è rivelato una splendida sorpresa: abbiamo avuto modo di provare sulla nostra pelle la famosa “Orange Feeling”, ovvero quel sentimento di comunione e libertà che caratterizza l’evento da sempre, e non vediamo l’ora di riassaporarla nuovamente l’anno prossimo.

Caldamente consigliato a tutti quelli che vogliono provare un’esperienza di festival diversa dal solito.

 

 

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