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 Home page > Tribuna Libera > Renzi: sta per finire la luna di miele

Renzi: sta per finire la luna di miele

Continua la corsa a salire sul carro del vincitore: Vendola riapre al Pd e canta le lodi del “fascino” di Renzi, gli ex montiani bussano con i piedi alla porta del Nazareno, i familiari del Cavaliere fanno a gara di governativismo e tifano Verdini eccetera eccetera. Ed è impressione diffusa che il “trionfo” delle europee abbia dischiuso le porte ad una lunga era renziana. Poche ora dopo il risultato, non ho avuto dubbi nel dire che Renzi era l’unico vincitore della gara e registrare il consolidamento del suo governo e della sua leadership nel partito. Questo è fuori discussione, come anche il fatto che siamo in un “tempo renziano”. I dubbi sorgono sulla durata di questo tempo, se davvero si possa parlare di un’ “era” o “epoca” renziana o se stiamo assistendo al passaggio di una meteora.

Partiamo da una considerazione: Renzi, sin qui, è stato assistito da una eccezionale congiuntura favorevole: il momento di bonaccia nella crisi finanziaria internazionale, la sconfitta di Bersani e la debolezza del tandem Letta-Epifani, il calo vertiginoso della destra, la disintegrazione del centro montiano, il timore suscitato nei moderati al M5s, l’indebolimento del “vicino” di sinistra (Sel e Rifondazione). Dunque, Renzi ha potuto giovarsi di un momento favorevole nella crisi, accompagnato dell’eclisse di quasi tutti i rivali interni ed esterni al partito e da un sfida mal formulata dal suo unico antagonista in piedi. Una simile congiuntura difficilmente può restare stabile a lungo.

In primo luogo, i segnali che vengono dal Brasile, dal Portogallo, dalla Cina, dagli stessi Usa fanno temere l’approssimarsi di un terzo tempo della crisi. Ed il solito rimedio dell’inondazione di liquidità, questa volta, potrebbe essere meno efficace del passato.

In secondo luogo, il clima internazionale si è sensibilmente deteriorato dopo la crisi ucraina e dagli sviluppi dello scenario mediorientale, quello che, da un lato, fa temere una nuova impennata nei prezzi dell’energia e, dall’altro, il sorgere di un nuovo bipolarismo, per quanto imperfetto, fra Usa-Giappone- Ue da una parte e Russia, Cina e forse india dall’altro. E in questo processo, Renzi si trova “fuori campo”, come il discorso inaugurale del suo settennato e gli ultimi sviluppi internazionali fanno intendere: dalla parte di Israele, Russia, Argentina, tutta gente poco gradita agli americani che non perdono occasione per far capire a Renzi che così non va bene.

D’altra parte, non solo gli Usa a manifestargli antipatia: sicuramente la Merkel non lo ama e la Buba non ha sicuramente gradito il “non impicciatevi” indirizzatogli dal Presidente del Consiglio italiano. Quanto scommettiamo che sia l’una che l’altra faranno di tutto per far passare a Renzi un semestre europeo seduto sui tizzoni ardenti?

Peraltro, anche fra i poteri forti di casa non mancano nemici. Ad esempio, la Confindustria non gli perdona la mancata partecipazione al suo congresso. E da qualche settimana il gruppo Espresso-Repubblica mostra forti segni di nervosismo nei suoi confronti.

In questo quadro, arriva la scadenza del pareggio di bilancio che gli accordi europei prevedono per il 2015, si sa come Renzi stia cercando di ottenere una proroga all’anno successivo, ma l’esito è tutt’altro che scontato, soprattutto stante la scarsa simpatia riscossa sulla ruota di Berlino. E se la scadenza dovesse restare al 2015, questo significa che per l’autunno Renzi deve predisporsi ad una finanziaria di lacrime e sangue. E di guai non ne mancano davvero: a cominciare dalle risorse da trovare per evitare che oltre 50.000 persone si trovino da un momento all’altro senza neppure la cassa integrazione e continuando con il solito cahier de doleances delle opere incompiute e dell’arrivo dell’expo con tutti i ritardi accumulati ecc. Senza contare che, con questa pressione fiscale, possiamo mettere tranquillamente in conto un’altra ondata di chiusura di imprese e di conseguenti disoccupati. Altro che 80 euro da distribuire! E, infine, incombe la questione del Quirinale, visto che non si sa quanto tempo ancora Re Giorgio potrà restare al suo posto ed eleggere il suo successore, con questi gruppi parlamentari del Pd non sarà davvero semplice.

E meno che mai la situazione sarà tranquilla man mano che i guai giudiziari del Cavaliere si accavalleranno uno sull’altro. Se continua così passeremo dal patto del Nazareno a quello di San Vittore, durante l’ora d’aria.

E la gente comincerà anche a chiedere conto di quelle riforme (una al mese!) promesse e, almeno sin qui, restate sulla carta.

A marzo, peraltro, si dovrà votare per le regionali. Vero è che non parteciperanno le maggiori 4 regioni (Piemonte, Lombardia, Lazio, Sicilia) però voterà comunque quasi la metà degli elettori con regioni importanti (Veneto, Emilia, Toscana, Campania, Puglia). Pensate che il Pd conserverà in queste regioni i voti presi il 25 maggio scorso? Può darsi ma non sembra probabile.

A me sembra che per Renzi la primavera sia finita e stia arrivando il tempo del pane duro.

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.47) 20 luglio 2014 18:55

    DUE velocità >


    Cosa serve al paese piegato dalla crisi: questo stabilisce l’ordine delle priorità di qualsiasi governo. Entro 100 giorni urge promuovere gli investimenti produttivi e riavviare la perequazione delle pensioni. Sono premesse ineludibili per creare lavoro e rianimare consumi interni.

    Allo scopo occorre recuperare le decine di miliardi fagocitati da concussione, frode e spreco di denaro pubblico. Questo i cittadini chiedono e aspettano da un governo credibile e capace.


    CAMBIARE il paese è tutt’altro capitolo. E’ un obiettivo importante, ma non è così immediato. Le riforme (Istituzioni, giustizia, burocrazia, …) richiedono percorsi e tempi più articolati e dilatati. E’ realistico prevedere di misurarne gli effetti nell’arco di 1000 giorni.


    In sostanza. Spetta al governo agire con urgenza/efficacia sul fronte economico e sociale. RITARDARE la crescita è cedere alla stagnazione. Il Debito cresce e calano le risorse disponibili.

    Non sono le riforme a riavviare il motore. A non perdere velocità è solo quella Tagliola Tributaria che da tempo falcidia le famiglie ...

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