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 Home page > Tribuna Libera > Il compitino per Renzi: la risposta a tre domande

Il compitino per Renzi: la risposta a tre domande

Il processo riformatore è disseminato di dubbi ed interogativi, alcuni tattici altri strategici, ma che senza risposta rischiano di frenare il processo riformatore.

E allora questa volta il compitino lo fa Renzi, e lo deve fare, se vuole rispondere positivamente all’invito di Napolitano alle forze politiche, di evitare rinvii ed inconcludenze. Il dialogo non un atto di resa, il dialogo è parità degli interlocutori, chiarezza di posizioni, e disponibilità al compromesso, nel rispetto reciproco di tutti.

Se chiaro esplicito e garantito, deve essere il confronto tra M5S e PD, chiaro esplicito e garantito deve essere il confronto Forza Italia - PD, specie se questa chiarezza manca all’interno dello stesso partito di maggioranza.

Se il dialogo si deve svolgere per documenti, questo non può riguardare solo il M5S, ma deve interessare tutti. E d’altra parte non si può ritenere intoccabile un accordo, solo perché intervenuto prima dell'ingresso del M5S nella trattativa. Non si può accettare un confronto e poi considerare, in via pregiudiziale, taluni temi intoccabili.

E allora la domanda al PD, è una e una sola: qual è la concezione di dialogo del Partito Democratico, vuole dialogare con tutti o solo con Berlusconi?

L’ingresso del M5S nella trattativa sulle riforme ha accellerato e dato spessore alle divergenze sulle riforme, tra maggioranze renziane/berlusconiane, e minoranze PD e forzista, e alla convergenza tra queste e il movimento. La mossa dei grillini ha spazzato via il carattere monolitico dell'accordo del Nazareno, e realizzato la piattaforma politica, per la costruzione di una riforma e di una maggioranza alternativa a quella di Renzi/Berlusconi. Una situazione insostenibile per il Pd, e in particolare, la maggioranza renziana, che è andata in fibrillazione. La paura di non avere i numeri per fare subito le riforme, ed il rischio che esse siano fatte da una maggioranza alternativa, li fa impazzire.

L’unica via d’uscita è convincere Mineo, Chiti e Minzolini a non accordarsi con Di Maio, e indurre il M5S a rompere la trattativa, e con essa la base politica dell’alleanza e della riforma alternativa al progetto renziano. E allora se Di Maio sviluppa questa piattaforma, e accoglie otto dei dieci punti posti da RENZI, la maggioranza renziana annulla l’incontro con il M5S e chiede che essi siano formulati per iscritto.

Ciò premesso la domanda al PD è una e una sola: perché il PD ha annullato l’incontro e richiesto la risposta scritta ai dieci punti di Renzi. Per ragioni di chiarezza e garanzia delle posizioni della controparte, o per guadagnare tempo e provocare il M5S, così da indurlo a lasciare il tavolo della trattativa? 

I punti in discussione sulla legge elettorale e sulle riforma del Senato sono le preferenze, le soglie, il Senato elettivo. Ma le divergenze riguardano singoli punti o la natura parlamentare della nostra Repubblica? Sul tappeto c’è la governabilità, l'elettività del Senato ma anche il ruolo delle minoranze nel partito e nel Parlamento. Se minoranza PD, M5S e minoranza Forza Italia, ottenessero da Renzi un abbassamento delle soglie d’ingresso, un aumento della soglia di maggioranza, le preferenze, il Senato elettivo, forse non si potrebbe davvero ritenere superata la questione democratica del nostro Paese.

Non serve a nulla ottenere qualche risultato su questi punti, se resta la ghigliottina, che blocca l’attività delle minoranze in Parlamento, se un'interpretazione riduttiva della libertà di mandato, blocca l’attività delle minoranze nel partito, se la riforma della Costituzione diventa competenza dell’esecutivo e non dei gruppi parlamentari. Non serve a nulla avere soglie d’ingresso basse e soglia di maggioranza alta, se il partito perde peso a favore del segretario del partito di maggioranza che sceglie parlamentari.

L'elezione di secondo livello del capo dello Stato, ne mina l’autorevolezza e quindi l’esercizio dei suoi poteri, il ruolo dei leader di partito emargina le funzioni di quest’organismo, la ghigliottina taglia la trsta al ruolo dell’opposizione e quindi del Parlamento. In questa situazione, quali contrappesi possono riequilibrare il rapporto governo/Parlamento, governo capo dello Stato, governo/partiti?

E allora, altro che preferenze e soglie di ingresso, il problema è il rapporto esecutivo/istituzioni di controllo. E sul filo di questo rapporto si realizza la dimensione autoritaria del governo, il cui strapotere non deriva solo dall’incremento e rafforzamento dei suoi poteri, ma sopratutto dal decremento e dall’indebolimento dei poteri delle istituizioni di controllo.

Se il PD ha bisogno di garanzie scritte sugli impegni del M5S, il M5S bisogno di chiarezza sul percorso strategico e sui punti di approdo delle riforme.

E allora la domanda al PD, è una e una sola: il Partito Democratico vuole conservare o distruggere la natura parlamentare della nostra Repubblica

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