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Il Libano chiude le porte ai rifugiati palestinesi della Siria

 

 


 

Yusuf (nome di fantasia) vive nel campo profughi di Ein el-Hilweh, in Libano. È un palestinese di 61 anni, proveniente dal campo di Yarmuk, in Siria. È privo del braccio destro e della gamba sinistra. Sua moglie, in Siria, lo aiutava. Ora le autorità libanesi le impediscono di entrare nel paese.

Suleiman, un ragazzo palestinese nato in Siria 12 anni fa, vive da un anno a casa di uno zio. I suoi genitori e fratelli hanno tentato per 30 volte di rientrare in Libano, da dove erano stati espulsi. Servivano nuove carte d’identità, necessarie per fare il visto, indispensabile per entrare in Libano, anche se in Siria c’è la guerra.

A marzo, una donna al sesto mese di gravidanza appena uscita dall’inferno di Yarmuk, è stata respinta alla frontiera libanese. È riuscita a entrare al secondo tentativo, un mese dopo, con tre dei cinque figli e il sesto ancora in grembo, grazie all’aiuto di un operatore delle Nazioni Unite. Suo marito e gli altri due figli sono stati respinti.

Nei primi tre anni del conflitto siriano, il Libano ha tenuto le porte aperte a tutti i rifugiati, assumendosi un onere e una responsabilità ragguardevoli.

Da due mesi, come riferisce un rapporto pubblicato oggi da Amnesty International e da cui sono tratte le storie che aprono questo post, le cose sono cambiate.

Già prima, i rifugiati palestinesi provenienti dalla Siria erano sottoposti a maggiori controlli e restrizioni rispetto ai cittadini siriani.

A maggio, tuttavia, sono entrate in vigore nuove disposizioni riguardanti esclusivamente i palestinesi, cui è imposto l’obbligo di recarsi al consolato libanese a Damasco e chiedere l’emissione di un visto che dev’essere approvato dalla direzione generale della sicurezza nonché un permesso di soggiorno valido da uno a tre anni.

Amnesty International ha rinvenuto anche una circolare della direzione generale della sicurezza che impone alle compagnie aree che fanno scalo all’aeroporto internazionale Rafik Hariri di Beirut di non accettare a bordo alcun rifugiato palestinese della Siria, anche quando abbia la documentazione di viaggio in regola.

Chi è riuscito a entrare in Libano vive in uno stato d’incertezza permanente. Ad alcuni è stato già negato il rinnovo del permesso di soggiorno o del visto temporaneo e il rischio di arresto ed espulsione è dietro l’angolo. Altri scoprono improvvisamente di non avere più i documenti in regola per chiedere il rinnovo e viene preteso che tornino in Siria per farli. Le famiglie, come quella di Jaweher (nella foto UNRWA), vengono divise.

I 500.000 rifugiati palestinesi in Siria le hanno prese da entrambe le parti coinvolte nel conflitto. Del milione di rifugiati provenienti dalla Siria e ospitati in Libano, solo 53.000 sono palestinesi. Turchia e Giordania vietano già da tempo l’ingresso dei palestinesi provenienti dalla Siria. Ora il Libano si è avviato nella stessa direzione.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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