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Le vie della droga

 
Come fa i soldi la 'ndrangheta? Con la droga, la prima risposta. Beh, non è del tutto vero: lo spiega il Capocrimine in una sua riflessione in "Contrada Armacà"di Gianfrancesco Turano. Il giro d'affari per la droga da 24 miliardi, per lo più in mano alle cosche joniche. La via della droga che incrocia con quella delle armi. La terza via, quella della politica, per coltivarsi i giusti rapporti col politico che poi ti garantisce i giusti appalti, con meno rischi per le 'ndrine.

Vogliamo liberalizzare le droghe, per stroncare i commerci delle mafie? Saranno sempre loro a guadagnarci. Sembra una specie di manuale di Economia, economia criminale, per intenerci.
Ma, d'altronde, per mandare avanti un'azienda come la 'ndrangheta, con quel giro d'affari, con uffici in tutto il mondo, dove buona parte dei traffici si basano sulla fiducia, di economia devi capirci per forza.
Ho una notizia da dare ai professoroni, ai giornalisti sparacazzarte e ai grandi esperti che discutono i pro e i contro della legalizzazione [della droga].
Svegliatevi. Il traffico della cocaina è già legalizzato ed è già regolato dagli stati: dal Messico alla Colombia, dal Venezuela, dagli Stati Uniti d'America, per finire con l'Italia. Solo che si sono dimenticati di dirvelo perché non è che vi dicono prorpio tutto a voialtri scimuniti.
La coincidenza fisica delle rotte di armi e droga dimostra che gli Stati le controllano entrambe, nello stesso modo, nello stesso tempo e - assai più importante - con gli stessi apparati. Sono loro a decidere che cosa passa e che cosa non passa, a chi deve o non deve essere consegnata la merce, quali carichi devono arrivare e quali si devono perdere assieme a chi li porta.
Per pura logica, a queste due rotte ne va aggiunta una terza, quella della politica, che è come un titolo di Stato tedesco: paga poco, ma è sicura nel tempo. Qui entriamo in gioco noi di Reggio città, con qualche amico della Piana, qualcun altro delle Serre Vibonesi e del Marchesato Crotonese e quasi nessuno della jonica.
Quando li chiamo paddechi, scherzo. 

[..] Ma i nostri greci, quelli di Siderno e di Gioiosa, sono stati pionieri in tante cose. Sono stati i primi a creare i grandi centri commerciali. Sono stati i primissimi a consolidare una rete di «locali» all'estero grazie all'emigrazione. Nel VII secolo avanti Cristo le chiamavano colonie, e la tradizione continua. [..]
Gli jonici sono stati i primi a mettersi d'accordo coi siciliani e i napoletani del Canada, di New York, del New Jersey. Per molti aspetti vanno presi ad esempio. Ma hanno trascurato la politica e, secondo me, è un errore. Il politico non basta comprarselo. Te lo devi fare amico. Gli devi entrare in casa.
[..] Personalmente, preferisco Roma, Milano e il tratto che fa una ruspa dentro un cantiere. Forse si guadagna di meno [rispetto al traffico di droga, gestito dagli jonici], ma si rischia di meno e si vincono le elezioni facendo lavorare la gente alla luce del sole, invece di mandarli in galera per vent'anni.
Perché è vero che il narcotraffico lo regolano gli Stati, ma le leggi sono rimaste quelle del proibizionismo, come le mamme di famiglia stanno più tranquille. Ipocriti di merda. Volete legalizzare ufficialmente la coca? Io sono favorevole. Con l'aumento esponenziale dei consumi nascerà un mercato parallelo non autorizzato, come con le sigarette. Chi organizza il traffico parallelo farà altrettanti o più soldi di prima.
E poi c'è l'aspetto etico strategico, il più importante. 
L'impatto della cocaina in termini di delitti è un business aggiuntivo per chi controlla il territorio. I ragazzi su di giri che spaccano gil specchietti o scippano o rubano i motorini per comprarsi la dose legalizzata, chi li tiene a bada? Inoltre, se lo Stato accetta di guadagnare su una droga criminogena, noi diventiamo più etici dello Stato ancora una volta perché, oltre a risolvere le questioni di microcriminalità, non siamo ipocriti. Il saldo finale è più ricavi, più consenso.
La chiamano soluzione win-win nei manuali di management.

C'è anche questo dentro il viaggio nella Calabria delle ndrine e degli appalti, della massoneria e dei servizi (che fanno il doppio gioco tra stato e antistato), dei buchi di bilancio del Comune, causati dal "sistema Reggio": concerti, opere faraoniche, spese non contabilizzate. Della politica che non ammette colpe e grida al complotto, del sindaco promosso governatore regionale dopo aver scaricato tutte le colpe sulla sua dirigente , perché lui firmava tutte le carte senza controllare.
Ed è proprio dal suicidio di questa dirigente (suicida con l'acido), che parte tutta la storia. Un suicidio archiviato troppo in fretta dalla Procura e che non convinceva troppo Rosario, giovane parrucchiere amico intimo di Oriana, che aveva condiviso con lei alcuni affari. Ucciso a sua volta in un agguato, anche questo archiviato con troppa fretta dai magistrati.
Omicidio su cui decide di indagare lo zio Demetrio Malara, di educazione fisica , assieme a Fortunato Amato, suo ex alunno, donnaiolo, calciatore mancato e una possibile carriera d’avvocato bruciata dall’arresto del padre (Il canna).

"Un delitto archiviato troppo in fretta. Una coppia strampalata di investigatori disposti a tutto pur di conoscere la verità. Un giallo ambientato nel cuore di Reggio Calabria, tra violenza e bellezza, irresistibile vitalismo e sanguinaria ferocia".
Questo articolo è stato pubblicato qui

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