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L’Isis e la guerra dei tweet

TheAtlantic.com propone una approfondita analisi dell’utilizzo dei social network e delle applicazioni mobile da parte dell’ISIS, lo Stato Islamico dell’Iraq e del Levante.

Ne emerge un affresco per molti versi sorprendente che mette in discussione gli stereotipi legati all’islamismo militante come ideologia antimoderna e fuori dal tempo. L’Isis dimostra di padroneggiare in modo sapiente gli strumenti della comunicazione contemporanea impiegando i social media per reclutare affiliati, radicalizzare l’orizzonte di pensiero e attrarre risorse alla propria causa. Lo fa come qualsiasi altro gruppo di pressione e in modo più efficace rispetto ad altri soggetti che agiscono all’interno dello stesso orizzonte ideologico.

Twitter, prima di tutto. Durante i giorni della conquista di Mosul e dell’avanzata verso Baghdad i cinguettii si sono moltiplicati in modo esponenziale e nei giorni scorsi il social network ha ospitato le foto del massacro di massa dei soldati iracheni da parte dei miliziani jihadisti. La strategia sul fronte mediatico non si limita al semplice utilizzo dei 140 caratteri. Il successo maggiore del gruppo va identificato, secondo The Atlanticin un’applicazione creata appositamente dall’Isis nell’aprile di quest’anno per amplificare la portata dei suoi messaggi e reindirizzarli verso i nodi più remoti della rete. Si chiama The Dawn of Glad Tidings, l’Alba della Lieta Novella, e permette di rimanere aggiornati su tutte le attività del gruppo in tempo reale.

Attarverso l’applicazione gli iscritti ricevono messaggi, hashtag, video e immagini e li reindirizzano verso altre destinazioni, con un retweet automatico. L’applicazione è velocemente entrata a regime raggiungendo il picco di attività la settimana scorsa, mentre le milizie jihadiste vincevano la battaglia di Mosul. Si sono sfiorati i 40mila tweets in un solo giorno e numeri rilevanti sono stati registrati nelle ore dell’avanzata verso Baghdad. La foto di un miliziano che scruta la bandiera dell’Isis sulla cima di un palazzo del centro della Capitale è stata retweettata migliaia di volte. “We are coming Baghdad”, era l’inquietante avvertimento impresso sull’immagine.

La strategia di comunicazione del gruppo prevede l’utilizzo di altri canali, primo fa tutti l’organizzazione di campagne hashtag ad hoc concentrate in momenti specifici della giornata, per ottenere maggiore visibilità sui social network. Attraverso account twitter come @ActiveHashtag, che diffondono automaticamente i messaggi più diffusi, i contenuti veicolati dal gruppo si moltiplicano esponenzialmente, con una media calcolata di 72 retweet per ogni tweet inviato.

L’approccio è molto efficace, come dimostra il confronto proposto dall'autore, J.M. Berger, fra l’Isis e Jabhat al-Nusra, un gruppo jihadista attivo in Siria che pur contando su un numero simile di sostenitori online non riesce a rivaleggiare nell’arena degli hashtags.

L’ISIS raccoglie vittorie sul campo di battaglia e non sembra avere rivali nella propaganda virtuale, una commistione che ha portato il gruppo in cima alla lista dei top trend del terrorismo internazionale.

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