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Parole come odori

“L'atteggiamento critico, anzi arrogante, del critico letterario non dispiace. Da noi la gente non ti dice mai grazie. Semmai il contrario. Sono uomini alteri. Vivono nell'idea che tutte le posizioni di privilegio spettino loro di diritto. Accolgono favori e privilegi con la stessa sublime equanimità con cui reagiscono alle sassate e agli insulti. Tutti gli altri si ribellano se vengono insultati e si umiliano se si fa loro del bene. Da noi, nessuno mai viene toccato né da un insulto, né da un favore. Nel loro genere, sono degli aristocratici. Perché la caratteristica dell'aristocratico è innanzi tutto l'equanimità; e mai altrove si è vista equanimità più grande” (Joseph Roth).

Un narcotico come volume, di cui non si riesce a terminare la lettura. È brutto dirlo, ma ci sono dei libri, come La storia della scuola teramana, che è proprio impossibile leggere. Magari si parte pure armati delle meglio intenzioni, ci si ripete che in fondo nessun libro è impossibile da leggere, ma presto ci si rende conto che la realtà dei fatti è un'altra.

La ricostruzione dell'istruzione secondaria pubblica, privata ed ecclesiastica a Teramo, dall'età di Ferdinando IV di Borbone alla fine dell'Ottocento. Dalla seconda metà del XVIII secolo al XIX secolo. Una mera raccolta di saggi, riviste e bollettini bibliotecari proposta in una asettico ordine temporale, che s'inerpica faticosamente per il lettore dal 1984 al 2011: “Ripercorrere e riasfaltare un percorso irrinunciabile della mente, sul come e il quando il Real Collegio si sia trasformato nel Regio Liceo Ginnasiale”.

Una ventina di capitoli appiattiti e divisi in un tomo, nell'apparecchiare una sorta di elenco della spesa. Storie, piuttosto che storia. Riferimenti a pedisseque norme scolastiche che paiono soggiacere a una macchinazione posta in opera da un collegio di “invisibili contemporanei dell'epoca”. Scuole pubbliche, private, laiche, ecclesiastiche, sino a scomodare finanche gli educandati e sfinire il lettore dal lato didattico pedagogico.

Pagine e pagine per svelare che fu Napoleone a veicolare l'idea di scuola pubblica durante il Regno di Napoli e che alle solite insufficienze dello Stato si insinuò lesta l'inumanità, l'impostura delle autorità ecclesiastiche romane, sostenute dietro la fortificazione del dogma.

"La Chiesa è ricca, ricchissima. È letteralmente zeppa di quattrini. Puzza di denaro come il cadavere di un ricco... " (Heinrich Böll).

Non si tratta tanto della storiografia, prevista e rintracciabile in altre pubblicazioni; qui il problema è la scrittura. Frasi fatte sciatte. Personaggi storici stereotipati. Accademia, non oltre. Se si tenta la lettura per intero subito dopo ci si deve recuperare dall'impossibilità di portare a termine ciò che indubitabilmente sarebbe stato un ottimo proposito.

Forse, imporre la lettura della Storia della scuola teramana durante le imminenti vacanze estive potrebbe risultare un inappuntabile metodo per allontanare i ragazzi dalla pagina. Dire che sia pesante è poco. Visto che non si tratta di un libro di narrativa, poteva essere scritto in maniera più interessante. Ci sono modi e modi per stendere un saggio storico: qui si è scelto quello sbagliato.

Magari una frase che aspira all'aulico e subito dopo il buio della parola. Nemmeno la tecnica dello "zompamento" funziona: il salto indiscriminato delle pagine. Le parole si disperdono fugaci come odori.

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