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Lo schiaffo di Livorno

In fondo non dispiace il cambio di guardia di Livorno.

L’accordo tra l'area composta da sinistra radicale e lista civica “Buongiorno Livorno”, arrivata terza al primo turno di voto, con il M5S locale guidato dal neo sindaco Filippo Nogarin ha portato alla defenestrazione di un gruppo dirigente del PD noto per aver asfaltato con supponenza mista ad arroganza ogni opposizione interna, in primis quella civatiana.

Il sole a Livorno tramonta sul mare, si sa. Non sorge. Immagine emblematica della lunga storia del partito che a Livorno nacque nel 1921 e che a Livorno forse è morto solo simbolicamente, essendo già defunta da anni ogni velleità socialista quando Prodi celebrò le nozze con la componente popolare (facendo rinascere la balena bianca diventata provvisoriamente “rosa” per l’occasione).

Sta di fatto che oggi si compone nella città labronica una strana alleanza fra un movimento Cinquestelle locale che non ha avuto paura di un apparentamento con chi gli ha chiesto esplicitamente di prendere le distanze dalla destra (ma come la metterà se Grillo dovesse far sedere i suoi eurodeputati insieme a quegli xenofobi di Farage?) e una sinistra radicale che non ha avuto paura di dire che la nuova alleanza è di sinistra nonostante da anni il M5S ripeta di essere “oltre” la suddivisione in destra e sinistra (che è un discorso che sta a cavallo tra la demenzialità politica pura e l’implicita ammissione di essere di destra non avendo ancora capito che quando governi o fai scelte di destra o ne fai di sinistra).

Si gioca tutto Rifondazione Comunista per bocca del segretario Ferrero che benedice l’alleanza definendola appunto “roba di sinistra” senza se e senza ma (anche se non aveva dato disposizioni di voto per il ballottaggio. Come dire: vediamo prima chi vince, poi casomai ci sto anch'io). Come la metterà con le tante espressioni di Grillo che non sono affatto di sinistra per ora non si sa, ma sembra delinearsi una interessante opzione mentale per cui la base a Cinquestelle viene considerata di sinistra e la testa di destra.

Cosa che non stupisce più di tanto, ma che ora assume una più precisa connotazione fattuale. Resta da capire se i grillini si tingeranno (finalmente) di rosso oppure se Grillo e Casaleggio riusciranno a confondere la mente (non che sia difficile) a quella sinistra radicale che ha dato tanti segni, negli anni, di dementia praecox. Convincendola magari che essere “oltre Hitler” è bello.

Quello di Livorno è un esperimento che rappresenta un’inconsapevole (?) sfida allo psicodramma che si sta svolgendo proprio in queste ore in casa Tsipras. Con una Barbara Spinelli che si tiene il posto in Europa mandando su tutte le furie sia Rifondazione che SEL, salvando poi il posto alla prima e affondando il candidato della seconda che aveva già prenotato il volo per Bruxelles. Fratelli coltelli, come sempre da quelle parti e la Lista Tsipras sembra ormai un ricordo lontano del progetto unificatorio fondato sul nome di un bravo politico greco, non riuscendo a trovarne uno unificante in Italia nemmeno a cercarlo. Roba da matti.

Il PD intanto, pur masticando amarissimo a Livorno e Perugia, amaro a Padova e Potenza, non può certo dichiararsi sconfitto dopo aver conquistato un putiferio di enti locali e quasi tutto il nord. “Al nord non siamo più credibili” dice l’ex sindaco PDL di Pavia. E questo è miele per le orecchie di tanti.

Qui sta la chiave di queste strane elezioni plebiscitarie per Renzi (quelle europee) e interlocutorie (le amministrative): il PD riconquista il lombardo-veneto (nonostante Padova perduta per la solita divisione interna al partito), dopo che per anni era stato una sorta di vandea azzurro-verde. Si trova invece più in difficoltà nelle tradizionali roccaforti rosse per quel suo acuto sapore di democristianità che lo accompagna sempre.

Renzi e le sue Renzettes possono ancora gongolare nonostante i continui, incresciosi scandali fatti di corruzione e truffe in cui esponenti del PD si fanno trovare con le dita nella marmellata quanto quelli del PDL, dando fiato alle trombe grilline. Ma la cosa non può durare. Lo sdegno popolare per i politici corrotti ha raggiunto soglie che nemmeno ai tempi di mani pulite.

Intanto il M5S vince a Bagheria e questo - parlando di un posto che ha la storia di Bagheria - non può fare che un immenso piacere.

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.132) 15 giugno 2014 20:22

    Pari sono >

    Ci sono voluti 15 mesi per convincersi dell’inconcludente “repulisti” promosso da Grillo. A farne le spese è stato il pur previdente Bersani.

    Ora ci vorrà un altro semestre per prendere atto della sovrastimata inconsistenza del “cambio di marcia” promesso da Renzi.

    Stessa la capacità istrionica di irretire le speranze di un uditorio stanco e disorientato che vuole voltare pagina. Stessa la logica: nel più ci sta il meno.

    La storia insegna che la Febbre del Tribuno non conosce remore o limiti fino a …

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