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Mondiali 2014: il Brasile ammonito con 90mila cartellini gialli

Ieri mattina gli attivisti di Amnesty International Brasile si sono presentati di fronte alla sede del governo federale di Brasilia con quasi 90.000 “cartellini gialli”, spediti da ogni parte del mondo per ammonire le autorità a rispettare il diritto di protesta pacifica. A Roma, all’ambasciata brasiliana in Italia, le consegne erano 6000. Ma né in Brasile né in Italia vi sono stati interlocutori istituzionali disposti a riceverle. In tarda serata, la laconica comunicazione del rifiuto.

A una settimana dall’inizio dei Mondiali di calcio, Amnesty International ha rilanciato l’allarme: coloro che scenderanno in strada per manifestare rischiano di andare incontro a una violenza indiscriminata da parte della polizia e dell’esercito, che stanno aumentando gli sforzi per controllare le proteste.

Gli ultimi 12 mesi hanno visto migliaia di brasiliani scendere in piazza e prendere parte a proteste di massa senza precedenti contro l’aumento dei prezzi dei trasporti, i costi elevati sostenuti per l’organizzazione dei Mondiali e gli insufficienti investimenti nei servizi pubblici.

La reazione delle forze di polizia e della polizia militare, come documenta oggi un nuovo rapporto di Amnesty International, è stata sproporzionata, arbitraria e impunita.

Si va dall’uso indiscriminato dei gas lacrimogeni e delle pallottole di gomma contro manifestanti pacifici, agli arresti arbitrari e all’uso improprio della legge per fermare e punire le persone scese in strada. I feriti sono stati centinaia: persone che non mostravano alcun comportamento minaccioso sono state prese a manganellate o colpite dalle pallottole di gomma in dotazione alla polizia militare. Altre centinaia di persone sono state arrestate in modo del tutto arbitrario, a volte ai sensi delle leggi contro la criminalità organizzata senza alcuna prova che fossero coinvolte in attività criminose.

Come se non bastassero le leggi vigenti, il parlamento brasiliano sta esaminando una serie di proposte di legge che rischiano di limitare ulteriormente il diritto di manifestazione pacifica. Una di queste prevede di ampliare la definizione di “terrorismo” fino a comprendere il danneggiamento di beni e servizi essenziali. Se approvata, potrebbe essere usata impropriamente contro manifestanti pacifici.

Anziché investire in repressione, il governo federale farebbe bene a investire in formazione. Un rapporto della Fondazione Getúlio Vargas, un importante centro studi brasiliano, ha rivelato che oltre il 60 per cento degli agenti di polizia ritiene di non aver ricevuto idoneo addestramento e di non essere stato adeguatamente preparato ad affrontare manifestazioni di massa.

Tra una settimana, gli occhi del mondo saranno puntati sul Brasile. Le autorità di Brasilia hanno un’opportunità d’oro per riconoscere che protestare pacificamente non è un crimine, ma un diritto umano.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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