Veneto, ancora sicuri di non essere Italia?
Dopo aver per lunghe settimane assaporato e ventilato aspirazioni indipendentiste, il Veneto si è risvegliato in Italia. Non un buon risveglio, perché il sisma che ha scosso Venezia e che ha per oggetto il sistema fraudolento, corruttivo e corrosivo sviluppatosi a latere della realizzazione del Mose, il sistema di dighe mobili poste a presidio delle acque alte del capoluogo lagunare, una risposta concreta rischia di darla davvero. Ad una domanda banale quanto esemplificativa: qual è lo stato delle amministrazioni pubbliche in quelle regioni storicamente trainanti dell'economia italiana, a maggior ragione in concomitanza con un diffuso scetticismo nei confronti della classe politica italiana?
La volontà dei cittadini, in queste terre, è stata a lungo disattesa, spingendo padani un tempo, veneti di recente, ad imboccare la mobilitazione di piazza, con l'orizzonte dell'autodeterminazione, vista alla stregua di un'ancora di salvezza. Bersaglio delle sferzanti accuse era il carrozzone statale, la sua burocrazia farraginosa, la sua lentezza decisionale e il suo legiferare obsoleto.
Proprio in occasione della consultazione referendaria, provocatoria e alla fine risultata pure falsata nei risultati a dir poco plebiscitari a favore dell'indipendenza, che una parte di attivisti veneti aveva organizzato nel mese di marzo, Roma e lo Stato erano tornati ad essere nel mirino delle invettive separatiste, mentre il governo locale e le amministrazioni territoriali venivano se non difese, quantomeno risparmiate dal pallottoliere infuocato, in nome di una Lega Nord pronta a soffiare sulla causa del Nord Est, non fosse altro per difendere il governo di Lombardia e Veneto, battenti bandiera verde, con Maroni e Zaia rispettivamente governatori.
Terremoti giudiziari come Expo e Mose rischiano però non soltanto di lasciare al palo queste forti rivendicazioni sociali, esasperate da una crisi economica che strangola in queste terre chi era abituato a produrre ricchezza, e a essere esibito come vessillo di vanto, vedi l'eccellenza delle piccole e medie imprese, partite iva e artigiani.
Più semplicemente rappresentano da una prospettiva obliqua una forzata formula di identificazione patriottica, che scrutando lo stivale dall'alto verso il basso e viceversa, ci accomuna tutti, stretti nella stessa morsa e negli stessi problemi, da Mestre a Vibo Valentia, da Bolzano fino a Marsala, dalle comunità montane passando per le voragini rurali e le città metropolitane. Soffocati dall'identica cultura antilegalitaria e affaristico-criminale, votata alla furbizia e agevolata da una giustizia spesso ingessata e troppo lenta per punire in maniera tempestiva, in corso di svolgimento, il malaffare sistemico e patologico, derivante dall'intersezione cerchio politico-categoria imprenditoriale, estirpabile soltanto con un'opera incessante di prevenzione e di sorveglianza in materia di appalti pubblci.
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