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La morte di Diego de Henriquez dopo l’udienza del processo per la strage di Peteano

Facendo una ricerca nel motore di ricerca online dell'archivio della Camera dei Deputati, alla voce Diego de Henriquez, noto professore triestino e collezionista di cimeli soprattutto bellici, emergono tre voci, una del 1964 e due del 1989, e tutte riguardano interrogazioni parlamentari sollevate da deputati appartenenti al MSI che in sostanza chiedevano interventi da parte del Governo contro il Comune di Trieste, sollecitando una risoluzione positiva per il museo storico militare di de Henriquez. 
 
Dunque vi è stata una certa attenzione e sollecitazione da parte del MSI sia locale che nazionale per la creazione del museo del professore triestino. Di Diego de Henriquez si parla molto della sua stravaganza, delle sue strane amicizie, del suo museo, poco della sua morte a dir poco misteriosa. 
Diverse inchieste vi sono state ma non hanno portato da nessuna parte. La notte del 2 maggio 1974 morirà in un incendio che interesserà il luogo ove viveva, si passerà presto dall'ipotesi accidentale a quella dolosa ed i motivi saranno vari, si andrà dal fatto che in quel luogo vi era l'interesse di realizzare interventi edilizi all'ipotesi dell'incendio doloso dovuto alla sue conoscenze o perché, in relazione alla strategia della tensione in essere, era venuto a conoscenza di informazioni pericolose. 
 
Il giorno prima della sua morte, il primo maggio, a Padova, si verificava un attentato per mano fascista contro l'abitazione del procuratore dottor Aldo Fais. Come è noto, Fais, il 16 maggio del 1973 ordinava la perquisizione della libreria "Ezzelino" di Franco (Giorgio) Freda e il sequestro di tutte le schede con i nominativi dei clienti, e fu il procuratore della Repubblica Aldo Fais ad incriminare nel 1973 il responsabile dell’ufficio politico della Questura di Padova per aver mantenuto segrete le intercettazioni telefoniche sull’utenza di Franco Freda che provavano l’acquisto da parte di quest’ultimo dei timer utilizzati per gli attentati fascisti. 
 
I neofascisti dopo l'attentato a Peteano, il 6 ottobre 1972, tentarono il famigerato assalto a Ronchi per dirottare un aereo con l'intenzione di chiedere duecento milioni di lire e la liberazione di Franco Freda, neofascista in quel periodo galera per la bomba di piazza Fontana. Tra gli assalitori vi erano Vincenzo Vinciguerra e Carlo Cicuttini di Ordine Nuovo ed esecutori materiali della strage di Peteano. Nel sito La Nuova Alabarda, la studiosa e giornalista Claudia Cernigoi riporta questa testimonianza in merito a de Henriquez: “Quando avvenne l’attentato di Peteano, così avrebbe detto il prof. de Henriquez: «Credo di conoscere gli elementi ultimi coinvolti in questa strage (…) io li ho sempre aiutati a fin di bene e mai a fin di male»". 
 
Il 2 maggio 1974 si svolgeva una importante udienza sulla strage di Peteano. Sergio Tuntar, un giovane goriziano amico dell'imputato Resen aveva più volte affermato con veemenza, in base alle ricostruzioni della stampa dell'epoca, di aver visto quest'ultimo, Resen la sera del 26 maggio 1972, affaccendarsi nelle sue mansioni di cuoco presso il Motel Aci di Gorizia. L'accusa però sosteneva che l'interessato non si trovava quella sera nel locale ma stava passando le consegne per l'esecuzione dell'attentato di Peteano. Il testimone, che come detto veniva anche indicato come amico di Resen, ritrattò questa versione davanti al giudice istruttore. Nell'udienza del 2 maggio affermava che la ritrattazione venne costretta dalle minacce degli inquirenti, i quali, dopo essersi riferiti alle precarie condizioni di salute di suo padre, gli avrebbero preannunciato l'arresto del vecchio genitore. Tuntar venne condannato, quel giorno, dopo la sua “testimonianza” e ritrattazione, a 4 mesi con la condizionale per falsa testimonianza. L'Imputato Resen successivamente verrà ritenuto estraneo alla strage di Peteano. 
 
È da sottolineare che, nel processo della Strage di Peteano, erano esponenti di primo piano del MSI goriziano gli avvocati che difesero per esempio uno degli indiziati della strage. Ed esponente missino di primo piano del goriziano - così riportava la stampa dell'epoca - era anche l'avvocato che si costituì parte civile contro gli imputati a difesa dei familiari dei tre carabinieri uccisi. Ritornando alla Nuova alabarda, è il caso di sottolineare che si legge, sempre in relazione alla morte di Diego de Henriquez, quanto segue:
 
“La scoperta di un foro di pistola in un quadro del pittore settecentesco veneziano Antonio Zucchi, quadro che era stato affidato all’avvocato Nino Fazzini-Giorgi per la stima: dopo un sopralluogo, l’avvocato aveva rilevato nel muro, nel punto dove il quadro era stato appeso, la traccia di un proiettile che aveva colpito di rimbalzo il dipinto; di questo fatto aveva notiziato gli inquirenti. Su questo particolare il successivo numero del “Meridiano” (48/74) specificherà che i proiettili sarebbero esplosi per il calore dell’incendio, però a parte una pistola che de Henriquez teneva presso di sé (cosa strana, leggiamo, “per chi conosceva il professionista”, quindi probabilmente indice del fatto che egli temeva per la propria vita), armi e munizioni erano conservate in una cassaforte che non era stata intaccata dall’incendio. Se si tratti o no della stessa cassaforte di cui abbiamo letto sopra, però, non è chiaro”. 
 
Viste queste coincidenze temporali e fattuali, esiste qualche collegamento tra la morte di de Henriquez, il processo del 2 maggio 1974 ed ovviamente con la strage di Peteano?
 

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