• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Mondo > Marocco, in carcere i giornalisti che informano

Marocco, in carcere i giornalisti che informano

marocco_giornalisti_mag14

In Marocco chi fa informazione può finire in carcere in oltre 20 modi diversi, minuziosamente descritti dal codice della stampa e dal codice penale: ad esempio, è sufficiente scrivere qualcosa che metta a rischio la monarchia o l’integrità territoriale, che denigri la religione islamica, che critichi pubblici funzionari o simboli nazionali.

In più, c’è la legge antiterrorismo del 2003 che prevede il reato di apologia di terrorismo e di assistenza o incitamento a compiere atti terroristici, anche in assenza di un concreto rischio di azioni violente.

Ali Anouzla, fondatore e direttore della sezione di lingua araba del portale d’informazione lakome.com, rischia fino a 20 anni di carcere per aver pubblicato un video del gruppo armato al Qaeda nel Maghreb islamico (a lungo presente su YouTube e linkato, peraltro, anche dal portale del quotidiano spagnolo El País). Il video accusava il re Mohammed VI di corruzione e dispotismo e invitava la gioventù marocchina alla guerra santa.

Nonostante avesse aggiunto un commento critico e lapidario al video (“propaganda”), il 24 settembre 2013 Anouzla è stato incriminato per apologia di terrorismo e assistenza materiale al terrorismo. Dopo un mese di detenzione, è stato rimesso in libertà provvisoria in attesa del processo che, tuttavia, slitta in continuazione: l’ultimo rinvio è stato il 20 maggio.

Nel frattempo, i contenuti di lakome.com vengono spesso censurati e la neonataorganizzazione per la libertà di stampa promossa da Anouzla e da altri giornalisti e difensori dei diritti umani non riesce a ottenere la registrazione.

Un altro giornalista, Mustafa El Hasnaoui, ha intrapreso a metà maggio uno sciopero della fame nel carcere di Kenitra, dove sta scontando una condanna a quattro anni, inflittagli nel luglio 2013 ai sensi della legge antiterrorismo, per non aver denunciato alle autorità un gruppo di presunti terroristi in partenza per la Siria per ingrossare le fila dell’opposizione armata e aver, anzi, fatto parte egli stesso del gruppo. La condanna si è basata solo su un verbale di polizia che El Hasnaoui è stato costretto a firmare senza neanche averlo letto e che lui ha inutilmente contestato durante il processo.

El Hasnaoui continua a ribadire di aver unicamente fatto il suo lavoro attraverso interviste coi presunti jihadisti e che la sua condanna è una ritorsione da parte delle autorità per il continuo rifiuto di mettersi sul libro paga dei servizi segreti marocchini. In passato, El Hasnaoui aveva criticato duramente le violazioni dei diritti umani commesse ai danni di appartenenti ai gruppi islamisti nel contesto della lotta al terrorismo e aveva sollecitato indagini indipendenti sugli attentati di Casablanca del 2003.

Il Gruppo di lavoro delle Nazioni Unite sulle detenzioni arbitrari ha chiesto al Marocco di rilasciare El Hasnaoui e di risarcirlo per i 10 mesi finora trascorsi in carcere.

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità