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Grillo versus Vespa ma vince sempre il populismo

Una delle grandi maledizioni dei media contemporanei – e anche una della sua più efficaci strategie d’azione – consiste nella semplificazione: il modo con cui ci arrivano le informazioni possiamo definirlo come una sorta di manicheismo binario: c’è lo zero e l’ uno, il bianco e il nero, il cattivo e il buono, e da questa elementare accoppiata non si scappa.

Non è un caso, infatti, che i nostri mezzi di comunicazione sono letteralmente inondati da banalità di ogni tipo: la semplificazione all’osso non è solo gradita ma è addirittura necessaria per riempire i brevi spazi concessi dai media nei quali la sostanza è bandita per favorire – a suo discapito – l’affermarsi dell’effetto.

Molto più facile e sbrigativo annunciare slogan e fare promesse – un arco di deleteria propaganda che va dal milione di posti di lavoro agli 80 euro in busta paga – anziché perder tempo a fare complicatissimi programmi e descriverli nei minimi dettagli, sarebbe noioso e inefficace, un messaggio così macchinoso non alla pancia dello spettatore che dopo un quarto d’ora cambierebbe canale.

La gente vuole tutto e subito, gradisce avere l’illusione che si arrivi immediatamente al sodo, anche se spesso al nocciolo della questione non c’è una benemerita mazza.

Così, pian pianino, senza che noi ce ne rendessimo conto, l’effetto ha preso il posto dei contenuti, la reattività ha soppiantato la capacità di analisi, e il politico di turno – tanto incapace quanto furbo – ne approfitta, e invece di semplificare le sue argomentazioni preferisce tagliare la testa al toro semplificando, attraverso un processo irreversibile di atrofizzazione, le sue stesse capacità cognitive riducendosi ad un logorroico lobotomizzato: non gli interessa stilare programmi, non si preoccupa di mostrare alcuna coerenza nelle sue dichiarazioni, né tantomeno ha la volontà di acquisire la maturità intellettuale e sociale per poter solo pensare di esser serio.

A lui non importa neanche sembrare lontanamente serio, non gli interessa, anzi, la serietà potrebbe tranquillamente sembrare boriosa seriosità e risultare addirittura controproducente, perché la serietà annoia e richiede tanta materia grigia quanto tempo, elementi che deficitano rispettivamente sia nelle calotte craniche dei nostri rappresentanti e sia negli strettissimi tempi della televisione moderna; quello che per il postmoderno venditore di pentole salito al potere conta veramente è generare effetti per ottenere consensi, anche di breve durata, per avere così la meglio in questo o in quel contenzioso elettorale. Il consenso deve durare il tempo giusto poi l’ex elettore - tornato ad essere nel frattempo semplice cittadino - non deve più rompere i coglioni.

Insomma, a dirla breve, nei media contemporanei non c’è tempo per pensare e far pensare, si deve colpire e non convincere.

Inutile dire che in quest’arte Beppe Grillo è maestro e l'altroieri a Porta a Porta ha avuto campo libero, infatti c’erano tutte le migliori premesse: dopo 23 anni tornava in Rai da portavoce del primo movimento politico del paese, un movimento che fa dell’integrità e della moralità il proprio baluardo, ed aveva di fronte niente popò di meno che Bruno Vespa, il megafono della casta, un soggetto che risulta viscido persino ai parenti più stretti, dal terzo grado in poi gli tolgono persino il saluto!

Abbiamo a questo punto lo zero e l’uno, il buono e il cattivo, il bianco e il nero, e poco conta se Grillo lo voti o meno, se sei con lui o contro di lui, perché in confronto a Bruno Vespa chiunque riesce a far la parte del buono, anche Scajola con una benda sull’occhio in teleconferenza con Beirut, mentre, seduto su una poltrona di pelle umana è intento a sorseggiare un brandy e ad accarezzare un gatto in una casa compratagli a sua insaputa.

Il manicheismo binario è formato, c’è lo zero e l’uno, il bianco e il nero: l’incandescente e incontenibile Beppe e la strega cattiva Bruno che si frega stomachevolmente le mani in mancanza di chiappe da lavorare, solo se appare la Madonna si possono rivoltare le carte sul tavolo, ma la Boschi era a lezione di inglese.

Grillo inizia in piedi e comincia col decostruire lo studio: mette in evidenza la finzione dell’ambiente rivolgendosi al pubblico di scena, quest’ultimo è costretto a stare in silenzio, non è stato pagato per annuire o applaudire, ma per far numero, e lui sagacemente lo sottolinea. Beppe intelligentemente ha denudato la televisione mostrando tutta la fiction che c’è dietro, anche se Gasparri ha spostato la residenza nel plastico di Cogne sfrattando il ben più in scala Brunetta.

A quel punto inizia il comizio show, Beppe non dice nulla di nuovo, – c’era da aspettarselo – ma questa volta lo dice in casa del nemico e questa assoluta novità non è cosa da poco; si limita a sintetizzare i temi dei suoi spettacoli in piazza tagliando gli smadonnamenti.

Parte in quarta col il solito e sacrosanto attacco alla classe politica, colpevole dello sfacelo del paese e paventa una vittoria schiacciante del M5S alle europee, che comporterà l’annichilimento della Casta che verrà soppiantata da gente onesta.

Vespa, dal canto suo, tenta di minimizzare, in alcuni punti gioca a rimpiattino sui numeri apocalittici lanciati da Grillo, lo accusa di demagogico euroscetticismo e confessa di non fidarsi molto di Benedetto Croce, un ottimo motivo per apprezzare ancora di più il pensiero del filosofo, e fa al comico un’ illuminante domanda: “Che cosa te ne fai di gente onesta al governo?”

Questa domanda totalmente idiota di Vespa in qualsiasi altro paese sarebbe stata una confessione in piena regola, ma da noi è più che legittima: quando mai abbiamo visto gente onesta al governo? Non ci siamo proprio abituati, non sapremmo neanche cosa farcene, dopo nei bar di che ci lamentiamo?

Ed è qui che Grillo ha sfondato lo schermo! Beppe non è andato da Vespa per vincere un duello di dialettica col “paracasta” (non parliamo certo di Gorgia o Cicerone, cerchiamo di mantenere un minimo di decenza), ma per arrivare a quella fetta di elettorato che non può raggiungere nelle piazze e tramite il web.

I suoi argomenti sono gli argomenti di tutti, le sue accuse sono le accuse di tutti, il suo populismo è il populismo di tutti ed è qui che ha fatto breccia.

Chi in questo paese non si lamenta dei politici? Tutti in fondo pensano che siano dei ladri che pensano solo ai loro interessi e Grillo da Vespa non ha fatto altro che confermarlo. È andato a casa del nemico per dire a tutti quelli che si lamentano che hanno ragione a lamentarsi e che lui è lì per dar voce a questa protesta per fare piazza pulita.

Ed ecco soddisfatta la seconda regola per un’efficace e moderna comunicazione: il messaggio semplice e diretto, la semplificazione assoluta, banale e populista che chiude il cerchio mediatico.

Beppe è intelligente, sa benissimo che non potrà chiedere le dimissioni di Napolitano e di Renzi se vincesse alle europee, sa benissimo che Expo si farà e che non si può fare un referendum per uscire dall’euro senza una modifica della costituzione, ma dirlo non costa niente e fa ottenere voti, e di certo una bella manciata di consensi è riuscito a conquistarla. Bravo Beppe, dopo tante cazzate sembra che una l’hai imbroccata!

 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.162) 22 maggio 2014 09:24

    Salve Giordano,

    l’articolo mi sembra un po’ superficiale, anche se divertente - soprattutto nel punto del "Che cosa te ne fai di gente onesta al governo". Che, come domanda, non è per nulla idiota perché, pensandoci, è il tema centrale del M5S. Ma purtroppo, come sotto sotto lei dice, di solito non ci si ferma a pensare al reale significato delle parole e dei gesti.

    Lei riduce tutto al "populismo di tutti". Ebbene: tanto per fare un esempio, sappiamo che in Italia la giustizia sarebbe da riformare un po’. Si potrebbe definire questo pensiero come populista, nell’accezione comune. Ma un conto è sentire Berlusconi parlare di "riforme della giustizia", e un altro conto è sentire, che so, Rodotà o Napolitano. Le stesse TRE parole, "riforme della giustizia", assumono significati diversi secondo chi la dice. Occorre fare attenzione e non fermarsi alla superficie...

    Cordiali saluti,

    Gottardo

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