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Non solo una partita di calcio

Un uomo su una grata, uno stadio pieno di bambini che assistono ad uno spettacolo indecoroso, un ragazzo di 30 anni che probabilmente non riacquisterà l’uso delle gambe, una maglia con una frase che ha offeso tante persone.

Non sono un’abitudinaria frequentatrice degli stadi italiani, ma ogni volta che mi è capitato di assistere ad una partita ho sempre pagato il biglietto, fatto la fila, superato i controlli in cui spesso mi è stato chiesto di lasciare all’esterno il tappo della mia bottiglina d’acqua in quanto “potenziale arma” da poter lanciare contro tifosi o giocatori. E allora mi domando com’è possibile che negli stadi italiani riescano ad entrare petardi in grado di ferire un pompiere? Come è possibile che persone munite di armi, più o meno occasionali, si aggirino senza problemi nelle zone circostanti allo stadio, dove passano famiglie con bambini che volgiono solo godersi una partita di pallone?

Queste sono le cose che da tifosa, italiana e napoletana ricorderò di una partita che non doveva essere altro che una festa ma che, purtroppo come tante e troppe altre cose, mi fa quasi vergognare del nostro Paese.

Che si sia scesi a compromessi o meno, volendo dare per certo, solo per buona fede, che sia stato fatto tutto il possibile perché fatti del genere non accadessero, ciò che resta è ancora una volta l’immagine di un’Italia che spesso casca dalle nuvole di fronte a problemi vecchi come il mondo ai quali nessuno negli anni ha ancora trovato una soluzione.

E allora ecco che l’immagine di quell’uomo su quella grata con una maglia che ci riporta indietro al 2007 quando, in un episodio altrettanto imperdonabile, l’ispettore Filippo Raciti perse la vita in seguito agli scontri tra le tifoserie di Catania e Palermo. Molti quasi sogghignando avranno pensato: “Ce l’avete voluto voi”. Altri si saranno chiesti dov’era lo Stato in tutto questo, altri ancora sono rimasti senza parole vedendo un semplice calciatore diventare mediatore, almeno morale, di una situazione che per quel che se ne dica è apparsa decisamente fuori controllo.

Una partita di calcio italiano vuol dire insomma violenza e disordine? La risposta non sta a me, ognuno si sarà fatto la propria opinione, ma c’è un dato di fatto che esula da una valutazione meramente personale e prescinde da ogni colore di appartenenza: un ragazzo di 30 anni, un tifoso e un appassionato di calcio oggi è in un letto di ospedale, vivo per miracolo, a poche stanze di distanza dall’uomo che gli ha sparato e che non è nuovo ad episodi del genere ma che liberamente, dal suo chioschetto a pochi passi dallo stadio Olimpico, ha avuto modo di inseguire e sparare tre ragazzi la cui unica colpa era quella di indossare colori non molto graditi all’aggressore.

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