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Grecia, migranti e rifugiati respinti in Turchia coi soldi dell’Ue

Sapete quanti soldi ha dato l’Unione europea alla Grecia per aiutare questo paese di frontiera a tenere lontani dall’Europa migranti e rifugiati? 227 milioni e mezzo di euro dal 2011 al 2013. Nello stesso periodo, Atene ha ricevuto meno di 20 milioni di euro per l’assistenza alle operazioni di accoglienza.

Ricordiamocelo, quando parliamo di crisi. Ricordiamoci quanto costa violare i diritti umani. E teniamo a mente il “costo” in vite umane: solo nel mar Egeo, tra agosto 2012 e marzo 2014, sono annegate o non sono state più ritrovate 188 persone, tra cui bambini e neonati.

Un nuovo rapporto diffuso da Amnesty International, dopo quello del luglio 2013, presenta ulteriori prove e testimonianze sul vergognoso e illegale trattamento che la Grecia riserva a persone che rischiano la vita (e non poche volte la perdono) per cercare riparo in Europa.

La detenzione dei migranti e dei richiedenti asilo, i 10 chilometri e mezzo di muro alla frontiera terrestre, i respingimenti a questa stessa frontiera e a quella marittima, chiamano dunque in causa l’Unione europea. Per questo, Amnesty International ha sollecitato Bruxelles ad avviare un procedimento legale nei confronti della Grecia per violazione degli obblighi che ha sottoscritto. I respingimenti (l’Italia ne sa qualcosa, essendo stata condannata nel 2011 dalla Corte europea dei diritti umani) violano il diritto comunitario e quello internazionale, per non parlare di quello interno.

Il rapporto di Amnesty International descrive casi di persone che, invece di trovare un riparo all'ingresso in Europa, subiscono violenze e intimidazioni: con le armi puntate addosso, sono obbligate a spogliarsi e rapinate di tutti i loro beni prima di essere respinte oltre il confine con la Turchia.

La Grecia è uno degli stati di frontiera della “Fortezza Europa”. Gli stati dell’Ue hanno il dovere di controllare i loro confini ma non devono mai farlo a scapito della vita e della sicurezza di persone alla disperata ricerca di protezione o semplicemente di una vita migliore. Invece, la Grecia lo fa coi respingimenti, espulsioni collettive di migranti lungo la frontiera che hanno appena oltrepassato, verso il luogo dal quale provengono. Si tratta di deportazioni illegali di gruppi di persone senza che siano state esaminate le situazioni individuali, negando dunque la possibilità di chiedere asilo.

Tra settembre 2012 e aprile 2014, Amnesty International ha incontrato 148 migranti e rifugiati che hanno riferito l’esperienza traumatica e spesso violenta fatta nel tentativo di entrare in Grecia. Poco meno della metà di loro ha denunciato di essere stata respinta dalla Grecia verso la Turchia, in alcuni casi più di una volta.

I respingimenti si verificano regolarmente lungo la frontiera terrestre della regione di Evros, nella Grecia nordorientale, pattugliata da migliaia di guardie di frontiera e in parte protetta dalla barriera lunga oltre 10 chilometri. Altre persone vengono respinte dalle isole di Lesbo, Chios e Samos, nel mar Egeo.

Ecco tre storie tratte dal rapporto di Amnesty International.

La prima è di due sorelle in fuga dalla guerra della Siria, che hanno descritto ad Amnesty International il trattamento cui sono state sottoposte, insieme ad altre 40 persone, dopo aver attraversato il confine con la Turchia:

“La polizia ci insultava e ci spingeva. Ci ha consegnato a persone che indossavano cappucci neri e uniformi nere o blu. Questi ci hanno preso soldi e passaporti. Poi a gruppi ci hanno fatti salire su queste piccole imbarcazioni e portati oltre il confine con la Turchia, con solo i vestiti addosso”.

Un gruppo di 12 afgani e siriani, tra cui otto bambini, ha perso la vita il 20 gennaio 2014 quando un’imbarcazione con a bordo 27 persone è affondata nei pressi dell’isola di Farmakonisi. Due dei sopravvissuti, che hanno perso i familiari con cui viaggiavano, hanno raccontato ad Amnesty International che l’affondamento è avvenuto dopo che la guardia costiera aveva agganciato l’imbarcazione e aveva iniziato a trainarla, ad alta velocità, con manovre a zig-zag che sollevavano alte onde, in direzione della Turchia. Le autorità hanno negato che si sia trattato di un’operazione di respingimento.

Il 6 marzo 2014 la guardia costiera greca ha sparato proiettili veri contro una piccola imbarcazione diretta, con 16 siriani a bordo, verso l’isola di Oinousses. Tre persone sono rimaste ferite. La guardia costiera ha dichiarato di aver agito per autodifesa poiché l’imbarcazione dei rifugiati stava cercando di abbordare le loro. Le persone a bordo hanno smentito questa ricostruzione, sostenendo che avevano alzato le mani per mostrare che erano prive di armi e che non avevano intenzioni aggressive.

 “Pensavo fossero proiettili finti, fino a quando non ho sentito un urlo, mi sono girato e ho visto una ragazza coperta di sangue. Abbiamo provato terrore. Era come se non avessimo mai lasciato la guerra” – ha dichiarato una delle persone che erano a bordo.

Il caso della Grecia dimostra quanto le attuali politiche dell’Ue siano profondamente orientate verso la deterrenza e la prevenzione dell’immigrazione irregolare piuttosto che verso la protezione di coloro che ne necessitano.

Amnesty International Italia sta prendendo parte alla campagna “SOS Europe” per chiedere all’Unione europee l’adozione di politiche che diano priorità alle persone, e poi alle frontiere.

Nell’ambito di questa campagna, il 26 aprile a Bari gli oltre 300 partecipanti alla XXIX Assemblea generale di Amnesty International Italia hanno preso parte a una mobilitazione per denunciare la “Fortezza Europa” e chiedere il rispetto dei diritti umani dei migranti e dei rifugiatiQui potete vedere le immagini.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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