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Etiopia, 30 arresti nel nuovo giro di vite contro il dissenso

Negli ultimi giorni il governo dell’Etiopia ha ordinato un nuovo giro di vite nei confronti del dissenso, con l’arresto di una ventina di esponenti del partito d’opposizione Semayawi, di due giornalisti e di sei aderenti a un gruppo indipendente di blogger e attivisti. Si tratta solo dell’ultimo colpo inferto dal governo di Addis Abeba nei confronti di chiunque critichi le sue politiche. Ne avevamo già parlato in questo blog.

Gli esponenti del partito Semayawi sono stati arrestati tra il 24 e il 25 aprile, alla vigilia di una manifestazione indetta il 27 aprile nella capitale, regolarmente notificata a norma di legge e persino autorizzata. Gli arrestati, tra cui il vicepresidente del partito, sono stati trasferiti in varie stazioni di polizia della capitale.

Nel corso degli ultimi 12 mesi il partito Semayawi ha tentato di organizzare numerose proteste e la risposta delle autorità è stata sempre la stessa. A marzo, sono state arrestate sette esponenti del partito che stavano prendendo parte a un’iniziativa in occasione della Giornata internazionale delle donne. Cantavano “Vogliamo la libertà. Libertà per i prigionieri politici. Vogliamo giustizia”. Sono state tenute in carcere 10 giorni.

L’altro gruppo preso di mira si chiama “Zona 9”. Ne fanno parte attivisti per i diritti umani e blogger. Il 25 aprile Befeqadu Hailu, Atnaf Berahane, Mahlet Fantahun, Zelalem Kiberet, Natnael Feleke e Abel Wabela sono stati arrestati e, dopo una perquisizione nelle loro abitazioni, portati al tristemente noto settore “Maikelawi” della direzione federale per le indagini di polizia. Qui, spesso, vengono portati e posti in detenzione preventive i prigionieri politici.

Sempre il 25 aprile è stato arrestato il giornalista freelance Tesfalem Waldyes (nella foto). Il giorno dopo è stata la volta della sua college Edom Kasaye. Stessa destinazione: “Maikelawi”. La mattina del 26 aprile i parenti degli arrestati si sono presentati al centro di detenzione. È stato detto loro che potevano lasciare cibo ma non hanno potuto incontrare i prigionieri.

“Zona 9” aveva appena annunciato, il 23 aprile, che dopo un periodo di sospensione a causa della massiccia sorveglianza e delle intimidazioni, avrebbe ripreso le sue attività sui social media. La risposta delle autorità è stata immediata.

Manca ancora un anno alle elezioni ma il governo dell’Etiopia sembra già pronto ad impedire ogni forma di espressione libera e indipendente nel paese.

Questo articolo è stato pubblicato qui

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