• AgoraVox su Twitter
  • RSS
  • Agoravox Mobile

 Home page > Attualità > Economia > Perché uscire dall’Euro non risolve (ma aggrava) i nostri problemi

Perché uscire dall’Euro non risolve (ma aggrava) i nostri problemi

"Populismi di tutta Europa, unitevi!" sembra lo slogan preferito dai movimenti e partiti euro-scettici che si preparano alle elezioni europee del 25 maggio. Dall'Italia alla Grecia, dall'Ungheria alla Finlandia, il filo conduttore comune è diventato negli anni l'attacco all'Unione intesa come istituzione e la sfiducia verso la sua diretta emanazione, la moneta unica. In una strana combinazione di nazionalismo, patriottismo e difesa delle sovranità nazionali, l'euro è assurto a capro espiatorio della crisi finanziaria ed economica, che è ancor prima una crisi geopolitica.

Nel nostro paese la Lega Nord di Matteo Salvini, che deve recuperare un pesante deficit di credibilità, ed in misura maggiore il Movimento 5 Stelle, cavalcano l'onda lunga della protesta, auspicano il ritorno alla Lira come la panacea di tutti i nostri mali. Ma è davvero così? È sufficiente uscire dall'Euro perché l'Italia recuperi il pesante gap di produttività e competitività che si è cumulato nel tempo?

Prima di dare una risposta conclusiva, fermo restando che non esistono verità assolute scolpite sulla pietra (come gli euro-scettici invece vorrebbero far credere), analizziamo nel concreto quelle che potrebbero essere le conseguenze, dirette e non, di una decisione storica di così ampia portata. Partiamo da un punto in comune su cui gli euro-scettici non hanno tutti i torti: l'Euro ha un valore troppo elevato per l'export italiano

Secondo gli economisti di Morgan Stanley potremmo reggere un cambio con il dollaro a 1,19 ma oltre questa soglia ne soffriremmo. Oggi il rapporto con il biglietto verde viaggia intorno a 1,38, un livello considerato eccessivo. Tornando alla Lira, con la conseguente pesante svalutazione, il nostro export riacquisterebbe terreno e le nostre imprese potrebbero competere meglio nel mondo. Ma una moneta svalutata aumenterebbe il costo dei beni importati, che da noi sono soprattutto le materie prime: i rincari sulle bollette energetiche di aziende e famiglie sarebbero molto elevati. Allora dobbiamo chiederci: il vantaggio che avremo dall'aumento dell'export compenserebbe i maggiori costi per l'import? Se consideriamo che le esportazioni pesano per il 30% sul Pil mentre le importazioni circa il 28% potremmo ottenere un lieve miglioramento ma è difficile fare una valutazione ex ante di cosa accadrebbe con una Lira debole. In Argentina la forte svalutazione a seguito del default del 2001 ha fatto perdere il 4,5% del Pil prima che si innestasse la ripresa. 

Un'altra conseguenza sarebbe l'aumento dell'inflazione causato dal caro-energia, che costringerebbe la Banca d'Italia ad aumentare i tassi d'interesse, restringendo la liquidità alle banche con il rischio di inasprire ancora di più il grave fenomeno del "credit crunch".

Il pericolo principale

Quando in Italia ha fatto il suo ingresso la moneta unica tutti debiti (privati e dello Stato) si sono trasformati senza nessun problema, mentre il cambio inverso sarebbe molto più complicato poichè se prima la Lira era completamente sparita nel secondo caso l'Euro continuerebbe comunque ad esistere negli altri paesi. Questo avrebbe un impatto negativo su imprese, banche ed Enti locali che hanno emesso prestiti obbligazionari sui mercati internazionali, che rimarrebbero denominati in Euro. I bond delle aziende italiane, infatti, sono in gran parte sottoposti alla legge ed alla giurisdizione inglese. Se non si trovasse un accordo consensuale per l'uscita di un Paese dall'euro per questo tipo di obbligazioni la Corte inglese chiederebbe il rimborso con la moneta unica, con una svalutazione di circa il 46%. Immaginiamo la crisi che si potrebbe innestare in un' impresa che detiene un fatturato in Lira, fortemente deprezzata, ma con debiti in Euro, più forte: un aumento insostenibile del debito che rischierebbe di trascinarne la maggioranza in stato di default

Questo riguarderebbe anche la montagna di 1.700 miliardi di euro di Btp, Bot e CCt sottoposti alla legge italiana, che non si potrebbero trasformare all'improvviso in lire, poichè se un emittente di titoli di Stato cambia arbitrariamente le condizioni dei titoli farebbe scattare in automatico il default

Stiamo parlando sempre nel caso di un'uscita unilaterale dell'Italia dall'Euro, una situazione diversa sarebbe se ovviamente l'euro stesso venisse cancellato dalla faccia della terra, allora si potrebbero stipulare accordi internazionali per gestire meglio i pagamenti dei bond dei debitori. Ma un paese da solo si darebbe letteralmente la zappa sui piedi.

L'euro è la causa di tutti i mali?

Per chiuedere il nostro ragionamento poniamoci un'altra domanda, che spesso viene abilmente evitata dagli scettici anti-euro: siamo sicuri che tutti i nostri problemi derivino dall'Euro? Per molti italiani la percezione è che "quando c'era la lira si stava meglio". In realtà con la nascita della moneta unica sono avvenuti in contemporanea almeno altri due cambiamenti di portata storica: la dinamica del debito e la globalizzazione

Facciamo un rapido tuffo nel passato. Nel 1983 l'Italia aveva un debito pubblico pari al 68% del Pil, un livello che farebbe invidia oggi perfino alla Germania. Nei 15 anni successivi il nostro Paese non ha però interrotto questa spirale, anzi: il 31 dicembre 1998, quando è nato l'euro, il nostro debito aveva raggiunto il 114% del Pil. Per 15 anni l'aumento esponenziale della spesa pubblica ha dato una sensazione generale di maggiore benessere. Lo Stato poteva assumere, dare appalti, spendere, e così via. Con l'ingresso della moneta unica l'Italia si è ritrovata di colpo circondata dai problemi che essa stessa aveva creato nel tempo: troppi debiti, troppi sprechi e scarse risorse

Come se non bastasse, la nascita dell'euro e l'abbassamento dei tassi ha favorito la crescita esponenziale del debito privato. Secondo una ricerca elaborata dal Centro Studi di Intesa Sanpaolo, dal 2000 al 2012 la quantità di credito concesso dalle banche alle imprese è raddoppiato. Anche questo ha inevitabilmente creato una percezione di maggiore ricchezza generale: quando si ottengono prestiti si hanno più soldi. Purtroppo anche le imprese si sono comportate male come lo Stato: mentre il loro debito raddoppiava, la produzione industriale calava del 20%, gli investimenti aumentavano solo del 10%. Quando si arrivò al culmine della crisi, con il fallimento di Lehman Brothers, lo stato italiano non aveva più risorse per indebitarsi e le banche hanno smesso di finanziare le aziende. Il caro euro ha di certo contribuito ad aggravare i problemi, ma questi hanno radici più solide e ben lontane. 

L'altro evento storico da non sottovalutare affatto è stato il processo della globalizzazione ed il fenomeno dei paesi emergenti. Negli anni 80 la Cina contava per meno del 2% del totale delle esportazioni internazionali. Quando è nato l'euro, nel 1998, la sua "quota" nel mercato globale era ancora ferma al 3,5%. Oggi il gigante asiatico conta circa il 12%, senza considerare l'arrivo degli altri paesi emergenti. L'Italia, quando è arrivato l'euro, si è trovata rapidamente circondata da una competizione internazionale aggressiva che prima non esisteva. Per superare tutti questi ostacoli e rilanciare l'economia del nostro paese basterà uscire dall'Euro ed affrontare la complessità dei mercati globali con una Lira super svalutata?

Come abbiamo scritto all'inizio di questo articolo, non esistono verità e dogmi assoluti, ma prima di avventurarci in questa nuova impresa a dir poco rischiosa, sarebbe meglio ragionarci sopra per un po' ed analizzare la realtà in modo pragmatico e con strumenti di conoscenza idonei. Magari non faremo vincere le elezioni alla Lega o al Movimento 5 Stelle ma forse l'Italia, e l'Europa intera, ne usciranno meno perdenti.
 

Questo articolo è stato pubblicato qui

Commenti all'articolo

  • Di (---.---.---.209) 19 aprile 2014 08:14

    Il Movimento 5 stelle non è contro l’Euro, ma contro alcune regole della UE.

    Sull’euro, l’accusa del Movimento è che ai tempi della sua introduzione in Italia non ci fu una corretta informazione prima e, dopo, la transizione lira-euro non venne sorvegliata abbastanza, con il risultato che certi equilibri del mercato interno si modificarono a vantaggio di alcuni (pochi) e a svantaggio di altri (molti). Insomma l’Euro fu imposto alla popolazione, cosa tipicamente italiana perché si pensa che il popolo è ignorante e i politici invece sono illuminati; e poi non ci fu sorveglianza sui meccanismi di mercato, cosa di nuovo tipicamente italiana. Perciò, sull’euro a questo punto occorre chiedere AGLI ITALIANI, dopo una bella campagna d’informazione; l’argomento è troppo importante per delegarlo a pochi sbruffoni. Questa posizione è la più equilibrata in tutto l’arco politico: le altre forze sono decisamente pro-, o decisamente contro-euro, continuando il paradigma italiano dello sfruttamento dei voti del popolo che non decide ma delega al politico di turno più appariscente. Senza contare che dire "no euro" significa implicitamente dire "no immigrati" e "veneto autonomo", mentre dire "sì euro" significa implicitamente dire "soldi alle banche", "tassazione alta" e via dicendo.

    L’analisi dell’articolo è poco profonda (non per farne una colpa), mi limito a dire che fare un paragone con l’Argentina è azzardato. Importante è invece considerare la Cina: nessuna svalutazione di un paese occidentale può renderlo competitivo con la Cina. Però, una svalutazione può rendere competitiva l’italia con Germania, Francia e USA. L’Italia deve smettere di produrre tessuti e altri beni a basso contenuto tecnologico e manageriale, e deve orientarsi verso quei tipi di produzioni o servizi che i paesi del terzo mondo ancora non possono aggredire perché non hanno le strutture e le conoscenze, come energia, automobili, aeroplani, tecnologie spaziali, elettronica avanzata e poi, turismo, gastronomia, moda...

    Cordiali saluti,

    Gottardo

  • Di (---.---.---.228) 19 aprile 2014 12:59

    Francamente mi sembra che l’articolo sottovaluti largamente i rischi. Solo qualche esempio:

    - cosa succederebbe quando lo Stato italiano dovrà ricorrere al mercato per rifinanziare il debito?

     - a quanto saliranno gli interessi sui titoli in lira?

    - cosa succederà in termini di inflazione con la possibilità di stampare moneta in lira per pagare spese correnti non più finanziabili con il debito?

    L’uscita dall’euro si rivelerà un disastro peggiore della seconda guerra mondiale e chi ne faranno le spese principali saranno i percettori di redditi fissi, salariati e pensionati.

  • Di (---.---.---.228) 19 aprile 2014 13:06

    I grillini invece di prendersela con l’euro, la Germania e la Cina farebbero meglio a dare una mano a Renzi per ridimensionare i redditi delle varie caste italiane, per ridurre drasticamente la corruzione, per riformare pe istituzioni. Invece stanno puntando tutto sullo sfascio con la speranza di ereditare dal disastro.

  • Di (---.---.---.106) 20 aprile 2014 11:39

    END THE ECB, End Euro Slavery:

  • Di Persio Flacco (---.---.---.222) 20 aprile 2014 19:11

    La crisi economica morde il tenore di vita dei ceti sociali più esposti; i movimenti antieuropeisti ne approfittano e, per lucrare consensi, accusano l’unione monetaria di esserne la causa; gli europeisti si lanciano in analisi tecniche poco digeribili per il grande pubblico per affermare che l’uscita dall’euro sarebbe un rimedio peggiore del male.

    Nessuno però ricorda: nemmeno i difensori dell’Unione, che la crisi prima finanziaria e poi economica che ha iniziato a colpire l’Europa a partire dal 2008 non ha una causa endogena, non dipende dall’Euro: ha una causa principale per individuabile nella gigantesca truffa dei subprime statunitensi spacciati in Europa con tanto di tripla A come titoli sicuri e redditizi. 
    Titoli il cui valore si è volatilizzato nel momento in cui l’esplosione della bolla immobiliare in America ha rivelato la loro totale inconsistenza lasciando voragini spaventose nel sistema finanziario europeo.
    Non l’Euro ma i subprime americani: opportunamente incartati in prodotti finanziari sostenuti dal prestigio delle grandi banche americane, garantiti dalle agenzie di ratings, passati al vaglio di SEC e FED, sono la causa della crisi economica europea.

    Eppure, i sedicenti difensori dell’Unione Europea, pur di non attribuire agli USA la responsabilità della crisi, preferiscono lasciare che gli antieuropeisti affermino impunemente che a causare la crisi è l’unione monetaria, limitandosi ad una difesa poco comprensibile e contendibile sul piano tecnico della moneta unica.

    Questo è semplicemente surreale. Non solo: questo disegna un quadro preoccupante dello stato di sudditanza agli USA sia del sistema mediatico europeo sia della classe politica che governa sia gli Stati membri sia l’Unione. Un quadro orwelliano in cui il Potere afferma la sua descrizione viziata della realtà cancellandone intere parti.

  • Di (---.---.---.226) 21 aprile 2014 19:52

    Vulgata >

    Casaleggio sventola la sua democrazia “via rete” come il nuovo credo culturale.

    Equipara così la democrazia “diretta” al voto di qualche migliaio di “illuminati” iscritti a M5S. Presupposto è che tutti abbiano interesse e preparazione. Trovino il tempo necessario per approfondire (ogni giorno) le varie problematiche e siano in grado di sostenere, con cognizione di causa, il confronto con altre posizioni diversificate parimenti presenti nella rete.

    Ancora. Per i “candidati” di M5S deve valere il vincolo di mandato e la correlata regola del “recall” (revoca popolare). Cita, come esempio da seguire, gli USA. Si dimentica (?) di dire che là è chiamato l’intero corpo elettorale a “confermare” il mandato o preferire altri competitors in lizza. Si dimentica (?) altresì di dire che qualsiasi “vincolo”, anche se sottoscritto da un “candidato”, è considerato nullo dalla legislazione vigente.

    La rete è come una piazza “virtuale” sempre affollata. La piazza non è certo il “luogo ideale” per un confronto pacato e ragionato di idee e soluzioni. Specie su tematiche di coinvolgimento collettivo che, come tali, spesso sfuggono nelle molteplici sfaccettature ed implicazioni.

    Un conto è la raccolta di informazioni e di opinioni. Tutt’altra cosa è scegliere, decidere ed attuare un progetto.

    Postilla. La democrazia “diretta” non è una “questione di famiglia” da risolvere, via web, con qualche centinaio di clic. Quando il “valore” è dato dai soli numeri “disponibili”, allora contano anche i soggetti affetti da Pescitudine

  • Di (---.---.---.98) 22 aprile 2014 11:13

    Non esistono verità o dogmi assoluti: già, infatti una bella discussione fra le sue parzialmente giuste convinzioni e quelle di Flacco porterebbe a nuove e diverse considerazioni: 

    che l’Italia si sia castrata da sola è vero e che siamo noi europei a pagare le truffe finanziarie della Banche USA è altrettanto vero. Finanza "creativa" la chiamavano.

    E’ anche vero che gli USA hanno stampato 80/100 miliardi di dollari USA al mese per anni, lo stanno ancora facendo ma stranamente il dollaro è a 1,38: possiamo raccontarcela come vogliamo ma non esiste un Paese economicamente così forte da sopportare quella che dovrebbe essere una svalutazione da "fallimento", (libero mercato od altro?). Personalmente penso che il Dollaro valga "veramente" come i MiniAssegni di antica memoria.

    Ciò che Morgan Stanley ci propina è sempre "pro domo" finanza, che è comunque già pronta con un’altra bolla da far scoppiare; ci avevano anche propinato che lo "sviluppo" poteva essere infinito, che era la finanza e non la manifattura o l’agricoltura a portare avanti l’economia: come sempre il troppo stroppia ma nel frattempo, e prima dell’EURO, erano riusciti a "deregolamentare il mercato finanziario", e tutti dietro come pecoroni. 

    Eppure, grazie all’UE ed all’EURO il disastro non è stato peggiore: poteva essere assai meglio ma, come scrive Flacco, la sudditanza agli USA ha preso il sopravvento e non vedo come i Paesi PIGS, ma anche i Paesi ex URSS ne potranno venire fuori se non svendendosi e "ammazzando" le classi fino alla MedioAlta ed i "giovani", soprattutto loro.

    Cosa c’entra dentro o fuori l’Euro: semplice, non vedere si sta parlando di due cose diverse:

    L’Euro come idea è buona per arrivare ad una vera Unione Europea scavalcando, nei fatti, imposizioni "localistiche" ed egoismi politici o nazionalistici, anticipando ed imponendo, in fondo, quei cambiamenti politici che portano all’Unione, (i subprime non esistevano ancora)

    Se l’EURO non ha anche questa funzione o viene reso artificialmente subalterno o non agisce in rappresentanza dell’Economia Europea, che trae la sua vera forza da Agricoltura/Manifattura, dalle "culture europee", con tutto ciò che "serve" per renderle qualitativamente "migliori" per i propri cittadini ed esempio per i vari mondi, ebbene, l’idea non diventa automaticamente sbagliata, è solo sbagliata la sua gestione, .......si corregga! 

    Eppure i partiti euro-scettici non hanno tutti i torti, a volte si comportano come gli scioperanti che, avendo i contratti scaduti da anni, bloccano i binari o le strade: perchè lo fanno, cosa c’entrano i treni o i poveri cittadini che vorrebbero andare a lavorare: semplice, se davanti ti trovi il peggior sordo, devi trovare il modo per farlo "sentire". 

    La crisi europea, quella dell’economia reale, è in gran parte importata, ha ragione Flacco sulla sudditanza di Politica, Finanza, Quarto potere e questo non può, alla fine, che creare un malessere che si esprime "esageratamente": purtroppo il sordo continua a non sentire, spero gli arrivi un segnale veramente "potente"

    Un Saluto
    Enzo

Lasciare un commento

Per commentare registrati al sito in alto a destra di questa pagina

Se non sei registrato puoi farlo qui


Sostieni la Fondazione AgoraVox


Pubblicità




Pubblicità



Palmares

Pubblicità